“Sfidare le contraddizioni” è stato il tema della 12ma edizione del Salone della Csr: circa 270 le organizzazioni coinvolte nei dibattiti.
Cosa significa littering, una parola inglese per spiegare un malcostume molto italiano
Il littering, o abbandono dei rifiuti, è un fenomeno diffuso e con conseguenze sull’ecosistema e sull’economia. Un’analisi sociale spiega qual è il profilo dello “zozzone”.
Il termine inglese littering, intraducibile in italiano se non attraverso una perifrasi, indica l’abbandono – deliberato o involontario – di rifiuti di piccole dimensioni in spazi pubblici o aperti all’utilizzo pubblico come strade, piazze, parchi, spiagge e boschi.
Il littering non è solo un fenomeno diffuso, ma le sue conseguenze iniziano a essere sempre più note e preoccupanti. Dalla scoperta della prima isola di plastica nel Pacifico (Plastic vortex), seguita poi da quella nell’oceano Atlantico, è ormai risaputo che circa l’80 per cento dei rifiuti che si trovano in mare provengono dall’entroterra, e che l’inquinamento provocato dal littering ha gravissimi impatti sull’ecosistema, sulla salute ma anche sui conti pubblici. Diverse ricerche negli ultimi anni si sono concentrate sulla valutazione della tipologia di rifiuti abbandonati, sulla promozione di iniziative di sensibilizzazione e prevenzione anche attraverso azioni di pulizia straordinaria del territorio, ma pochissime ricerche sono andate a monte del problema, ovvero: qual è il profilo del litterer? Chi sporca e perché?
L’analisi sociologica sul littering
Per rispondere a questa domanda Aica, sostenuta dal ministero dell’Ambiente, dal Consorzio nazionale imballaggi (Conai) e dai sei consorzi di filiera, ha condotto insieme al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università degli studi di Torino un’analisi volta a indagare il fenomeno del littering che consentisse da un lato di delineare con maggior precisione il profilo del “litterer”, e dall’altro di fornire una chiave interpretativa utile a mitigare il problema. I risultati di questa analisi sono stati presentati nell’ambito di un convegno dedicato al tema del littering organizzato dal ministero dell’Ambiente il 22 novembre.
Pur trattandosi di un fenomeno diffuso, la pratica del littering rischia di passare inosservata perché l’azione che lo contraddistingue (l’abbandono di un rifiuto) è limitata da un punto di vista spaziale, ma soprattutto temporale, e può essere svolta in maniera nascosta o cercando di dissimulare il gesto. Inoltre, si tratta di un comportamento stigmatizzato, socialmente difficile da giustificare. È quindi difficile indagare su un comportamento che si è poco propensi a manifestare o ad ammettere di tenere.
Per questo, dopo aver valutato tutti i pro e i contro dei metodi a disposizione della ricerca sociale, si è scelto di utilizzare un mix di due metodi: l’osservazione naturalistica dei comportamenti e delle azioni di littering degli attori (tecnica non intrusiva che non richiede la cooperazione dei soggetti in studio e che limita al massimo il rischio di influenzare il comportamento) e le interviste semi-strutturate. Le interviste hanno permesso di indagare in profondità la percezione che hanno gli individui in quanto cittadini sul fenomeno, ma anche le abitudini e le propensioni degli intervistati circa la pratica del littering.
In pratica i ricercatori, dopo aver selezionato i luoghi idonei all’osservazione, vi hanno trascorso un determinato periodo di tempo concentrando la loro attenzione sugli individui presenti e in modo particolare su coloro che avevano tra le mani oggetti che potevano trasformarsi abbastanza velocemente in litter. Per questo i soggetti osservati erano principalmente in possesso di piccoli oggetti quali imballaggi, cibo, sigarette e altre tipologie riscontrate a seconda dei casi. Un’altra delle variabili di osservazione è stata la tipologia di luogo, caratterizzati quindi da diversi tipi di affollamento, diversa presenza di cestini stradali e così via. Si voleva infatti verificare la possibilità di evidenziare una correlazione fra tipologia di luogo e tipologia di comportamento. Pertanto, sono state condotte osservazioni in parchi pubblici urbani, nei centri città, nelle località turistiche, nei festival outdoor, nelle scuole e università, davanti alle gelaterie, nelle aree in contesti a prevalenza naturale, nei quartieri semi periferici delle città, nei luoghi di svago serale e notturno, nelle stazioni e davanti alle tabaccherie.
I risultati: preoccupazioni ambientali o civiche?
Dalle interviste sono emersi alcuni spunti di carattere generale. Ad esempio, il littering viene generalmente percepito come un fenomeno grave da quasi tutti gli intervistati, anche se non sempre risulta evidente il collegamento tra il littering e preoccupazioni di tipo ambientale o ecologico. Il littering sembra infatti venire più strettamente legato a preoccupazioni sul mancato rispetto delle norme civiche e al decoro urbano. Anche per questo motivo, il littering sembra generare, in particolare tra le persone più anziane, un generico senso di degrado e insicurezza che spesso sembra coincidere con una mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni cittadine.
Molti degli intervistati ritengono poi che il fenomeno sia contrastabile attraverso il controllo degli spazi pubblici da parte degli enti preposti (con particolari riferimenti alla polizia locale); l’educazione sul tema in famiglia e nelle scuole; l’utilizzo di incentivi a mettere in atto comportamenti corretti e la maggiore presenza di cestini stradali.
Il profilo del litterer
Potenzialmente chiunque può essere un litterer, indipendentemente dall’età, dal genere, dalla professione, dalla provenienza sociale e dall’opinione in merito sul fenomeno. Nell’interpretazione data al termine nello studio, un litterer è un individuo che per possibili diverse ragioni (propensione, noncuranza degli spazi pubblici, opportunità, mancanza di cestini nelle vicinanze, altre) decide di abbandonare un rifiuto senza riporlo nell’apposito contenitore. Nel momento in cui il litterer si comporta in questo modo in una determinata circostanza, non significa che farà la stessa cosa in un’altra situazione in cui siano diverse le condizioni ambientali o il contesto. Lo studio si è quindi soffermato sull’identificazione delle leve che sembrano incidere sul comportamento dei soggetti, aumentando la probabilità che abbandonino i propri rifiuti.
In media, un terzo delle persone in possesso di un potenziale rifiuto si è trasformato in litterer, mentre i due terzi hanno attuato comportamenti corretti. Entrando invece nel merito della correlazione tra alcune leve e comportamento, sono emersi alcuni spunti di riflessione interessanti. Ad esempio, la percentuale delle donne osservate che mette in atto pratiche corrette è superiore a quella relativa agli uomini (69,4 contro il 60 per cento). Il dato suggerisce quindi una maggiore propensione maschile nei confronti del littering.
Si è poi rilevato che i gruppi che sembrano comportarsi meno correttamente rispetto all’abbandono dei rifiuti sono quelli di più di 50 anni, seguiti dai giovani di età compresa fra i 20 e i 24 anni. Altro risultato interessante arriva dall’analisi della relazione tra comportamenti corretti e numerosità dei gruppi osservati. Come si può notare, la tendenza a comportarsi in modo corretto aumenta fino a quando si tratta di gruppi composti da due persone, mentre scende di nuovo nel momento in cui i componenti dei gruppi sono superiori a due. Queste percentuali confermano l’ipotesi secondo cui in presenza di altre persone aumenta il controllo sociale che incentiva gli individui a rispettare le norme sociali relative all’abbandono dei rifiuti. Tuttavia, nel momento in cui il numero di persone che compongono il gruppo aumenta di consistenza, tende a ridursi anche il controllo sociale che si era manifestato in precedenza.
La ricerca ha poi anche mostrato una correlazione tra tipi di luoghi di osservazione e comportamenti. Le zone semi-periferiche delle città, in cui spesso si riscontra un livello di degrado e abbandono maggiore rispetto agli altri luoghi osservati, sono quelle dove si manifestano più abbandoni di rifiuti, seguiti da scuole e università. Al contrario, si tende a ridurre le azioni di littering quando ci si trova in un ambiente a prevalenza naturale.
Gli oggetti che non ci facciamo problemi a buttare nell’ambiente
Ma il dato forse più interessante di tutta la ricerca è quello relativo alla relazione tra comportamenti corretti e tipologie di oggetti: ovvero la predominanza schiacciante delle sigarette come rifiuto più frequentemente disperso nell’ambiente. I numeri lo dimostrano in modo palese: se per tutte le altre tipologie di oggetti la percentuale di comportamenti corretti riscontrati è sempre superiore all’80 per cento, nel caso delle sigarette questo valore scende vertiginosamente raggiungendo un picco negativo del 34,6 per cento. Questo significa che su 100 fumatori osservati più di 70 hanno abbandonato il loro mozzicone nell’ambiente. La tendenza che risulta dall’analisi quantitativa trova un importante riscontro dalle informazioni ottenute tramite le interviste: la maggior parte delle persone intervistate ha infatti dimostrato una generale e diffusa tolleranza nei confronti di questo tipo di littering, arrivando in alcuni casi a giustificarlo o a non considerarlo grave quanto quello legato ad altri tipi di rifiuti abbandonati nell’ambiente.
Perché i mozziconi di sigaretta spesso non vengono considerati littering? Quasi due terzi delle persone aventi tra le mani un mozzicone di sigaretta l’ha buttata o lasciata cadere (più o meno disinvoltamente) al suolo. Tramite le interviste è stato rilevato quanto sia interiorizzata la tolleranza nei confronti delle azioni di littering che riguardano le sigarette. Sembra emergere una sorta di fenomeno di autoassoluzione che ha toccato picchi massimi nel momento in cui gli intervistati si giustificavano asserendo che gettare una sigaretta sull’asfalto non è un gesto inquinante. Solo in rari casi gli intervistati si sono giustificati lamentando la mancanza di posacenere e cestini. Sembrerebbe dunque che abbandonare e gettare i mozziconi di sigarette per terra sia un comportamento fortemente interiorizzato da parte dei fumatori e al quale sono abituati anche i non fumatori. Le motivazioni potrebbero essere collegate, oltre all’abitudine al fenomeno, anche alle dimensioni ridotte dell’oggetto. Da un lato, questo rende decisamente facile abbandonarli dissimulando l’azione; dall’altro, si tende spesso a pensare che un oggetto piccolo possa essere meno nocivo per l’ambiente.
Cosa possiamo fare?
Diverse sono le misure che si possono attuare per contrastare il fenomeno. Ad esempio, l’idea del controllo che appare nelle dichiarazioni di alcuni intervistati, se adeguatamente messa in atto, è potenzialmente un buon deterrente contro il littering. Il miglioramento del sistema di pulizia e raccolta può senz’altro rendere più puliti i luoghi in cui viene attuato, ma a prescindere dai costi collegati a questa ipotesi, potrebbe avere l’effetto indesiderato di rafforzare la convinzione che “tanto qualcuno pulisce”, e di ridurre ancora il senso di responsabilità del cittadino. Anche il potenziamento della presenza di cestini stradali e di bidoni andrebbe a contrastare il fenomeno soprattutto nelle zone attualmente sprovviste o servite in modo poco adeguato rispetto alle esigenze, ma da solo non sarebbe sufficiente a modificare i comportamenti.
L’azione probabilmente più importante da compiere rimane comunque quella delle campagne di sensibilizzazione ed educazione. Naturalmente è importante rivolgerle ai giovani, per educarli sin dall’infanzia al rispetto civico ed ambientale. Tuttavia, dai dati della ricerca, sembrerebbe ancora più importante concentrarsi sugli adulti, e in particolare sui fumatori. Tra l’altro, il collegato ambientale (legge 28 dicembre 2015, n. 221, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2016, n. 13) sottolinea proprio come il 50 per cento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per l’abbandono dei rifiuti deve essere destinato ad apposite campagne di informazione da parte dei comuni. A tal proposito, nell’ambito del convegno del 22 novembre a Roma, Aica ha presentato e distribuito gratuitamente a tutti i partecipanti le linee guida per le campagne di comunicazione locale anti-littering, che offrono degli spunti da cui partire per costruire campagne mirate ed efficaci.
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