Lo stato di conservazione della lince iberica diventa “vulnerabile”
Carenza di prede, distruzione habitat e caccia le principali minacce della lince
Un progetto coordinato e condiviso per la sua rinascita
Neanche venticinque anni fa per la lince iberica, o pardina, si temeva una fine senza ritorno, l’estinzione. Ma oggi possiamo festeggiare, le popolazioni di questa specie si sono riprese talmente bene in Spagna e Portogallo da far cambiare il suo stato da “in pericolo” a “vulnerabile” secondo la lista rossa della Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione delle specie.
La lince iberica cambia il suo stato di conservazione
Uno sforzo incredibile, durato più di vent’anni, frutto della collaborazione e del coordinamento tra progetti europei, governi regionali e nazionali di Spagna e Portogallo, ong e popolazione ha portato a questo tanto atteso risultato. Così qualche settimana fa è arrivato l’annuncio ufficiale da parte dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn): lo stato di conservazione della lince iberica (Lynx pardinus) è “vulnerabile”. Una specie è vulnerabile se la sua probabilità di estinzione è stimata superiore al 10 per cento in 100 anni. E secondo l’ultimo censimento, la popolazione di linci nella penisola iberica è aumentata da appena 94 individui a 2.021 dello scorso anno, con l’86 per cento delle quali in Spagna.
📣The Iberian lynx (Lynx pardinus) has improved from Endangered to Vulnerable on the @IUCNRedList. With over 2,000 individuals now thriving in the wild, we celebrate this milestone and continue our work to ensure their future.
— IUCN Species Survival Commission (@IUCNssc) June 20, 2024
I predatori se la cavano meglio delle prede
Nel corso del ventesimo secolo i numeri della lince pardina sono crollati a causa della caccia senza sosta di migliaia di esemplari per via delle leggi dell’era franchista, che avevano come obiettivo quello di sbarazzarsi di creature ritenute “parassiti”. Un altro fattore che ha contribuito in gran parte alla loro scomparsa è stata la mancanza di cibo, infatti, i conigli – che costituiscono il 90 per cento della loro dieta – scomparirono drasticamente a causa di un virus, chiamato virus della malattia emorragica. Questo non solo ha ridotto il numero di conigli ma ha infettato anche i predatori. A fare da contorno a queste stragi anche la perdita dell’habitat della lince. Queste ultime minacce, tuttavia, non sono scomparse. Ad esempio, il numero dei conigli è ancora molto basso a causa di questa malattia: in questo momento si sta assistendo ad un calo della popolazione del 35 per cento nelle regioni della Castiglia-La Mancia, mentre in Portogallo sono diminuiti del 90 per cento negli ultimi dieci anni. “Sembra paradossale ma attualmente nelle riserve naturali se la stanno cavando meglio i predatori delle prede”, ha affermato Ramón Pérez de Ayala, esperto di linci del Wwf Spagna.
Un progetto che ha fatto rinascere la lince
Questa splendida storia di successo nasce dalle attente e collaborative iniziative per espandere e diversificare sia i numeri degli individui che le popolazioni di lince nelle diverse aree. Anche l’aumento della consapevolezza del grande pubblico è stato un fattore trainante in questo lungo percorso. L’obiettivo che si sono posti gli addetti ai lavori è far si che, nei prossimi cento anni, la lince riconquisti completamente il suo area nativo. Javier Salcedo, coordinatore del progetto Life Lynxconnect finanziato in larga parte dall’Unione europea, ha affermato che è stato sorprendente vedere l’animale passare da “in pericolo critico” a “in pericolo” e ora a “vulnerabile” nel corso di due decenni.
Secondo il suo racconto la parte più difficile è stato l’inizio, poiché ad inizio secolo tutti conoscevano la drammatica situazione della lince ma nessuno si rendeva conto di quanto fosse complicata. I primi progetti di censimento avevano ritrovato solamente due popolazioni, ad Andújar-Cardeña e a Doñana, entrambe in Andalusia, con a malapena cento linci. Attualmente il progetto ha raggiunto la metà del percorso, l’obiettivo è 750 femmine in età riproduttiva entro il 2040, ora ce ne sono 406.
Una vittoria da consolidare, perché rimane ancora molto da fare. Anche quando l’obiettivo sarà raggiunto – speriamo – non bisognerà abbassare la guardia per non rischiare che tutto quello a cui moltissime persone hanno dedicato la propria vita non sia stato uno sforzo invano.
Sembrano state disegnate e selezionate apposta per proteggere le spiagge dall’erosione, dalle mareggiate e dall’impatto antropico. Sono alcune tra le piante che crescono nel sistema dunale tra Cavallino, Eraclea e Caorle, nel litorale veneto, ma che si possono trovare in tutto l’habitat dunale del Mediterraneo. E oggi fanno parte di un importante progetto di recupero
Una recente ricerca ha confermato il precario stato di conservazione della maggior parte delle specie di lemuri, ritenuti ora i primati più a rischio del mondo.
Ne rimangono poche centinaia di esemplari in tutto il mondo. E i ricercatori, per evitarne l’estinzione in natura, hanno avviato da anni un programma per riprodurli in cattività e rilasciarli successivamente in natura, accompagnandoli durante la loro migrazione. Sono gli ibis eremita (Geronticus eremita), ormai considerati scomparsi in Europa. Nell’ottobre 2012 un cacciatore
È terminato il congresso mondiale della Iucn, svoltosi alle Hawaii, organizzato per fissare le linee guida della comunità mondiale sul tema della conservazione.
Secondo una nuova mappa realizzata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, i territori indigeni occupano il 40 per cento delle aree protette in America Centrale.