
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
Lego utilizzerà solo energia 100 per cento rinnovabile per produrre e distribuire i mattoncini colorati. Una svolta verde importante nonostante una collaborazione decennale con Shell che solo Greenpeace è riuscita a spezzare.
La Lego, la famosa azienda produttrice dei mattoncini colorati da costruzione, è riuscita a coprire tutto il suo approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili. Un traguardo raggiunto in soli quattro anni, in anticipo sui tempi previsti inizialmente.
Per raggiungere il suo obiettivo, Lego ha investito circa 800 milioni di euro con cui ha costruito due parchi eolici off-shore – il Borkum Riffgrund e il Burbo Bank – che si trovano al largo delle coste tedesche e britanniche e che, insieme ai pannelli fotovoltaici di cui ha dotato i suoi stabilimenti, aggiungono 160 nuovi megawatt di capacità installata pulita. Gli investimenti complessivi che la società ha realizzato per le energie rinnovabili riescono oggi a far sì che l’energia prodotta superi quella consumata nelle fabbriche, negozi ed uffici della società sparsi nel mondo. Solo nel 2016, per produrre i 75 miliardi e più di mattoncini colorati venduti in tutto il mondo sono stati necessari 360 gigawattora.
Nel 2014, Lego ha aderito all’iniziativa Re100 che si è posta lo scopo di sensibilizzare le più grandi aziende del mondo ad adottare l’energia proveniente da fonti rinnovabili, contribuendo a realizzare la transizione verso un’economia verde. L’invito di Re100 è stato raccolto da diverse imprese. Tra le più note ci sono Ikea, Facebook, Google, Microsoft, Sky, Philips, Starbucks, Yoox, Hp, H&M, oltre a molte altre. Le loro scelte dimostrano che le rinnovabili sono in grado di fornire l’elettricità necessaria a sostenere le attività terziarie o manifatturiere al di là delle dimensioni e del Paese in cui si trovano le imprese: lo sviluppo e le opportunità dell’energia pulita ha messo definitivamente in crisi il legame tra crescita economica e fonti fossili.
Per festeggiare il traguardo raggiunto, Lego ha prodotto e costruito una pala eolica composta da 146 mila mattoncini, alta 7,5 metri che riproduce le turbine dell’impianto di Burbo Bank, alte 200 metri, un’altezza record. La riproduzione sarà inserita nel parco di Legoland in Gran Bretagna la prossima estate. Lo scopo dichiarato dal Ceo del Gruppo Lego, Bali Padda, è quello di sensibilizzare i bambini al tema dell’energia pulita: “Vogliamo dare un impatto positivo al Pianeta e mi sono molto emozionato all’inaugurazione del parco eolico Burbo Bank Extension – ha detto – I nostri modelli sono i bambini e il nostro intento è quello di attuare strategie che li coinvolgano”, ha aggiunto.
Una dichiarazione che solleva qualche perplessità alla luce della recente vicenda sollevata da Greenpeace sul rapporto tra Lego e Shell, nota società petrolifera. Dagli anni Sessanta, Lego vende la riproduzione di piccole stazioni di servizio e altri giocattoli marchiati Shell. Non appena la società olandese ha dichiarato di aver deciso di trivellare l’Artico per trovare nuovi giacimenti petroliferi da sfruttare, Greenpeace ha sottolineato l’incompatibilità di questa partnership. Da un lato, Lego, impegnata a produrre più energia rinnovabile di quella necessaria e, dall’altro, Shell, che, nonostante fosse a conoscenza degli studi scientifici sugli effetti del consumo di combustibili fossili sul clima del Pianeta, ha preferito nascondere la verità e continuare a ignorare il cambiamento climatico.
Greenpeace ha dovuto faticare non poco per convincere Lego ad abbandonare la partnership. Alla fine, la società ha annunciato la decisione di voler portare a conclusione la collaborazione in corso con il gruppo Shell ma che, una volta a termine, non sarebbe stata più rinnovata. Una scelta accolta con entusiasmo da molti consumatori e sostenitori dell’ambiente ma mal digerita dagli stessi dirigenti di Lego che accusarono Greenpeace di aver “giocato sporco”, tirando in mezzo l’azienda in una questione che non la riguardava. Purtroppo invece (o per fortuna), il cambiamento climatico, l’inquinamento, la protezione di un ecosistema così delicato come quello dell’Artico è un tema che riguarda tutti. A maggior ragione le generazioni future.
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