Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
L’invasione delle locuste in Africa e Asia, anatomia di una crisi che affligge mezzo mondo
Sciami di locuste grandi come città intere hanno invaso più di 15 paesi tra Africa orientale, Medio Oriente e Asia, devastando i raccolti.
Uno sciame di 70 miliardi di insetti volanti che copre 740 chilometri quadrati. Più di quattro volte l’estensione dell’area urbana di Milano e quasi pari a quella di Roma: ecco quanto può diventare grande un singolo sciame di locuste. Sembra una scena apocalittica dal capitolo delle piaghe nella Bibbia e, invece, per molti paesi della penisola arabica e dell’Africa orientale è la realtà. Un’invasione sta affliggendo l’intera regione, dall’Oman al Kenya: devasta i raccolti, decima i pascoli, minaccia l’approvvigionamento di decine di milioni di persone e aggrava la crisi alimentare. Questi sciami, grandi come città intere, seminano caos, si avventano sulle coltivazioni e divorano tutto nel giro di poche ore. Ad oggi, la crisi è arrivata a colpire più di quindici paesi tra Africa orientale, Medio Oriente e Asia.
Swarms of locust invading Saudi Arabia ?? ? ?? pic.twitter.com/Bzb8NNtS0L
— RAFA ? (@RafaWildNature) February 29, 2020
Ma come si creano gli sciami di locuste? Quali sono le zone più vulnerabili? Perché le conseguenze di queste invasioni sono così brutali? In quali pericoli incorre chi subisce il passaggio di uno sciame sui suoi terreni?
Facciamo un passo indietro.
Cos’è una locusta e come si comporta?
Le locuste sono parenti strette delle cavallette e i due insetti, anche per aspetto, si somigliano molto. Tuttavia, il comportamento delle prime è completamente diverso. Le locuste si distinguono per la loro capacità di evolvere da uno stato solitario – nel quale ciascun esemplare evita attivamente gli altri – ad uno stato sociale, detto “gregario”, nel quale masse di locuste volanti oscurano il cielo. Sempre alla ricerca di cibo, le locuste solitarie sono costrette a stare insieme duranti i periodi di siccità, quando la vegetazione muore e lascia poche aree verdi nei deserti, il loro habitat naturale. In questa fase avviene una trasformazione improvvisa.
Entro poche ore dall’affollamento, un ormone – la serotonina – stimolato nelle locuste dai peli sulle zampe e dalla vista e l’odore di altri esemplari, viene rilasciato in grandi quantità. Nel sistema nervoso centrale, la serotonina stimola cambiamenti comportamentali: movimenti più rapidi, aumento della socialità e dell’appetito. Con il ritorno delle piogge e un terreno di coltura più umido, le nuove generazioni di locuste formano gruppi che “foraggiano” all’unisono. È qui che avviene il passaggio fondamentale: le ali crescono e da saltatrici diventano locuste di un giallo brillante.
L’evoluzione dallo stato solitario a quello gregario ha un impatto anche sull’organismo della locusta, il cervello diventa più grande e le zampe più corte. Negli sciami, inoltre, c’è un aumento della resistenza: la prole delle locuste gregarie sviluppa zampe più piccole, i loro salti sono più corti, ma riescono ad usare meno energia per coprire la stessa distanza.
I voli migratori delle locuste
La locusta del deserto è la specie con il maggior impatto economico in relazione ai danni provocati, e minaccia un quinto della superficie terrestre e un decimo della popolazione globale. L’ultima grande invasione risale al 1986, colpì il Nord Africa e il Medio Oriente per tre lunghi anni fino al 1989.
Sospinte dal vento, del deserto volano ad una velocità di circa 16-19 chilometri orari. Gli sciami possono percorrere fino a 130 chilometri o più in un giorno e possono resistere in aria per lunghi periodi di tempo, attraversando regolarmente tratti come il mar Rosso: una distanza di 300 chilometri. In passato ci sono state lunghe e spettacolari migrazioni di sciami che si sono spostati dall’Africa nordoccidentale alle isole britanniche nel 1954 e, nel 1988, dall’Africa occidentale ai Caraibi, una distanza di cinquemila chilometri in circa dieci giorni. Le locuste del deserto solitarie di solito volano di notte, mentre gli adulti gregari (gli sciami) volano di giorno.
Durante i periodi di quiete (noti come “recessioni”) le locuste del deserto si limitano alle zone di deserti semi-aridi e aridi dell’Africa, del Vicino Oriente e dell’Asia sudoccidentale; le regioni che ricevono meno di 200 millimetri di pioggia all’anno. Si tratta di un’area di circa 16 milioni di chilometri quadrati, costituita da circa 30 paesi. Durante le invasioni, la locusta del deserto può mettere a repentaglio il sostentamento di un decimo della popolazione mondiale.
I paesi colpiti dall’invasione di locuste
La situazione attuale è complessa ed “estremamente allarmante”, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Gli sciami di locuste si sono diffusi nel Corno d’Africa e in Africa orientale, raggiungendo il Kenya meridionale e la Tanzania settentrionale, il nordest dell’Uganda, il sudest del Sud Sudan e il nordest della Repubblica Democratica del Congo. Nonostante le misure di controllo messe in atto, l’invasione si è già diffusa ad altri paesi, come l’Iran, il Sudan e lo Yemen. I paesi più colpiti, per ora, sono il Kenya, l’Etiopia e la Somalia, dove esiste una minaccia senza precedenti per i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare.
Desert Locust situation update?
The situation is extremely alarming in the Horn of Africa where widespread breeding is in progress and new swarms are starting to form.
This is an unprecedented threat to #foodsecurity and livelihoods. https://t.co/IBn5Kp0zCc#DesertLocust pic.twitter.com/bkvE4agC7u
— FAO (@FAO) March 11, 2020
Il Corno d’Africa, in particolare, sta affrontando la peggiore crisi di locuste del deserto degli ultimi 25 anni; la più grave degli ultimi 70 anni per il Kenya. Si stima siano circa 20,2 milioni le persone costrette ad affrontare un’insicurezza alimentare acuta. Con l’avvicinarsi della stagione di coltura, l’invasione di locuste rischia di portare questa cifra ancora più in alto. “Tutte le regioni aride e semi aride, dove la produttività agricola è bassa e le comunità vivono di sussistenza, saranno quelle le aree più vulnerabili se quelle comunità vengono attaccate”, ha detto in un’intervista per LifeGate in collegamento da Nairobi, Sergio Innocente, esperto regionale Fao per la prevenzione e la risposta alle emergenze nell’ambito della sicurezza alimentare.
Le condizioni che hanno portato all’invasione
Ripercorriamo gli avvenimenti principali che hanno portato alla diffusione estrema degli sciami di locuste. Per farlo, dovremo andare indietro nel tempo di qualche anno. Nel 2018, due cicloni portano forti piogge nel deserto arabo e alimentano la proliferazione riproduttiva delle locuste. Nel 2019, le locuste si riproducono e si diffondono ancora di più; un’altra tempesta, rara per la regione, mantiene le condizioni favorevoli. Le locuste, infatti, proliferano in condizioni di abbondanza vegetativa. Inoltre, secondo Keith Cressman, entomologo e massimo esperto Fao sulle previsioni delle locuste, il passaggio del ciclone Mekunu, nel 2018, sopra “il quartiere vuoto”, il vasto deserto disabitato della penisola arabica meridionale, ha “riempito” lo spazio tra le dune di sabbia con laghi effimeri, favorendo la riproduzione delle locuste.
Many countries in the Horn of Africa are experiencing the worst #DesertLocust outbreak in decades. @FAO Keith Cressman explains how this is a result of our changing climate. ?️Listen to our podcast to learn more?https://t.co/pKAnXLgc6P #climatechange #locusts pic.twitter.com/cMkdrUggaz — FAO (@FAO) February 17, 2020
Le buone condizioni di riproduzione nel deserto arabo hanno consentito alle locuste, sempre secondo la Fao, di moltiplicarsi fino a ottomila volte. Nei mesi autunnali del 2019, gli insetti si sono spinti dalla Somalia e dall’Etiopia al Kenya e l’Uganda. In Kenya, il servizio di osservazione delle locuste della Fao ha individuato uno sciame lungo fino a 60 km e largo 40 km, all’incirca delle dimensioni del Lussemburgo. Esso era composto da circa 20 miliardi di locuste.
Thank you @UNCERF for the USD 10 million loan to respond to the ? #desertlocust crisis in ?? Ethiopia, ?? Kenya and ?? Somalia and to scale-up locust control operations#ZeroHunger#InvestInHumanity@FAONewYork pic.twitter.com/700bH5oRJY
— FAO in Emergencies (@FAOemergencies) March 19, 2020
“Ci sono stati un paio di eventi climatici che hanno generato delle condizioni particolarmente favorevoli per la proliferazione delle locuste – spiega Innocente –. Un ciclone sulle coste dell’Oman lo scorso giugno dove c’è stato un primo incremento della presenza delle locuste nella penisola araba, ma quello che è stato realmente un game changer è stato il ciclone che si è abbattuto sulle coste del corno d’Africa a dicembre. Ha portato molta più umidità nel Corno, tant’è che abbiamo perso quasi completamente la stagione secca all’inizio dell’anno. Questo ha creato delle condizioni ancora più favorevoli sia per la migrazione degli sciami dalla penisola araba ma anche per la riproduzione di quegli sciami che erano entrati in Africa orientale già verso settembre. È da qui che siamo partiti e poi ci siamo trovati a dicembre e gennaio con una situazione quasi incontenibile, in effetti”.
Qual è quindi il rapporto tra locuste ed equilibrio ecologico? Le condizioni favorevoli alla riproduzione sembrano essere proprio la presenza di un terreno sabbioso umido, la disponibilità di alcune aree “nude” per la deposizione delle uova e, infine, una vegetazione verde che favorisce lo sviluppo delle saltatrici.
Locuste e cambiamento climatico
L’iperattività ciclonica degli anni 2018 e 2019 è piuttosto insolita. In tutto il Corno d’Africa le piogge tra lo scorso ottobre e metà novembre sono state superiori alla media del 300 per cento e, in Kenya, del 400 per cento. Nel complesso, il Corno d’Africa è stato colpito da otto cicloni nel 2019, registrando il più alto numero in un anno dal 1976. Un’analisi di Carbon Brief spiega che l’insolito tempo umido dell’Africa orientale è legato a un sistema climatico più ampio, noto come Dipolo dell’Oceano Indiano (Iod). Il dipolo influenza il clima su entrambi i lati dell’oceano. Quando è in fase “neutra”, le acque intorno all’Indonesia, alla Papua Nuova Guinea e all’Australia sono calde e i venti soffiano in direzione ovest.
In questa fase, il dipolo ha un effetto minimo sulle temperature nei paesi che circondano l’oceano Indiano. In una fase detta “positiva”, invece, questo schema si inverte. I venti occidentali si indeboliscono e, a volte, si formano venti orientali che trascinano le acque calde verso la penisola araba e il Corno d’Africa. Questo meccanismo, a sua volta, genera i cicloni e le forti piogge nella regione. La frequenza dei cicloni aumenta durante una fase di dipolo positivo, poiché il calore e l’umidità aggiuntivi agiscono come “carburante” per le tempeste. Non a caso, l’Iod era in fase positiva sia nel periodo giugno-dicembre 2018 che nel 2019, anno in cui il dipolo ha raggiunto il livello positivo più estremo degli ultimi 40 anni.
Leggi anche: Miliardi di cavallette devastano il Corno d’Africa. Emergenza nazionale in Somalia
Oltre ad alimentare le piogge in Africa orientale, il dipolo positivo ha avuto un ruolo importante nelle dinamiche degli incendi boschivi in Australia: questo perché le piogge si sono spostate verso l’Africa orientale, lasciando l’Australia in condizioni di siccità. Ma l’inquietante correlazione tra i sistemi climatici non finisce qui. Il cambiamento climatico potrebbe spingere il dipolo verso fasi positive più frequenti perché l’Oceano Indiano occidentale – vicino all’Africa – si sta riscaldando a un ritmo più rapido rispetto all’Oceano Indiano orientale.
“È evidente a tutti che gli ultimi 20 anni in Africa orientale sono stati anni di ‘non-normalità’, gli eventi climatici come la siccità o l’abbondanza di piogge sono venute con frequenze alle quali non siamo abituati qui. Basta pensare che dagli inizi del 2000 ad oggi c’è stato uno shock climatico quasi ogni anno, mentre prima l’intervallo era di ogni 4-5 anni”, spiega Innocente. È chiaro, quindi, che esiste un’interazione tra l’insolita attività ciclonica e l’invasione delle locuste, aggravata da piogge insolitamente abbondanti.
C’è un legame tra il cambiamento climatico e la crisi senza precedenti dell’invasione delle locuste che affligge l’Etiopia e l’Africa orientale António Guterres, segretario generale dell’ONU
Anche António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato: “C’è un legame tra il cambiamento climatico e la crisi senza precedenti dell’invasione delle locuste che affligge l’Etiopia e l’Africa orientale. Mari più caldi significano più cicloni che generano il terreno fertile ideale per le locuste. La situazione peggiora di giorno in giorno”.
Conseguenze ed impatti dell’invasione delle locuste
Il potenziale di distruzione è enorme – uno sciame di locuste di un chilometro quadrato è in grado di mangiare, in un giorno, la stessa quantità di cibo di 35mila persone, ha calcolato la Fao. Questo potrebbe avere conseguenze devastanti in una regione già vulnerabile, causare danni su larga scala alle colture e incidere sulla sicurezza alimentare di quei paesi già colpiti dalla siccità ricorrente, dalle piogge improvvise e dalla presenza di conflitti sul territorio. “Nella proiezione più veritiera ci saranno impatti gravi e localizzati”, ha evidenziato Innocente. “Ovviamente la proiezione peggiore ipotizza che questa localizzazione sarà talmente diffusa da avere un riscontro su scala nazionale”.
Se la crisi non dovesse rientrare, l’invasione potrebbe costringere alcune comunità più duramente colpite ad abbandonare le loro terre per sopravvivere. Secondo Save the Children, l’impatto delle locuste sulle coltivazioni e sui pascoli sarà molto pesante. Più di 10 milioni di persone già costrette a vivere in una condizione di grave insicurezza alimentare in Etiopia, Kenya, Somalia e Sudan si trovano in aree attualmente colpite dall’invasione di locuste ed 3,24 milioni di persone in Uganda e in Sud Sudan sono fortemente minacciate dalla diffusione degli sciami. È ancora presto, però, per un bilancio certo: la crisi va avanti da mesi ma sembra non essere affatto vicina alla fine.
Operazioni di controllo e possibili soluzioni
La responsabilità di effettuare controlli sulle locuste spetta ai governi nazionali coadiuvati dalle organizzazioni internazionali per far fronte alle situazioni di crisi. Le locuste hanno iniziato a moltiplicarsi nel sud della penisola araba, una regione che sta attraversando una fase di instabilità politica e di conflitto. Secondo alcuni esperti, questo può aver ostacolato i metodi di individuazione precoce e di prevenzione. Nelle fasi di prevenzione, lo step cruciale prevede l’interruzione del processo di trasformazione delle saltatrici in esemplari adulti.
“In questo momento siamo arrivati ad una quasi scomparsa degli sciami ma stiamo ricevendo rapporti che hanno individuato dei gruppi di saltatrici, quella fase in cui le locuste sono senza ali e si cominciano ad aggregare dopo la schiusa delle uova. Ci aspettiamo che questi gruppi comincino a formare le ali e gli sciami nelle prossime settimane quindi, in questo momento, tutti gli sforzi di controllo sono nell’individuazione di questi gruppi e nel cercare di applicare i pesticidi prima che comincino a volare”, ha spiegato Innocente. Anche per Keith Cressman questo sembra essere l’unico modo per arginare l’invasione: “L’attenzione si concentrerà sull’impedire che le saltatrici diventino adulte, perché questo porta a un altro ciclo di infestazione. Vogliamo evitare che ciò accada. Vogliamo consigliare i governi in anticipo, prima che si verifichi l’infestazione”.
Perché le locuste del deserto sono così difficili da controllare?
Sono molte le ragioni che spiegano le difficoltà di controllare le locuste nel deserto, secondo la Fao. Innanzitutto, si tratta di un’area d’azione estremamente ampia, con luoghi spesso remoti e difficilmente accessibili. Inoltre, alcune zone sono poco sicure, per la presenza di mine antiuomo, per esempio, o per conflitti in corso. Nei paesi colpiti, spesso, le risorse per il monitoraggio sono limitate, le infrastrutture di base sono poco sviluppate ed è difficile mantenere un numero adeguato di personale addestrato e di risorse operative durante i lunghi periodi di recessione quando l’attività delle locuste è scarsa o nulla. A queste problematiche, si aggiungono: le complessità delle relazioni politiche tra i paesi colpiti, la difficoltà di prevedere i focolai e di organizzare le operazioni di controllo per il trattamento dei pesticidi.
The challenge in #DesertLocust control is that they are mainly in the remote parts of ?? with vast tracts lands, coupled with their unpredictable nature and ability to move 100-200km per day. See link on latest update @FAOemergencies https://t.co/dcQi0jt7xo pic.twitter.com/oEFUC0pk76 — FAO in Kenya (@FAOKenya) March 11, 2020
Per far fronte alla crisi imminente, la Fao ha lanciato un appello per raccogliere 138 milioni di dollari per sostenere un’efficace azione preventiva contro il deterioramento della situazione attraverso rapide operazioni di controllo e sorveglianza.
Ma potrebbe non essere sufficiente. Gli esperti prevedono un forte aumento del numero di locuste nei prossimi mesi. Alcune parti dell’Africa orientale, tra cui il Kenya e la Somalia, potrebbero vedere un aumento delle dimensioni degli sciami – fino a 400 volte – entro giugno, quando gli insetti si riprodurranno nuovamente. Anche ora, tra marzo e aprile, si formeranno nuovi sciami “immaturi” con nuovi avvistamenti fino in Afghanistan orientale, in Iran e in Belucistan, così come nel Pakistan sudoccidentale.
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