Accolta la richiesta del ministero della giustizia russo: le persone della comunità lgbtq+ rischiano fino a dieci anni di carcere. Per l’Onu la situazione è preoccupante.
Per due anni David si è svegliato ogni mattina ponendosi sempre la stessa domanda: andare al lavoro o buttarsi dalla finestra? Come molti transgender che vivono in Russia, anche David è stato colto più di una volta da pensieri suicidi. Pare che siano molti, come lui, a pensare di farla finita: secondo uno studio del Centre T, un centro che fornisce sostegno alle persone trans, almeno l’ottanta per cento; il 16 per cento di loro, ci pensa tutti i giorni. E adesso che la Corte suprema russa ha messo al bando il movimento internazionale lgbtq+, inserendolo nella lista delle organizzazioni “estremiste”, le persone come David temono di dover fare i conti non solo con gli stereotipi, la violenza e le discriminazioni, ma anche con le multe e il carcere.
La decisione della Corte suprema russa
Il 30 novembre 2023, in un’udienza a porte chiuse, la Corte suprema russa, accogliendo una richiesta del ministero della Giustizia, ha infatti dichiarato illegale il movimento internazionale lgbtq+, definendolo “estremista”. D’ora in avanti, quindi, le persone gay, lesbiche, queer e transgender e tutti coloro che in Russia difendono la parità di diritti per la comunità lgbtq+, rischiano di andare incontro a conseguenze legali, dalle sanzioni amministrative fino a dieci anni di reclusione. L’aspetto curioso, però, è che il movimento lgbtq+ sulla carta non esiste, né in Russia, né all’estero. Quindi sarà molto difficile stabilire entro quali confini potrà essere applicata la legge.
Le prime ripercussioni dopo la sentenza
Il nuovo divieto entrerà in vigore il 10 gennaio 2024. Ma le prime ripercussioni si sono notate già dal giorno successivo alla sentenza: la stampa russa ha riportato la notizia di “raid” mascherati da semplici controlli anti-droga in alcuni locali della comunità lgbtq+ di Mosca, San Pietroburgo ed Ekaterinburg, durante i quali la polizia avrebbe fotografato i passaporti delle persone. “La musica è stata interrotta nel bel mezzo della festa e la polizia è entrata nelle stanze – ha raccontato un testimone. Alla festa c’erano anche persone di altri Paesi. All’uscita, hanno fotografato i passaporti della gente senza permesso”.
La comunità lgbtq+ conta milioni di persone in Russia
Si stima che in Russia vivano tra i sette e i quindici milioni di persone appartenenti alla comunità lgbtq+. Un numero che, per fare un paragone, supera di gran lunga la quantità di abitanti di una metropoli come San Pietroburgo (cinque milioni). La vita di queste persone che non nascondono la loro identità sessuale, quindi, si fa ancor più complessa, come ha raccontato David, che vive in una città tra i monti Urali e ha lavorato come collaboratore scientifico per un museo locale. Quando si è reso conto che potrebbe essere accusato da un momento all’altro di estremismo, lo shock è stato immenso: “La sensazione è come se il mondo ti crollasse addosso. Fino a mezz’ora prima facevi progetti per il futuro. E all’improvviso capisci che tutti i tuoi piani vengono spazzati via”.
The ban on the “international LGBT movement” by Russia’s top court has thrown the queer community of St. Petersburg, historically one of the country’s most LGBT-tolerant cities, into unprecedented uncertainty and fear.https://t.co/56nuNAPr94
Poiché la Corte suprema non ha dato un’esatta definizione di “movimento Lgbt”, non si sa precisamente come le autorità interpreteranno il concetto di “estremismo” nei confronti delle persone omosessuali e transgender.
Vista la formulazione vaga della sentenza e considerato il fatto che non esiste un’organizzazione con questo nome, infatti, secondo gli attivisti per i diritti umani c’è il pericolo che le autorità inizino a perseguire deliberatamente qualsiasi individuo o organizzazione considerati parte del “movimento”.
La condanna delle Nazioni Unite
La decisione della Corte suprema, basata sulla convinzione che il movimento lgbtq+ mostra “segnali di un orientamento estremista, tra cui l’incitamento alla discordia sociale e religiosa”, è stata duramente criticata dalle Nazioni unite: “Allontana significativamente la Federazione Russa dai suoi obblighi di promuovere e proteggere i diritti umani per tutti”, hanno dichiarato gli esperti dell’Onu, sottolineando che molti avvocati e associazioni che lottano per la difesa dei diritti di queste persone stanno già progettando di lasciare il Paese o di abbandonare le proprie attività per evitare conseguenze legali.
Independent human rights experts condemn 🇷🇺 Supreme Court decision declaring “LGBT movement” as extremist.
La legge russa sulle organizzazioni estremiste vieta infatti di aderire, sostenere, finanziare e diffondere i materiali di queste associazioni, simboli compresi. Ma quali siano esattamente i simboli lgbtq+ ora proibiti in Russia, non è chiaro. Per questo motivo il Centro per la protezione dei diritti dei media ha raccomandato di evitare la diffusione di qualsiasi simbolo riconoscibile, come la bandiera arcobaleno e il triangolo rosa. Detto, fatto: poche settimane prima della sentenza, il cui esito era dato da tutti per scontato, un canale televisivo russo aveva già colorato di bianco e nero l’arcobaleno di un videoclip musicale. Come a dire, nel dubbio, meglio essere prudenti.
Il rischio per chi fornisce supporto legale e psicologico
“Tenendo conto della severa realtà ‘anti-estremista’ russa di oggi, ovvero della mancanza di chiarezza legale e del vasto campo di applicazione di queste leggi, qualsiasi persona rischia conseguenze amministrative o penali per qualsiasi azione interpretabile come sostegno o adesione a un ‘movimento estremista’. Ciò vale anche per l’utilizzo dei simboli associati alla comunità lgbtq+”, spiega l’avvocato Vadim Klyuvgant.
In questa farraginosa ragnatela legislativa rischiano di restare intrappolate anche persone che non hanno nulla a che fare con l’attivismo lgbtq+, ma che hanno semplicemente espresso la propria solidarietà o condiviso link e post sui social.
Secondo l’avvocato Maksim Olenichev che lavora per la difesa dei diritti civili, la decisione della Corte suprema non solo complicherà ulteriormente le attività delle ong e delle associazioni che forniscono supporto legale e psicologico alle persone lgbtq+, ma rischia di alimentare gli stereotipi, i pregiudizi, la violenza e la paura all’interno della società.
Dieci anni di restrizioni
La svolta conservatrice della Russia non è iniziata ieri e ha subito una forte accelerazione dopo l’invasione dell’Ucraina. Questa, infatti, è solo l’ultima di una serie di iniziative intraprese negli ultimi anni per limitare i diritti delle minoranze sessuali a favore dei cosiddetti “valori tradizionali” promossi dal Cremlino.
Nel 2013 la Russia aveva vietato la “propaganda gay” tra i minori, e nel 2022, dopo l’inizio dell’Operazione militare speciale, il provvedimento era stato esteso anche agli adulti.
Nel luglio 2023, poi, è stata firmata una legge che vieta la transizione di genere, ovvero il cambio di sesso per coloro che non si identificano nel genere maschile o femminile assegnato alla nascita.
Si tratta di una serie di restrizioni quasi paradossali se pensiamo che quattro anni fa in Russia la tolleranza nella società era in aumento: secondo un sondaggio realizzato nel 2019 dal Centro Levada, quasi la metà della popolazione russa (il quarantasette per cento) era favorevole alla parità di diritti per gli omosessuali. Una percentuale che non era mai stata così alta nei quattordici anni precedenti.
#Russia: We deplore Russia’s Supreme Court decision to label ‘the international LGBT movement’ as ‘extremist’.
‘The law must uphold the principles of equality & non-discrimination. It must never be used to perpetuate discrimination’ – @volker_turk 👇
Con l’aumentare delle recenti restrizioni, si è registrato anche un incremento della censura: nell’ultimo anno dagli scaffali delle librerie sono spariti libri e riviste a tema lgbtq+; dai programmi televisivi sono state tagliate intere scene “sconvenienti”; e il servizio Yandex.Music ha rimosso sei podcast che trattavano il tema dell’omosessualità.
Stessa sinfonia nel settore cinematografico, dove sono state eliminate intere scene da “The White Lotus”, “Euphoria” e “Sex and the City”, solo per citare alcuni esempi. Nel luglio 2023, il canale televisivo Tnt Music è stato sanzionato con una multa di un milione di rubli per aver mostrato un videoclip lgbtq+senza precisare che era vietato ai minori di 18 anni.
“Al momento è difficile stabilire quali conseguenze ci saranno, perché la legge contro l’estremismo in Russia ha uno spettro di applicazioni molto ampio — ha spiegato Igor Kochetkov, attivista per i diritti umani. Una sola cosa è certa: le decisioni verranno prese in modo molto arbitrario. Ed è questa è la cosa più pericolosa. Il movimento lgbtq+, che secondo il presidente russo Vladimir Putin è un movimento imposto dall’Occidente, è un nemico ufficiale del governo. La lotta contro questo movimento viene utilizzata per giustificare la guerra. È un dogma ideologico usato per intimorire le persone”.
Secondo Kochetkov, la priorità adesso non è solo comprendere quali ripercussioni ci saranno nella società, ma capire come ridurle al minimo, visto che in gioco ci sono la sicurezza e i diritti di milioni di persone. Che, come ha raccontato David, sono state investite da sentimenti di “panico e orrore”. Purtroppo questo brutto sogno, per loro, è solo all’inizio.
Dopo l’approvazione della legge sulle influenze straniere, conosciuta come “legge russa”, il partito di maggioranza in Georgia vuole ora vietare i matrimoni dello stesso sesso e il cambio di genere.
Una donna è stata accusata di aver “esibito i simboli di un’organizzazione estremista” sui social: erano foto della bandiera arcobaleno. Rischia il carcere.
Aumentano le repressioni contro la comunità lgbtq+ in Russia, dove una nuova legge vieta la transizione di genere e le modifiche al sesso riportato sui documenti.
Un provvedimento che va a colpire tanti ragazzi trans che speravano di evitare l’esercito – e la guerra – con il cambio di sesso.
Un gruppo di militanti per i diritti Lgbt sono stati fermati dalla polizia a San Pietroburgo, in Russia. Protestavano contro le persecuzioni in Cecenia.