Le Olimpiadi di Parigi 2024 hanno un impatto umano e sociale che spesso non vuole essere calcolato. Abbiamo fatto un viaggio alla ricerca dell’umanità di Parigi, tra i più “indesiderabili” e invisibili.
“Durante la settimana chiudo le finestre perché è troppo caotico. Dal lunedì al venerdì mi sveglio con il suono dei clacson, alle 8 del mattino è già tutto intasato”, spiega indicando il vicolo sotto casa Alexandre Schon, membro del Comitato di vigilanza sulle Olimpiadi di Parigi 2024, il cui scopo è quello di raccogliere e diffondere informazioni sull’organizzazione dei Giochi riunendo associazioni e gruppi di cittadini delle aree interessate dall’evento. “Per via dello svincolo autostradale tutto il traffico si concentra qui”, e l’aria è irrespirabile, il rumore continuo. Il progetto di sviluppo del nodo di scambio di Pleyel (A86) e Porte de Paris (A1) a Saint-Denis, comune periferico di Parigi situato nel dipartimento della Seine-Saint-Denis, il più povero di tutta la Francia, è stato strutturato per migliorare l’accesso al quartiere Pleyel e le condizioni del traffico.
“I promotori hanno dichiarato che lo svincolo avrebbe avuto benefici ambientali e una migliore integrazione della natura”, ma secondo degli studi sull’aria realizzati tra settembre e ottobre 2023, “si sono registrati picchi di oltre settantacinque microgrammi per metro cubo di biossido di azoto”. Prima e durante l’apertura dello svincolo. “Le raccomandazioni dell’Oms sono di dieci microgrammi per metro cubo per anno”, e qui si è sette volte sopra i termini fissati. “Stiamo costruendo una ‘fabbrica d’asma’ che costerà molto alla collettività”, continua Alexandre. A Saint-Denis si concentrano quasi l’80 per cento degli investimenti pubblici sostenuti dalla Società di consegna delle opere olimpiche (Solideo), che si occupa delle spese di realizzazione dell’evento insieme al Comitato organizzatore dei Giochi Olimpici e Paralimpici (Cojop).
“Con questi investimenti i residenti locali beneficeranno dei Giochi sia durante che dopo le competizioni. Stiamo realizzando trasformazioni sostenibili per creare un ambiente di vita più verde, più calmo e più equilibrato”, ha dichiarato Stéphane Troussel, presidente del Consiglio dipartimentale di Seine-Saint-Denis, parlando del futuro dell’area dopo le Olimpiadi di Parigi. Ma la realtà dice altro. Lo svincolo funziona come una rotatoria a doppio senso per entrare e uscire dalla zona, inglobando le abitazioni e il complesso scolastico Pleyel-Anatole-France con i suoi 700 bambini in un triangolo di smog e inquinamento. Un rapporto intitolato “Ingiustizia sociale nell’aria. Povertà dei bambini e inquinamento atmosferico”, stilato dall’Unicef e dalla rete Action Climat France, evidenzia che a pagare il prezzo più alto sono i più vulnerabili.
“Questo rapporto prende d’esempio la situazione della scuola Anatole-France, illustrando il legame tra l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane e le condizioni di vita precarie. Le persone che vivono in queste condizioni non possono andarsene come me, te, o altri”, perché non hanno i mezzi.
Con circa diecimila auto che passano nella zona ogni giorno, e il numero degli ingorghi che continua a salire, l’impatto ambientale e sanitario preoccupa i residenti e le associazioni della zona, che già nel 2020 avevano presentato ricorso alla Corte amministrativa d’appello di Parigi per annullare il decreto che stabiliva la delibera del progetto. “La soluzione è ridurre la mobilità individuale e aumentare quella collettiva”, potenziando i mezzi già presenti, continua Alexandre. Ma la finalizzazione del progetto è stata accelerata dalle Olimpiadi: “Lo svincolo permette agli atleti di uscire dall’autostrada ed entrare direttamente nel Villaggio degli Atleti”, passando sopra la salute dei cittadini.
Mentre il processo di gentrificazione è già in atto a Saint-Denis, l’eredità promessa delle Olimpiadi di Parigi è intrisa di un senso di vaghezza e illusione, complice la destinazione dei progetti e la loro portata. Secondo Matthieu Dréan, coordinatore generale della missione periferia di Médecins du Monde, “siamo in presenza di un contesto legato alla pulizia sociale che oggi è molto visibile, dal momento che le popolazioni rom della zona hanno difficoltà a rimanere nell’area, nonostante la situazione si protragga da quarant’anni e la politica di riduzione delle baraccopoli adottata dallo Stato non venga attuata nella zona”.
Ma questa è una pratica costante di tutti i Giochi Olimpici, “quindi è lo Stato che sta approfittando dei Giochi per ripulire Parigi e le sue periferie, o sono le Olimpiadi a indurre questo tipo di pratica?”.
Il centro di accoglienza, assistenza e orientamento di Médecins du Monde a Saint-Denis sarà temporaneamente chiuso durante le Olimpiadi di Parigi. “Abbiamo deciso di chiudere il sito al pubblico dal primo luglio al quindici settembre poiché prevediamo un aumento dei controlli della polizia in questo periodo, soprattutto sui trasporti. La maggioranza delle persone che accogliamo sono migranti senza documenti, che sono maggiormente esposti ai controlli e al rischio di dover lasciare il territorio francese”.
Situato a poche centinaia di metri dai principali siti dei Giochi, il centro trasferirà le sue attività a Pantin e Bobigny, comuni vicini. “È una notizia terribile per noi, perché c’è il rischio concreto di perdere i nostri pazienti e interrompere le cure in corso. Molte persone rinunceranno all’assistenza sanitaria quest’estate, ed è molto difficile capire qual è, e quale sarà, l’impatto sulla loro salute”.
La metropolitana è densa di persone, bisogna aspettare la seconda corsa per salire. Il frastuono della linea 13, che collega Saint-Denis al centro, entra nelle orecchie come un grido: si mischia alle lamentele delle persone che rimangono fuori e non possono entrare nel vagone, a quelle di chi spinge e schiaccia i passeggeri, di chi sbuffa, di chi ha caldo, di chi vorrebbe non dover prendere la metropolitana ma non può fare altrimenti.
Durante i le Olimpiadi di Parigi il costo dei biglietti della metropolitana passerà dai 2,15 attuali, a 4 euro, contrariamente a quanto dichiarato nel 2021 da Tony Estanguet, presidente del Comitato organizzatore dei Giochi, che aveva promesso trasporti pubblici gratuiti per i detentori di un biglietto.
Il collettivo “Le revers de la médaille”, che conta circa 100 associazioni e ong che lavorano su Parigi e l’Île-de-France, denuncia espulsioni e sgomberi di massa di senzatetto, migranti, lavoratori del sesso, consumatori di droga, da luoghi occupati, accampamenti o baraccopoli, con spostamenti al di fuori della Regione. Non c’è spazio per gli “indesiderabili”, afferma Antoine de Clerck, coordinatore del collettivo, perché c’è un’immagine da mantenere.
Il rapporto uscito il 3 giugno 2024 – Un an de nettoyage social avant les JOP : “Circulez, y a rien à voir” – fa il punto sulle politiche repressive adottate dal governo francese verso questo tipo di popolazioni dal 26 aprile 2023 al 30 maggio 2024, basandosi su dati e osservazioni raccolti sul campo: nel periodo preso in esame sono stati registrati 138 sgomberi nella Regione dell’Île-de-France, di cui 4 baraccopoli, 34 accampamenti, 33 occupazioni abusive e 7 sgomberi di persone senza fissa dimora.
Gli sfratti hanno riguardato “12.545 persone, con un aumento del 38,5 per cento rispetto al periodo 2021-2022. Di queste, 3.434 erano minori, il doppio rispetto allo scorso anno e quasi il triplo rispetto al periodo 2021-2022”. Solo al 35 per cento di queste persone è stata offerta un’alternativa: sono necessari 20mila posti di alloggio di emergenza a livello nazionale, di cui settemila nella sola Île-de-France. Nel 2023, nel medesimo contesto, sono stati eliminati 3.000 posti negli alberghi sociali, la metà dei quali nel solo dipartimento di Seine-Saint-Denis.
Le operazioni di sgombero della polizia sono solitamente seguite da ricollocamenti in centri d’accoglienza chiamati Sas: “Si tratta di un programma volto a distribuire i senzatetto, soprattutto migranti, in dieci regioni della Francia, ad eccezione dell’Hauts-de-France, che si trova già in una situazione difficile, intorno a Calais, e in Corsica”. Il programma è stato elaborato a marzo 2023 e finanziato fino a fine 2024, spiega Antoine, “ma ufficialmente non ha nulla a che vedere con i Giochi Olimpici”. Questo prevede di trasferire i migranti in alberghi in zone periferiche lontane da Parigi: le strutture possono ospitare tra le cinquanta e sessanta persone per tre settimane, “ma queste spesso tornano indietro perché avevano le loro abitudini e talvolta un lavoro”.
Sono le sei del mattino di un freddo maggio quando la polizia evacua circa cento minori da un accampamento vicino la metro di Pont-Marie, ai bordi della Senna: le tende vengono ripiegate e gli zaini riempiti dei pochi oggetti personali, tutto velocemente. Arriva il bus, ma nessuno sale: molti dei giovani si vedono rifiutare il riconoscimento del loro stato di ‘minori’, e fanno ricorso portando il loro caso davanti a un giudice minorile. “Le Sas non sono per minori, perché loro devono aspettare la decisione dei giudici e non possono allontanarsi da dove risiedono”, spiega Antoine. Il tempo d’attesa per un’udienza cambia da un dipartimento all’altro, e può variare da poche settimane a mesi: nel frattempo ognuno è lasciato a sé stesso.
Sotto l’ombrello del collettivo “Le revers de la médaille” si sono unite anche diverse associazioni che si occupano delle lavoratrici del sesso per denunciare i ripetuti controlli amministrativi e le vessazioni della polizia di cui sono vittime le persone che assistono. Una politica repressiva “a oltranza” che rischia di mettere a rischio la salute e la sicurezza delle lavoratrici del sesso, costrette a cambiare il loro modo di lavorare e sotto pressione per l’aumento dei controlli.
Una politica che incoraggia le forme di sfruttamento, e il cui fine è quello di tenerle lontane dallo spazio pubblico. Per giustificare queste misure, la preoccupazione che “i grandi eventi sportivi, come i Giochi Olimpici”, possano portare ad un aumento della prostituzione o del traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Ipotesi smentite dal rapporto “Le Olimpiadi: un confino sociale per le lavoratrici del sesso”, stilato da diverse associazioni e gruppi di lavoratrici del sesso per sfatare i luoghi comuni sul lavoro sessuale, e che evidenzia come non ci siano prove che durante questo genere di manifestazioni ci sia un aumento di questi fenomeni.
Ci sono infine i duemila studenti che sono stati costretti a lasciare le loro residenze a Parigi durante i Giochi Olimpici, con l’Ombudsman francese per i Diritti Umani che ha annunciato a inizio anno l’avvio di alcune indagini su queste pratiche.
Mentre Saint-Denis cambia forma, si riscrive in altezza e ridelinea i propri confini abitativi, il futuro delle due principali infrastrutture dei Giochi, il Centro Acquatico e il Villaggio degli Atleti è ancora nebuloso. Per la fine del 2025 il Villaggio diventerà un eco quartiere residenziale, tra abitazioni – 25 per cento di alloggi sociali -, scuole, spazi verdi, negozi e uffici, ma non sembra essere stato pensato per gli abitanti della zona. Con un prezzo al metro quadro nettamente superiore a quello del quartiere fissato tra 4mila e 5mila euro, gli appartamenti sono attualmente in vendita a poco meno di 7mila euro al metro quadro, dopo un’iniziale prezzo fissato a 7.500.
Nell’ultimo rapporto della Fondation Abbé-Pierre, che lavora per garantire a tutte le persone svantaggiate l’accesso a un alloggio decente e una vita dignitosa, la crisi abitativa nel Paese è stata definita “senza precedenti”, e in netto peggioramento.
L’impatto degli alloggi lasciati in eredità dalle Olimpiadi di Parigi sembra nullo, o quasi. Il Centro Acquatico rimarrà al distretto, che però è carente di strutture sportive: secondo quanto riportato da Mediapart, “la Seine-Saint-Denis è il dipartimento della Francia meno dotato di piscine, con trentasei bacini per 1,6 milioni di abitanti”. Con il 53 per cento delle attrezzature risalenti a prima del 1994, i soldi spesi per il Centro – 175 milioni di euro – avrebbero potuto coprire i costi di dieci piscine, ma per ripensare un territorio ci vogliono volontà politica e sociale, non (solamente) soldi. E l’assenza di attrezzature limita la pratica sportiva, amplificando le disuguaglianze.
“I Giochi di Parigi 2024 si svolgeranno nel 95 per cento di infrastrutture temporanee o già esistenti per limitare le emissioni di carbonio associate ai nuovi cantieri”, si legge sul sito ufficiale delle Olimpiadi di Parigi2024. Dietro alla costruzione delle principali infrastrutture dei Giochi si trovano però lavoratori migranti, perlopiù irregolari: secondo una recente inchiesta del New York Times, Parigi avrebbe falsificato i dati degli infortuni e delle morti sul lavoro registrati durante i quattro anni di lavori. Infatti, mentre i dati del governo evidenziano meno di 200 feriti nei siti olimpici e nessun morto durante il periodo in esame, l’inchiesta del Nyt indica che mentre alcuni degli incidenti mortali sarebbero stati omessi dal conteggio olimpico, gli infortuni sarebbero stati spesso gestiti in nero.
Nel giugno 2022 dieci lavoratori senza documenti hanno denunciato il loro “sfruttamento”, affermando di aver lavorato al Villaggio olimpico senza contratto di lavoro, buste paga, ferie e straordinari pagati, e facendo causa a diverse imprese edili francesi assegnate ai lavori. Il 17 ottobre 2023, circa 200 lavoratori in nero si sono ritrovati davanti al cantiere dell’Arena Porte de la Chapelle per chiedere la loro regolarizzazione e l’abbandono della legge sull’immigrazione e l’asilo Darmanin – successivamente approvata il 19 dicembre -, mentre altri 35 picchetti si registravano in tutta la Regione dell’Île-de-France in quello che è stato definito come uno dei più grandi scioperi di lavoratori senza documenti degli ultimi anni. “I compagni sono riusciti a concordare con il Comune di Parigi e la CNT (Confederazione nazionale del lavoro) la consegna del Cerfa, il contratto che permette alla prefettura di regolarizzare i lavoratori senza documenti, ma per ora nessuno è stato regolarizzato. I dossier sono bloccati”, afferma Anzoumane Sissoko, portavoce del CSP 75 (Coordinamento 75 dei Sans Papiers).
L’impatto sociale e umano sui più fragili e vulnerabili è una conseguenza che non vuole essere calcolata nell’organizzazione di questi grandi eventi, che identificano la sostenibilità come un fatto prettamente legato all’ambiente, non alla dignità degli individui. L’effetto della disumanizzazione dei quartieri, di coloro che li vivono, delle loro consuetudini, alimenta l’impoverimento della coscienza collettiva e l’invisibilizzazione dell’oppresso.
Una riflessione più profonda sul concetto di sostenibilità va fatta partendo da ciò che siamo noi che abitiamo i luoghi, che costruiamo e creiamo comunità.
Su quello che lasciamo, soprattutto. Prima ancora di chiedersi quale sarà l’eredità di questi Giochi Olimpici, dovremmo chiederci quali sono gli effettivi benefici che apportano alle comunità che abitano i luoghi designati per ospitare questi eventi, che non scelgono ma subiscono la loro portata. Se quindi hanno ancora senso di esistere per come le abbiamo conosciute finora.