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L’isola di Lesbo, in Grecia, è deserta. Gli abitanti pagano la crisi dei profughi
Primo punto d’arrivo dei profughi provenienti da Siria e Iraq, l’isola di Lesbo, in Grecia, sta subendo un calo gigantesco delle attività turistiche.
“Ci aspettavamo una stagione difficile, ma qui la situazione è ancora peggiore di come l’avevamo immaginata”. La proprietaria di un ristorante osserva i tavoli, semivuoti, del proprio ristorante. L’estate, sulla sua terra, va avanti così: quasi deserta.
Le attività turistiche in calo del 64 per cento
L’isola di Lesbo è stata troppo esposta, geograficamente e mediaticamente. Periferia dell’Egeo settentrionale e dell’Europa, la “Lampedusa della Grecia” ha rappresentato per 800mila profughi siriani e iracheni, solamente nel 2015, il primo lembo di terra calpestato del Vecchio Continente.
L’agenzia Afp racconta che, oggi, nel pittoresco villaggio di Molyvo i turisti occupano soloo il dieci per cento dei posti letto disponibili. Il numero di voli per il capoluogo Mytilene è passato da 27 a nove a settimana. A giugno, rispetto all’anno precedente, il calo delle presente di turisti è stato pari al 64 per cento. E le crociere hanno subito un calo del 60 per cento.
A pagare coloro che hanno aiutato i profughi
Theo e Maria, marito e moglie, proprietari di un albergo da quarant’anni, raccontano di faticare a pagare le tasse e a far fronte alle rate dei propri prestiti bancari. La crisi migratoria la pagano anche loro. Eppure, non osano puntare il dito verso i profughi. Theo, un anno fa, passava le giornate facendo la spola tra la spiaggia e il centro d’accoglienza con la sua auto, per evitare ai migranti il cammino a piedi.
Allo stesso modo, Yorgos, che nella vita fabbrica gioielli a partire da materiali riciclati, racconta che la scorsa estate devolveva una parte dei suoi proventi a un’organizzazione non governativa che aiuta i rifugiati. Gli abitanti se la prendono piuttosto con i giornalisti di tutto il mondo, che di Lesbo hanno dato un’immagine “fatta solamente di morte e miseria”.
Gli sbarchi sono ormai limitati
L’accordo tra Ue e Turchia, secondo il quale i migranti in arrivo sulle isole europee possono essere rinviati al luogo di partenza, ha scoraggiato siriani e iracheni. Un anno fa sbarcavano migliaia di persone ogni giorno, oggi solo qualche decina. Ma per gli abitanti di Lesbo, la crisi non è finita: “Tutti coloro che ci hanno ringraziato per il sostegno ai profughi, ora dovrebbero aiutarci”, ha spiegato il presidente della camera di commercio locale.
Da tempo le ong chiedono un cambiamento diametrale nell’approccio europeo al problema dei migranti in arrivo dal Mediterraneo. Si propone in particolare di aprire canali sicuri di passaggio per i profughi, il che eviterebbe prima di tutto i pericoli dei viaggi organizzati da malavitosi su imbarcazioni precarie. Ma potrebbe anche consentire a piccole realtà come quella di Lesbo di non dover portare da sole buona parte del peso della crisi.
Immagine di apertura: ©Milos Bicanski/Getty Images
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