All’ultimo momento, l’Italia entra nella Beyond oil and gas alliance (Boga). Ma la sua adesione non prevede impegni vincolanti.
All’ultimo momento, anche l’Italia si unisce alla Beyond oil and gas alliance (Boga), l’alleanza lanciata durante la Cop26 in corso a Glasgow dai governi di Danimarca e Costa Rica. Un’alleanza nata per impegnare le nazioni aderenti a perseguire una giusta transizione abbandonando la produzione di petrolio e gas.
Fino alla vigilia della conferenza stampa, l’Italia non figurava tra i membri della Boga. Poi, poche ore prima della presentazione ufficiale, il ministro della transizione ecologica italiano Roberto Cingolani, intervistato al National Geographic Fest, ha annunciato la novità che molti volevano sentire.
L’Italia non si impegna in azioni concrete
Dan Jørgensen, ministro danese dell’ambiente e co-promotore dell’iniziativa, durante la presentazione ufficiale della Boga a Glasgow, ha esordito dicendo che “L’obiettivo non è piccolo, l’ambizione non è modesta, ma vogliamo che questo sia l’inizio della fine di oil&gas. Perché non c’è futuro per i combustibili fossili in un mondo a 1,5 gradi”
Oltre ai capofila Danimarca e Costa Rica alla Boga aderiscono:
- Core member: Svezia, Francia, Irlanda, Québec (Canada), Groenlandia (Danimarca) e Galles (Regno Unito)
- Associate member: Nuova Zelanda, Portogallo e California (Stati Uniti)
- Friend of Boga: Italia
Insomma, l’Italia sceglie un ingresso, diciamo così, meno vincolante. Infatti, diversamente da chi si impegna a riformare il sistema delle sovvenzioni ai combustibili fossili (nel caso degli associate) oppure a fissare una data per porre fine all’esplorazione e all’estrazione di nuovi giacimenti di petrolio e gas (nel caso dei core members), chi è amico dell’alleanza, recita il sito di Boga, si impegna genericamente a “lavorare insieme per facilitare misure efficaci” nel perseguimento degli obiettivi dell’accordo sottoscritto.
Quindi, se per i primi due gradi di adesione ci vogliono azioni concrete per porre fine all’era dei combustibili fossili, lo status di friend non prevede alcun gesto concreto, se non l’intenzione di rimanere entro l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi.
Gas come vettore della transizione
“L’alleanza proposta da Danimarca e Costa Rica pone obiettivi sui quali noi stiamo già lavorando” ha spiegato Cingolani commentando il motivo per cui l’Italia ha fatto il suo ingresso come friend. “Siamo molto avanti sul phasing-out del carbone (che dovrebbe avvenire entro il 2025, nda) e abbiamo il più grande programma di rinnovabili su carta, ovvero 70 Gw di impianti tra eolico e solare nei prossimi 9 anni“.
E ancora: “il nostro obiettivo è di arrivare al 2030 producendo elettricità al 70 per cento da fonti rinnovabili. Il gas è il vettore della transizione ma servirà solo per dare la continuità finché non arriveremo all’obiettivo che ci siamo prefissati”. Per Cingolani, quindi, abbandoneremo il gas fossile man mano che raggiungeremo il traguardo previsto al 2030. “Il punto è che siamo un paese ‘energivoro’: per paesi più piccoli, che hanno un fabbisogno totale di energia più basso, la transizione è più semplice. Noi stiamo parlando di fare inversione di marcia ma abbiamo mezzi diversi: loro un motorino, noi un tir con rimorchio. Tutti dobbiamo arrivare al 2030 con lo stesso obiettivo, su questo siamo d’accordo, ma per noi è un po’ più complicato“.
Evitare i ‘bla bla bla’
“Entrare nell’alleanza come friend of Boga non significa non prendersi impegni” aggiunge Luca Bergamaschi, delegato italiano alla Cop26 e membro di Ecco, think tank sul cambiamento climatico che si trova a Glasgow per supportare le ambizioni in termini di transizione energetica dell’Italia. “L’Italia fa da apripista insieme ad altri paesi europei, riconoscendo il principio che sta alla base dell’alleanza. Ora deve approvare una legge che regoli l’utilizzo dei combustibili fossili e adotti una politica di governo di lungo termine. L’auspicio è che nel 2022, alla prossima Cop, il nostro paese possa annunciare l’ingresso nell’alleanza come membro di livello maggiore a fronte di impegni raggiunti sul campo”.
Sul piatto delle azioni concrete c’è sicuramente il tema delle trivelle. Per essere credibile, l’Italia deve dimostrare di perseguire gli impegni in fatto di riduzione delle riserve fossili. Per esempio, come cita l’associazione Re:Common, può ritirare le nuove licenze nel nord del mar Adriatico e far sì che l’Eni non ottenga altre concessioni in Val d’Agri. Se l’Italia non mette fine all’estrazione dei combustibili fossili rischia di disattendere tutti gli impegni assunti per la transizione energetica. Insomma, l’Italia deve fare di tutto per evitare i proverbiali ‘bla bla bla’.
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