Sono passati esattamente dieci anni da quando, in Spagna, la maggior parte delle forze politiche ha concordato sulla necessità di una legislazione ad hoc sui cambiamenti climatici e sulla transizione energetica. Il 13 maggio, con il via libera del Congresso dei deputati agli ultimi emendamenti, la legge spagnola sul clima è stata ufficialmente approvata con un’ampia maggioranza. Ha votato no solo il partito di destra Vox, mentre il Partito Popolare ha preferito astenersi.
Cosa prevede la legge spagnola sul clima
La legge spagnola sul clima si pone il grande obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050, coerentemente con gli impegni presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi e con la strategia della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Entro il 2030 prevede di sforbiciare le emissioni di gas serra del 23 per cento rispetto ai livelli del 1990. Un target intermedio che in realtà era stato definito dal ministero della Transizione ecologica ben due anni fa, prima della pandemia e prima del “nuovo corso” sul clima dettato dalle istituzioni europee. Tant’è che l’esecutivo guidato da Pedro Sánchez assicura che verrà ritoccato al rialzo entro il 2023.
Ha sido un trabajo intenso y emocionante. Gracias a todos los grupos parlamentarios que han trabajado intensamente para forjar consensos y mejorar la #LeyClima 🇪🇸 Queda aplicarla a fondo y mirar siempre hacia adelante. Una tarea colectiva que exige acuerdos y mejoras constantes. pic.twitter.com/pBltRqBkpe
In materia di energia, la legge dispone che entro il 2030 le rinnovabili coprano il 42 per cento dei consumi finali (attualmente la quota si attesta sul 20 per cento) e generino almeno il il 74 per cento dell’energia elettrica (contro il 40 per cento attuale). Per quanto riguarda i trasporti, invece, i veicoli che emettono CO2 non potranno più essere venduti a partire dal 2040 e non potranno più circolare a partire dal 2050.
Le critiche degli ambientalisti
Esprime un forte scetticismo Greenpeace Spagna. La legge spagnola sul clima, sostiene la portavoce Alice Cantero tramite una nota, altro non è che “un punto di partenza molto meno ambizioso di quello di cui abbiamo bisogno”. Nello specifico, l’organizzazione ambientalista chiede di alzare il target di riduzione delle emissioni per il 2030 dal 23 al 55 per cento, sulla scia di quanto disposto dalle istituzioni dell’Unione europea.
🌡️HOY tenemos NUEVA Ley de Cambio Climático y Transición Energética para hacer frente a la #EmergenciaClimática.
¿Tiene ambición suficiente? ¿Cuáles son sus puntos fuertes y dónde se queda corta?
— Greenpeace España (@greenpeace_esp) May 13, 2021
Anche l’elettrificazione dell’intero parco auto rischia di essere ritardata dalla scelta di lasciare la porta aperta all’uso di “combustibili alternativi” in tutto il settore dei trasporti; inizialmente questa doveva essere una soluzione transitoria solo per il trasporto aereo. L’orizzonte del 2040 per il divieto di vendita di auto a benzina e diesel è “obsoleto”, visto che l’Europa punta al 2035 e l’ideale sarebbe il 2028. Greenpeace Spagna spinge inoltre per “una profonda riforma fiscale con criteri progressivi e lo sviluppo di una fiscalità verde che applichi il principio ‘chi inquina paga’ e incentivi i comportamenti più sostenibili”.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.