Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati e la colpa è anche degli “attrezzi fantasma”.
Legge Salvamare, pro e contro del decreto che ridurrà i rifiuti nel Mediterraneo
Grazie alla legge Salvamare, i pescatori potranno portare a terra i rifiuti pescati accidentalmente. Un decreto atteso che, però, impone delle riflessioni.
- Fra le minacce principali per i nostri mari c’è l’inquinamento causato dalla plastica.
- La legge Salvamare, approvata dalla commissione Ambiente della Camera italiana e in attesa di un ultimo passaggio al Senato, consentirà finalmente ai pescatori di conferire in modo gratuito, senza rischiare multe, i rifiuti pescati accidentalmente.
- Ne parliamo con Eva Alessi del Wwf e Giuseppe Ungherese di Greenpeace.
All’interno dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, l’obiettivo numero 14 riguarda la conservazione degli oceani, dei mari e delle risorse marine. Per accelerarne il raggiungimento, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021-2030 Decennio delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile, dieci anni dedicati alla salvaguardia degli oceani e della biodiversità marina.
“Il mare produce più del 50 per cento dell’ossigeno che respiriamo e assorbe il 30 per cento della CO2 prodotta, ma solo se è in buona salute”, spiega Eva Alessi, head of sustainability Wwf Italia. Insieme all’aumento delle temperature, fra le minacce principali per le nostre acque c’è l’inquinamento causato dalla plastica. Si stima che vengano prodotte annualmente, a livello mondiale, circa 370 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui almeno 8 milioni si perdono in mare ogni anno.
Nuovi alleati contro l’inquinamento delle acque
Non tutto è perduto, però. Ci sono due buone notizie: la prima è che oltre ai Seabin installati nei porti – veri e propri “cestini della spazzatura” per il mare –, Poralu Marine, partner principale dell’iniziativa LifeGate PlasticLess, ha creato due nuovi dispositivi per la raccolta dei rifiuti galleggianti: Trash Collec’Thor e Pixie Drone. Il primo ha una capacità di cento chili, mentre il secondo è un vero e proprio “aspirapolvere” telecomandato che si muove a una velocità di tre km/h.
Cosa prevede la legge Salvamare
La seconda buona notizia è che, dopo l’approvazione da parte della commissione Ambiente della Camera e in attesa dell’ultimo passaggio al Senato, è sempre più vicino il momento in cui l’Italia sarà dotata di uno strumento come la legge Salvamare. Senza questa legge, i pescatori che pescavano accidentalmente i rifiuti, specie di plastica, erano costretti a ributtarli in mare per via del rischio di pesanti sanzioni amministrative, essendo ad oggi considerati rifiuti speciali e non rifiuti urbani e quindi soggetti a una procedura di raccolta e trattamento onerosa e burocraticamente complessa. Inoltre, portare a terra la plastica recuperata con le reti si poteva configurare come reato di trasporto illecito di rifiuti.
“La legge Salvamare, invece, equipara finalmente i rifiuti accidentalmente pescati a quelli solidi urbani. Sarà il comandante della nave o il conducente del natante che approda in un porto a conferirli ‘gratuitamente’ all’impianto portuale di raccolta oppure, in caso di piccoli porti non commerciali, presso gli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti”, aggiunge Alessi. “Questa legge è fondamentale per il settore mare e pesca; è inoltre assolutamente necessaria perché contribuisce al risanamento dell’ecosistema marino, ma anche indispensabile per la salute pubblica”.
Un provvedimento sacrosanto che, tuttavia, richiede attenzione
Quasi 230mila tonnellate di plastica l’anno finiscono solo nel mar Mediterraneo. È come se ogni giorno 500 container vi scaricassero il proprio contenuto. Più della metà proviene da soli tre paesi: il 32 per cento dall’Egitto, il 15 per cento dall’Italia e il 10 per cento dalla Turchia. Tra il 21 e il 54 per cento di tutte le microplastiche globali si trova proprio nel Mediterraneo, mentre nelle acque del Tirreno se ne trova la più alta concentrazione mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.
Questo mette in luce quanto la Salvamare sia “sacrosanta”, dice Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia e autore del libro Non tutto il mare è perduto. “Tuttavia, Greenpeace è preoccupata dal fatto che la Salvamare preveda un riconoscimento per i pescatori che raccolgono i rifiuti. Non tutte le attività di pesca, infatti, hanno lo stesso impatto sull’ambiente. Se magari un domani, per via della Salvamare, si riconosce come sostenibile un’attività di pesca a strascico – che è tra le più devastanti per i nostri mari –, vuol dire che si va nella direzione sbagliata”.
Ripensare alla plastica come a un materiale duraturo
“Problemi complessi come questo non hanno un’unica soluzione, bensì un mosaico di soluzioni”, prosegue Ungherese. La Salvamare rappresenta forse l’ultimo tassello. Da lì, bisogna risalire all’origine: “È come se noi rientrassimo di sera in casa e trovassimo il pavimento bagnato. Andiamo in bagno e vediamo che dalla vasca trabocca dell’acqua. C’è il rubinetto aperto. Cosa facciamo? Cominciamo a prendere degli stracci e asciughiamo il pavimento, proviamo a svuotare la vasca o, prima di tutto, chiudiamo il rubinetto?”.
Se ridurre la produzione rappresenta il primo passo, il secondo è ridurre l’usa e getta che rappresenta circa il 40 per cento della produzione globale: “È paradossale, se pensiamo che la plastica è un materiale durevole e resistente. Usiamo per breve tempo un materiale che poi impiega decenni, se non secoli, per degradarsi”, conclude il responsabile Greenpeace.
Riflettiamo un attimo su quanto scritto poco fa. Un problema come questo ha “un mosaico di soluzioni”. Anziché preoccuparci perché ci sono tante cose da fare, proviamo a pensare che ci sono tante strade da percorrere. Tanti modi per salvare i nostri oceani, le creature che li popolano e il genere umano che da essi dipende. Abbiamo l’imbarazzo della scelta. Se il governo sta finalmente procedendo con la Salvamare, noi possiamo limitare l’utilizzo di plastica nelle nostre vite, possiamo per esempio acquistare abiti che non contengano poliestere, nylon, acrilico. Ricominciamo a guardare alla plastica come a qualcosa di duraturo, invece che vederla come un rifiuto da gettare.
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