Le novità introdotte dal governo per contenere la pandemia in Italia, a partire dal green pass rafforzato, o super green pass.
L’esperto di innovazione strategica Leonardo Buzzavo. L’emergenza coronavirus ha messo in evidenza la volatilità dei nostri tempi
Leonardo Buzzavo, professore associato di strategia all’università Ca’ Foscari Venezia, racconta in un’intervista l’impatto coronavirus sull’auto. E avverte: “Flessibilità, agilità e creatività non saranno più un optional”.
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L’emergenza coronavirus ha già avuto pesantissime conseguenze sull’industria dell’auto, dall’iniziale emergenza della componentistica prodotta in Cina al progressivo blocco della attività produttive, prima in Europa, poi sempre più nel resto del mondo. Si tratta di “un impatto crescente sul tessuto economico e delle aziende”, che coinvolge tutto il settore auto, inclusi gli operatori della distribuzione e dei servizi. Cosa sta generando l’esplosione dell’emergenza coronavirus sull’industria dell’auto? Supererà l’impatto generato dalla grande crisi finanziaria mondiale del 2008? L’innovazione servirà “per presidiare fronti ancora più ambiziosi”? Leonardo Buzzavo, professore associato di strategia all’università Ca’ Foscari Venezia, ripercorre le conseguenze dell’emergenza coronavirus sul mondo dell’auto e più in generale sulla mobilità, tratteggiando possibili scenari e spiegando perché “flessibilità, agilità e creatività non saranno più un optional, ma ingredienti per la sopravvivenza che purtroppo non sarà garantita a tutte le aziende”.
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Emergenza coronavirus, siamo all’apocalisse dell’auto?
I recenti accadimenti hanno messo in brutale evidenza la stupefacente volatilità dei nostri tempi. Oltre al forte impatto che investe tutti in qualità di cittadini, si sta producendo un impatto crescente sul tessuto economico e delle aziende, che coinvolge ovviamente anche il settore auto inclusi gli operatori della distribuzione e servizi. Da immagini di aree della Cina in difficoltà, percepite come molto lontane, con qualche riflesso abbastanza circoscritto sulle catene logistiche, si è passati velocemente a eventuali quali la cancellazione di eventi di riferimento (ad esempio saloni dell’auto blasonati come Ginevra, Detroit poi Parigi), il successivo blocco degli spostamenti non essenziali fino alla chiusura delle concessionarie e delle fabbriche in molti paesi. Per i concessionari si tratta di un duplice colpo ovvero uno di tipo generale su reddito spendibile e fiducia (fattori da sempre causa di contrazione di volumi nell’auto), l’altro alla mobilità stessa che rappresenta il fulcro di chi commercializza e assiste veicoli e la filiera di servizi collegata.
#COVID19 | Mondial-Paris Motion Festival : retrouvez le communiqué de Luc CHATEL et de Frédéric BEDIN ?@MondialAuto @ParisMotionFest https://t.co/8Av8m7Gs3k
— Plateforme automobile (@PFA_auto) March 30, 2020
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Quali sono le conseguenze immediate per i concessionari?
L’esplosione dell’emergenza legata a Covid-19 ha determinato una serie di problematiche immediate quali ad esempio le problematiche logistiche relative alla chiusura delle sedi (mantenendo la possibilità di effettuare in parte servizi di assistenza), le scelte in merito alle modalità di lavoro e al personale (tele-lavoro, smart working, ferie, cassa integrazione), il ricorso ove possibile di strumenti digitali (ad esempio interazione con i clienti, presentazione di novità), il governo dello stress finanziario. Non c’è dubbio che questo sta generando una fortissima – seppur indesiderata – palestra digitale sia sul fronte delle modalità di lavoro sia sui processi retail. Inevitabilmente per aziende come le concessionarie una tale contrazione del fatturato rapportata a una forte rigidità nei costi (immobili, personale, attrezzature) rappresenta una sfida epocale.
Quale potrebbe essere l’impatto economico?
Un recente studio realizzato da Cerved valuta l’impatto della crisi sull’economia italiana esaminando diversi settori e considera due opzioni ovvero: uno scenario base in cui l’emergenza dura fino a maggio 2020 con due mesi necessari per il ritorno alla normalità; uno scenario pessimistico in cui l’emergenza dura fino a dicembre 2020 con sei mesi necessari per il ritorno alla normalità. Nel primo caso la contrazione di fatturato attesa per i concessionari auto nel 2020 rispetto al 2019 è pari al 24,5 per cento, mentre nel secondo caso arriva al 55 per cento. Considerato che lo sviluppo degli eventi fa presagire una certa probabilità dello scenario pessimistico, senza poterne poi escludere uno ancora peggiore, si tratta indubbiamente di un impatto che supera quello generato da crisi precedenti del passato, inclusa la grande crisi finanziaria mondiale del 2008.
L’Italia è messa meglio o peggio di altri paesi?
Le risorse economiche che dovranno essere messe in campo per tentare di mitigare gli effetti della crisi e dei suoi sviluppi sono mastodontiche, temo che soffriremo molto il peso del nostro già altissimo debito pubblico. Mi chiedo poi come farà un paese come l’Italia che ha storicamente puntato in modo vorace sulla fiscalità che ruota intorno all’auto e alla mobilità a tamponare il crollo di entrate fiscali associate a una prolungata immobilità? Forse questa crisi potrà stimolare qualche ripensamento. Sul piano internazionale le case auto stanno chiedendo una revisione delle multe EU legate alle emissioni per attenuare lo shock economico-finanziario e le ricadute. L’Italia inoltre sconta una storica difficoltà nel creare organismi associativi capaci di dare forza e unitarietà di indirizzo in sede istituzionale. Proprio in momenti di crisi così intensa e repentina si può cogliere quanto possa essere un buon investimento per ciascun operatore di settore investire risorse e un contributo fattivo al potenziamento di entità associative. Non è mai troppo tardi per mettere a frutto l’esperienza.
Quali fasi ci attendono?
Come già anticipato, il quadro che ci aspetta ha contorni poco chiari. Certamente per le aziende concessionarie e di servizi, utilizzando una metafora umana, si manifestano esigenze sia di rianimazione sia di riabilitazione. Come sempre accade, a ogni crisi segue una fase più o meno prolungata di recupero a cui segue poi una nuova normalità. Non sappiamo bene ancora se ripartiremo con gradualità, a macchia di leopardo, o con dinamiche del tipo ‘stop and go’. Oltre a una certa atrofia nei consumi (i dati di mercato dalla Cina sembrano indicare che anche in fase di uscita dalla crisi le vendite sono insoddisfacenti) è probabile che la nuova normalità sia caratterizzata da un mutato quadro di sentimenti dei consumatori, di geometrie di valori e di aspirazioni nei confronti di determinati aspetti (come l’impatto ambientale) o segmenti di mercato (si pensi ad esempio a premium e lusso). Aspettiamoci una frammentazione di esigenze diverse da comprendere più a fondo. Le aziende dovranno comunicare di meno e ascoltare di più, per imparare il nuovo.
Innovazione forzata
Gli operatori della distribuzione auto si trovano coinvolti da diversi anni in un processo di innovazione che ruota su più piani ovvero: la digital transformation (rivedere assetto e processi dell’azienda in un contesto ormai profondamente digitalizzato), la mobility transformation (far evolvere il proprio modello di business da un focus prevalente di prodotto a un focus prevalente di servizio), la human transformation (remixare il set di competenze nell’epoca del lavoro della conoscenza, allineare attitudini dei singoli a obiettivi organizzativi, avvicinare impresa e persone). I recenti accadimenti spingono l’innovazione a presidiare fronti ancora più ambiziosi, come ci ricorda Jay Rao, docente al Babson College di Boston, ovvero la presa d’atto che l’innovazione è un processo che implica: gestione del rischio, navigare l’incertezza, esplorare l’ambiguità. Questo cambia il modo di vivere l’impresa.
Il mondo cambia in modo uguale per tutti gli operatori della mobilità?
Ci possiamo attendere che questa crisi porti a un settore profondamente mutato in modo asimmetrico ovvero con conseguenze diverse per diversi operatori. Negli anni ’70 del XX secolo lo shock petrolifero e il repentino incremento dei costi della benzina ha fatto sì che le piccole vetture giapponesi negli Usa iniziassero a spodestare il dominio dei costruttori domestici, focalizzati da sempre su vetture di grandi dimensioni con motorizzazioni avide di carburante. Questo evento ha marcato l’inizio di un nuovo assetto che ha cambiato il mondo per sempre con nuovi rapporti di forza tra brand locali e brand asiatici, poi destinati a colonizzare il mondo forti di un approccio di produzione snella. In estrema sintesi, possiamo ipotizzare che questa crisi nei confronti degli operatori della distribuzione auto porti a un triplice ordine di conseguenze. Primo: una importante selezione tra gli operatori, a vantaggio dei più solidi ed efficienti. In sostanza: avremo meno concessionari, accelerando un trend già in corso. Secondo, una trasformazione del modo di essere e di lavorare del concessionario con più sperimentazioni di nuove forme organizzative e contrattuali di retail legate a diversi risvolti economici (strutture più piccole, lavoro agile, formati di agenzia). In sostanza: avremo concessionari o comunque operatori nel retail diversi da prima. Terzo: la creazione di partnership innovative in modo trasversale tra diverse categorie merceologiche, con avvicinamenti e sinergie anche sorprendenti. In sostanza: avremo costellazioni sinergiche con operatori di diversi ambiti.
E la sharing economy che pareva così frizzante sul fronte della mobilità?
Come ci ricorda Andrea Fontana nel suo recentissimo e profetico libro Ballando con l’apocalisse i cambiamenti catastrofici che si sono verificati nel corso della storia non portano a una “fine del mondo” bensì alla “fine di un mondo” con la generazione di nuovi habitat sociali, imprenditoriali e vitali. I recenti accadimenti hanno reso ancora più vero ciò che diceva Paul Valéry ovvero che il futuro non è più quello di una volta. Possiamo aspettarci per qualche tempo una battuta d’arresto per alcune forme di mobilità condivisa sia sul piano personale che lavorativo e gli operatori dovranno e potranno rispondere ad esempio potenziando offerte accessibili a un mercato affamato di mobilità in sicurezza ma mediamente impoverito sul piano delle disponibilità economiche e della fiducia. Flessibilità, agilità e creatività non saranno più un optional ma ingredienti per la sopravvivenza che purtroppo non sarà garantita a tutte le aziende.
Foto in anteprima © Jake Blucker/Unsplash
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