Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
La Scozia sta pensando di reintrodurre la lince nelle Highlands
La Scozia ha dato il via ad un progetto per valutare se reintrodurre la popolazione di lince nei territori delle Highlands.
Le Highlands scozzesi rappresentano il cuore più selvaggio e pittoresco della Scozia. Situata nella zona settentrionale e occidentale del Regno Unito, quest’area è capace di incantare chiunque la visiti, con i suoi paesaggi che si perdono a vista d’occhio, i grandi laghi carichi di leggende e i territori incontaminati.
Cervi, caprioli, lontre, ermellini e gatti selvatici popolano le antiche foreste e tra qualche anno, forse, tornerà anche la lince. Un consorzio di associazioni che si occupano di conservazione, sta infatti valutando se reintrodurre questi enigmatici felini in un’area remota delle Highlands, dove un tempo vivevano.
La lince potrebbe tornare ad abitare i territori scozzesi
Sono passati circa 500 anni da quando gli ultimi esemplari di lince europea (Lynx lynx) sono stati avvistati sul territorio britannico. Un tempo vivevano in alcune zone dell’Europa e dell’Asia, ma come troppo spesso accade, la perdita di habitat e il massiccio bracconaggio hanno portato questa specie a scomparire.
Negli ultimi decenni però, una diminuzione della caccia e una migliore attitudine popolare verso i grandi carnivori, ha permesso alla lince di tornare ad abitare in alcuni dei territori che un tempo le appartenevano. Sul continente europeo, sono infatti 25 le nazioni che contano esemplari di questa specie.
Un ragionamento diverso riguarda però la Gran Bretagna, dove la lince è assente da diversi secoli. Per questo, tre organizzazioni benefiche – Scotland: the big picture, Trees for life e il Vincent wildlife trust – hanno deciso di cominciare uno studio per capire cosa ne pensa la popolazione scozzese del reinserimento in natura di questi animali. Secondo il consorzio è infatti di vitale importanza che la gente accolga benevolmente il loro ritorno.
“Ci sono diverse analisi che attestano la possibilità di riportare la lince in questi territori, ma questa è la parte semplice. Il punto con predatori di questo tipo riguarda meno la scienza e più l’attitudine delle persone, le loro credenze e le loro priorità. Quindi un prerequisito fondamentale prima di procedere con la sua reintroduzione, è sapere se il pubblico è d’accordo”, ha spiegato Pete Cairns, direttore di Scotland: the big picture. Se il progetto dovesse andare a buon fine non sarebbe solo un’occasione per riportare indietro una specie nativa, ma permetterebbe anche di ripristinare i processi ecologici che la sua assenza ha interrotto.
L’opinione pubblica sarà determinante per il futuro della lince
Lo studio, dal nome Lynx to Scotland, verrà condotto durante tutto il 2021 e in base ai risultati verranno decise le fasi successive. Se questi dovessero essere favorevoli, i primi esemplari di lince potrebbero essere rilasciati già tra cinque anni, ma i ricercatori si sono detti disponibili ad abbandonare il progetto se l’accoglienza da parte della popolazione non fosse quella auspicata.
Non a caso, sono già state mosse le prime obiezioni dagli allevatori scozzesi, preoccupati che questi animali possano attaccare le “loro” greggi. Secondo il consorzio, le linci sono animali sfuggenti che non cercano il contatto con l’uomo. Quindi situazioni di questo genere oltre ad essere poco probabili, sarebbero limitate a pochi casi e sarebbero comunque gestibili con semplici metodi preventivi.
Educazione come sinonimo di conservazione
“Con una crisi mondiale legata alla biodiversità, abbiamo la responsabilità di creare dibattiti costruttivi intorno al reinserimento di specie native e chiave dell’ecosistema scozzese. La scienza ha dimostrato che predatori di questo genere hanno un ruolo vitale nel mantenimento di sistemi viventi sani”, ha precisato Cairns.
La storia della lince in Scozia è molto simile a quella di altre specie che in tutto il mondo (Italia compresa) sono state prima decimate e poi, capito il danno fatto all’ambiente, reintrodotte. Quello che ci si auspica faccia la differenza in questo caso, sono l’educazione e le informazioni fornite alla popolazione locale, per cambiare quella narrazione che oggi vede gli animali selvatici come dei pericoli per l’essere umano invece che come compagni di vita nell’ecosistema.
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