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Let’s talk forest, la forestazione urbana per ridisegnare il mondo in cui viviamo
In occasione della Milano Arch week si è tenuto Let’s talk forest, un dialogo su foreste urbane, bellezza e sostenibilità con Gabriele Centazzo, fondatore di Valcucine, l’architetto Stefano Boeri e Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate.
Una conversazione sul tema della forestazione urbana tra Stefano Boeri, presidente della Triennale di Milano e fondatore dello studio di architettura che porta il suo nome, e Gabriele Centazzo, progettista e fondatore di Valcucine. L’incontro Let’s talk forest, organizzato dalla storica azienda produttrice di cucine e moderato da Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, si è tenuto domenica 27 maggio presso la sala Lab della Triennale di Milano in occasione di Milano Arch Week 2018.
Let’s talk forest, l’incontro sulla forestazione urbana
Boeri, padre del Bosco Verticale e architetto di fama internazionale, e Centazzo, riconosciuto come una delle menti più capaci di immaginare scenari evoluti, attento e appassionato alla sostenibilità, hanno indagato insieme un tema destinato a diventare di pressante attualità, quello della forestazione urbana. “Sostenibilità, benessere e bellezza: ecco perché parlare di foreste a un pubblico di architetti e designer con due colleghi speciali che dalle foreste si sono lasciati ispirare con grande successo”, così Molteni ha descritto l’incontro.
Entrambi i relatori hanno chiesto ai cittadini e alle istituzioni di avere un obiettivo comune: città più verdi e alberate, che “da un lato offrono servizi ambientali preziosi come l’assorbimento della CO2 e la conservazione della biodiversità e dall’altro la loro bellezza”, ha spiegato Molteni. Con l’obiettivo di recuperare il dialogo tra i cittadini e la natura per riscoprire anche la creatività. Molteni ha raccontato il tema della forestazione citando anche Impatto Zero®, il progetto di LifeGate che per primo ha concretizzato il Protocollo di Kyoto in Italia e che calcola, riduce e compensa le emissioni di CO2 contribuendo alla creazione e alla tutela di foreste in crescita. Un’iniziativa per far fronte alla “non sostenibilità del nostro stile di vita” che si manifesta soprattutto nelle zone urbane dove “nel prossimo decennio vivrà più del 60 per cento della popolazione mondiale, che consumano il 75 centro delle risorse naturali e sono responsabili di oltre il 70 per cento delle emissioni globali di CO2“.
Una foresta verticale in città
Ristabilire un rapporto sano tra città e natura è stato il tema centrale di Let’s talk forest. “La soluzione ai nostri mali non sembra arrivare dalla politica e dai grandi trattati internazionali ma dall’impegno di tutti – precisa Molteni –. Il ruolo di architetti e designer è particolarmente importante perché a loro è richiesto quotidianamente di ‘ridisegnare’ il mondo”. Così il dialogo è partito citando uno degli esempi più importanti di forestazione urbana a Milano, il grattacielo Bosco Verticale progettato da Stefano Boeri architetti, un esempio di architettura sostenibile e rimboschimento metropolitano. Un ecosistema interno alla città con effetti positivi come la rigenerazione della biodiversità, l’assorbimento di 30 tonnellate di CO2 l’anno e delle polveri sottili, insieme alla produzione di ossigeno.
Non a caso il Bosco Verticale è stato eletto il grattacielo più innovativo e bello del mondo nel 2015 anche perché concepisce la vegetazione come elemento essenziale dell’architettura. “L’idea era quella di costruire una casa per gli alberi — ha raccontato Boeri —. L’aver verificato che l’architettura, soprattutto quella verticale, tende a realizzare sempre più grattacieli utilizzando come materiale il vetro, e che in generale sia abituata a usare la natura esclusivamente in modo decorativo, mi ha convinto a proporre due torri che invece dei materiali minerali potessero avere come facciate delle foglie”.
“Da un punto di vista evolutivo il nostro cervello è stato creato per vivere all’aria aperta e nel verde – ha precisato Molteni –. Noi oggi lo costringiamo in ambienti artificiali al chiuso per gran parte della giornata ma le sensazioni che ci offre una passeggiata nel verde ci ricordano che è un ambiente per noi più sano: rallentiamo il passo e respiriamo più profondamente”. “L’uomo per vivere ha bisogno di soddisfare tutti i sensi, senza contatto con la natura diventa sterile”, ha aggiunto Centazzo, sottolineando come sia importante ricreare un legame intimo con la natura soprattuto per i bambini, così da stimolare in loro la creatività. Il Bosco Verticale soddisfa quindi un desiderio intrinseco alle persone, quello di vivere in un ecosistema naturale.
L’albero come fabbrica perfetta
Centazzo, ideatore della prima cucina al mondo riciclabile al 100 per cento, ha anche messo l’accento su come bellezza e gusto nascono dall’armonia con la diversità, e come la natura abbia molto da insegnarci perché ha lavorato milioni di anni per imporla. Secondo il progettista ed imprenditore il concetto di bellezza dev’essere alla base di un modello di evoluzione industriale: “L’industria vive in un paradigma non più sostenibile che è quello basato sulla catena senza fine del ‘più consumo, più lavoro, più salario’. Bisogna modificare l’obiettivo passando dal modello basato sulla quantità a quello che si concentra su qualità e bellezza. L’impresa può fare molto: deve produrre consumando la minor quantità possibile di materie prime ed energia, deve realizzare prodotti interamente riciclabili e già progettati per essere riutilizzati, deve ridurre le emissioni tossiche e le sostanze inquinanti, e infine garantire la massima durata possibile al prodotto. Per farlo deve ispirarsi all’albero, modello ideale di fabbrica perfetta a zero consumi”.
“L’unica fabbrica sostenibile, a cui tutti dovremmo ispirarci, è quella dell’albero — ha continuato Centazzo —. Funziona a energia solare, si nutre di C02 e rappresenta un modello vero e proprio di economia circolare. Dobbiamo aspirare a esso perché esiste un debito ambientale incredibile nei confronti delle generazioni future. Se prendessimo per esempio le cucine prodotte in Italia in un anno, le smontassimo, e mettessimo i pannelli che le compongono in successione uno dietro l’altro questi attraverserebbero tutta la Terra”.
Alla ricerca della bellezza
“L’industria ha costruito un consumatore perfetto che ha smesso di pensare, che è standardizzato e ci permette di produrre in serie, comunicando e inculcando il concetto della felicità del possesso“, ha spiegato Centazzo. Cioè quella che nasce con il desiderio e cresce fino a che, una volta realizzato, ricade in proporzione al tempo di salita; la vera felicità a cui dobbiamo aspirare è quella che si ottiene ricercando la bellezza, senza tuttavia fermarsi a quella superficiale.
Centazzo ha citato l’immagina della sezione di un albero: “La bellezza superficiale rappresentata dalla corteccia è quella che dipende dalla cultura, dal luogo, dalla moda, è quella che non cambia da quarant’anni. Se vogliamo essere ecosostenibili dobbiamo cercare degli elementi al di là delle mode, dobbiamo investigare il midollo dell’albero, la bellezza più difficile da definire. Bisogna ricercare la felicità della bellezza per raggiungere una simbiosi con l’universo”.
“Dobbiamo rompere questo circolo vizioso che si regge sul consumo perenne — ha proseguito —. Serve reinventare un nuovo paradigma economico e sono i giovani che devono farlo. Serve la creatività, poiché è con essa che si risolvono i problemi. L’Italia, come le aziende, ha bisogno di linee guida per sopravvivere. L’unico posto dove la nave dell’Italia può sbarcare è l’isola della bellezza che poi con un ponte può ricollegarsi all’isola della ricerca”.
Il valore della progettazione “verde” oggi
“Proprio l’Italia è l’unico paese dove le foreste ci sono ma non abbiamo ancora imparato ad utilizzarle in senso produttivo — ha aggiunto Boeri —. Il tema delle energie rinnovabili non basta più, va affiancato al tema della forestazione urbana, coinvolgendo e attivando cittadini e università. Le emissioni di CO2, insieme a quelle di altri gas serra, determinano il surriscaldamento del pianeta, che è causa dello scioglimento dei ghiacciai, della perdita di biodiversità e dell’innalzamento del livello dei mari. Gli alberi e le foreste potrebbero interrompere questo ciclo: assorbono ogni anno quasi il 40 per cento delle emissioni di combustibili fossili prodotte in larga parte dalle nostre città. E se un unico albero può portare notevoli benefici alla città e ai suoi abitanti, una foresta urbana può essere un aiuto straordinario per migliorare la qualità della salute e della vita“.
Le grandi città hanno l’opportunità di diventare parte integrante della soluzione aumentando il numero di foreste. In questo modo verrebbero affrontati i cambiamenti climatici e ridotto il problema dell’inquinamento atmosferico. Non è necessario costruire altri boschi verticali: basterebbe, secondo l’appello, anche solo promuovere gli orti urbani, creare nuovi parchi e giardini, trasformare i tetti delle città in prati o i muri di cinta in facciate di piante, e i cortili e spazi vuoti in oasi verdi. Boeri ha citato alcuni esempi come gli innovativi sistemi agricoli urbani a Canberra, in Australia, i giardini comunitari a Berlino, in Germania e Tree tower Toronto in Canada.
La frontiera dell’innovazione si sta espandendo costantemente e per utilizzarla al meglio bisogna impegnarsi per programmare i prossimi 20 anni in maniera sostenibile, e per farlo serve una visione d’insieme. Per Boeri la sfida è quella di piantare almeno 3 milioni di alberi nei prossimi dieci anni, mentre per Centazzo serve valorizzare e far vivere le foreste con la speranza che tra 300 anni i grattacieli saranno tutti boschi verticali.
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