Con “Cose belle dal mondo per non pensare che va tutto male”, la nostra rubrica Instagram diventa un libro con storie di impatto positivo su persone e ambiente. È in libreria dal 5 novembre.
Lisa Casali. Vi spiego qual è il dilemma del consumatore green
Fare acquisti sostenibili è diventato una priorità. Ma come si fa ad essere sicuri di aver fatto la scelta migliore quando le possibilità sono tante e diversificate? Ad esempio, se pensiamo di dover scegliere un tessuto, è meglio affidarsi alle fibre naturali o a quelle sintetiche riciclate? Per un contenitore preferiamo il vetro o il
Fare acquisti sostenibili è diventato una priorità. Ma come si fa ad essere sicuri di aver fatto la scelta migliore quando le possibilità sono tante e diversificate? Ad esempio, se pensiamo di dover scegliere un tessuto, è meglio affidarsi alle fibre naturali o a quelle sintetiche riciclate? Per un contenitore preferiamo il vetro o il metallo? La borsa della spesa, è più ecologica in cotone riutilizzabile o compostabile usa e getta?
Ad ogni acquisto corrisponde una scelta. E ad ogni scelta, implicazioni ambientali. A chiarirci qual è l’opzione migliore ci pensa il nuovo libro di Lisa Casali – scrittrice, scienziata ambientale ed esperta di sostenibilità. Il dilemma del consumatore green è un libro che risponde a tre quesiti: quali sono e dovrebbero essere le priorità in ambito ambientale; quali sono i criteri per acquisti il più possibile green; come si riconosce una certificazione ambientale valida e quali sono quelle da conoscere. Ne abbiamo parlato direttamente con l’autrice.
Lisa, cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Un’assoluta urgenza che mi preoccupa molto e che è la grande assente delle politiche ambientali dei governi così come delle imprese: il tema della prevenzione dei danni all’ambiente. Non è presente negli Sdgs dell’Onu, né nel Pnrr e invece di occuparci di prevenzione stanziamo centinaia di milioni di euro per bonificare terreni, acque sotterranee, fiumi, laghi, specie e habitat distrutti o gravemente deteriorati. Serviranno ingenti somme di denaro e decine di anni perché queste risorse danneggiate ritornino alle condizioni originali, si ristabiliscano equilibri ecosistemici e nei casi più gravi tutto questo sarà quasi impossibile da raggiungere. Eppure perché non si fa nulla per evitare che questi eventi accadano? Per far sì che centinaia di casi di contaminazioni e danni all’ambiente non accadano? Ho scritto questo libro perché credo sia ora di aprire gli occhi alle pubbliche amministrazioni, ai media, alle imprese, ma anche al consumatore e ristabilire le giuste priorità in ambito ambientale. Perché definirsi green e sostenibili senza fare nulla su questo fronte per me è un impegno solo di facciata e privo di sostanza.
Quali sono le priorità in ambito ambientale?
Nel libro propongo l’immagine di un albero per rappresentare l’impegno per la tutela dell’ambiente di un’impresa così come di qualunque realtà anche pubblica: le radici rappresentano l’impegno alla prevenzione dei danni all’ambiente. Una garanzia di impegno in tal senso è offerta dalla nuova Certificazione Uni Ambiente protetto; il tronco è invece l’impegno a riparare le risorse naturali danneggiate qualora si verifichi un danno all’ambiente e si traduce nell’adozione di strumenti che garantiscano tale riparazione come polizze assicurative per i danni all’ambiente; i rami e le foglie sono l’impegno al miglioramento delle performance ambientali (es. riduzione dei consumi di acqua ed energia, riduzione della produzione di rifiuti); i frutti rappresentano infine l’impegno alla riduzione dell’impatto ambientale dei prodotti e dei servizi offerti dall’azienda. L’immagine dell’albero rappresenta anche visivamente e intuitivamente cosa è prioritario. Senza radici e senza tronco l’albero sarà instabile e alla prima raffica di vento rischierà di cadere, ancora più rovinosamente se i suoi rami sono carichi di foglie e frutti. Se l’azienda investe quindi solo nel miglioramento delle performance ambientali di processi e prodotti, trascurando radici e tronco, rischia di fare una brutta caduta.
Si parla della componente ambientale nei vari ambiti dello stile di vita, quali aspetti hai voluto evidenziare?
Il libro cerca di fornire al consumatore gli strumenti per inserire la componente ambientale nei propri criteri d’acquisto – qualunque acquisto, ogni giorno – dal caffè della colazione alla scelta dei prodotti con cui pulire casa, agli indumenti da indossare e molti altri. L’obiettivo è far sì che quando scegliamo un prodotto, oltre al prezzo, all’estetica, al gusto, ci sia anche l’impatto ambientale da considerare. Nel libro ho indicato i criteri generali che valgono per qualsiasi acquisto, sotto forma di check list di domande da farsi. Per facilitare le cose ho poi declinato questi criteri per tantissime categorie merceologiche in modo che il consumatore possa usare il libro anche come un manuale di consultazione in grado di guidarlo in ogni acquisto. Tra i settori presenti vi sono quello alimentare, il tessile, gli arredi per la casa, elettrodomestici e high tech, detergenti, cosmetici, auto, pneumatici, beni usa e getta, accessori e giochi, voli aerei, hotel, ristoranti… in pratica c’è qualunque possibile acquisto.
Oggi il consumatore è più attento, ma pensi sia abbastanza preparato per non cadere nella trappola del greenwashing?
Il motivo per cui ho scritto questo libro è proprio aprire gli occhi al consumatore, scrollargli le spalle e dirgli di alzare l’asticella su cosa sia un’azienda davvero sostenibile e cosa lo sia solo in superficie. Per farlo è necessario maggiore impegno da parte di tutti, come se ripartissimo da zero per educarci rispetto ai temi ambientali. Togliamoci di dosso anni e anni di messaggi e lusinghe, immagini idilliache e ripartiamo dal basso, dalle radici della sostenibilità.
Hai selezionato cinquanta certificazioni, quali sono le più rilevanti?
A proposito di certificazioni è importante saper distinguere quelle che riguardano l’intera azienda, o comunque l’intero processo produttivo e quelle relative solo al prodotto perché non devono essere considerate con lo stesso peso. Un’azienda potrebbe ad esempio avere un forte impatto sull’ambiente, produrre centinaia di prodotti diversi e avere ottenuto la certificazione ambientale per un solo prodotto. Questo non fa dell’intera azienda un esempio di sostenibilità. Le certificazioni più rilevanti sono poi quelle in cui lo standard di riferimento è stabilito dal legislatore, da enti di normazione o eventualmente ong o associazioni di riferimento. È poi importante per l’ottenimento della certificazione che ci sia sempre la verifica di applicazione da parte di un ente di certificazione. Rispetto a quelle più rilevanti e meno note, che ho selezionato con l’aiuto di Altroconsumo, Uni e Tuv, ci sono: Cleanright (Aise Charter for sustainable cleaning), certificazione a livello europeo messa a punto dall’associazione internazionale per i prodotti di pulizia che punta a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita, compreso l’uso; Fairmined per l’oro e l’argento, certificazione creata dall’ong Arm (Alliance for responsible mines) che si rivolge a miniere che praticano estrazione di oro e argento nel rispetto di ambiente e lavoratori, senza l’uso di mercurio; Made Green in Italy, il soggetto di riferimento è il ministero della Transizione ecologica italiano, lo standard di riferimento è la norma europea Pef per il calcolo dell’impronta ecologica del prodotto. L’obiettivo è certificare prodotti a basso impatto ambientale e di produzione italiana.
Hai redatto la nuova certificazione Ambiente protetto, ce ne parli?
Ho contribuito con Pool Ambiente alla nascita di una nuova certificazione Uni, “Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all’ambiente – Criteri tecnici per un’efficace gestione dei rischi ambientali”. È la prima certificazione al mondo che norma la prevenzione e la riparazione dei danni all’ambiente. Per realizzarla siamo partiti dall’analisi di centinaia di casi di danno, dallo studio delle cause abbiamo messo a punto requisiti tecnici e organizzativi specifici per ogni potenziale sorgente. Dall’analisi di 1.031 casi di sinistri occorsi al Pool Ambiente abbiamo stimato che il 73 per cento non si sarebbe mai verificato se le aziende fossero state certificate Ambiente protetto. Nessun’altra certificazione ambientale può vantare un così potente effetto preventivo e di protezione di terreno, acque, aria, specie e habitat naturali. Ora c’è la grande sfida di farla conoscere anche al consumatore e spingere il più possibile per una sua diffusione.
Come vedi il futuro?
Le emergenze ambientali da fronteggiare sono numerose, strettamente connesse e molto gravi: inquinamento, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, distruzione di habitat, acidificazione dei mari, ecc. Tra tutte, quella della scarsa attenzione delle imprese alla prevenzione dei danni all’ambiente è una di quelle che mi preoccupa di più perché non ne parla nessuno e non è presente nell’agenda politica del nostro Paese. Resto comunque una persona ottimista per cui sono convinta del potere della voce dei singoli, per cui continuerò a diffondere le mie idee e sostenere le cause ambientali in cui credo.
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