In una regione ricca di tesori come il Molise, grazie alla combinazione di materie prime eccellenti, nasce la pasta che rispetta il territorio e le persone.
Lo sviluppo della nostra specie, un granello di sabbia nell’enorme clessidra della storia del pianeta che nel giro di poche migliaia di anni è riuscita a espandersi in tutto il globo, è stato possibile anche grazie alla coltivazione dei cereali. Si ritiene che la domesticazione del genere Triticum (che comprende grano e frumento) risalga a circa 12mila anni fa, in un’area compresa tra il mar Mediterraneo, il mar Nero e il mar Caspio, conosciuta come Mezzaluna fertile. Lo sviluppo dell’agricoltura ha radicalmente cambiato la storia dell’uomo, modificandone tanto lo stile di vita quanto la cultura, tanto che può essere assimilata a invenzioni epocali, come la scrittura.
Nessun’altra pianta ha influenzato la storia dell’Homo sapiens come il frumento, che ha segnato il passaggio dal nomadismo alla stanzialità. I cereali, che devono il loro nome alla dea Cerere, antica divinità delle coltivazioni, grazie al loro elevato valore calorico hanno permesso lo sviluppo delle antiche civiltà. Per comprendere l’importanza del grano nell’evoluzione del genere umano, basti pensare che in molte antiche culture era presente in miti e leggende ed era ritenuto un dono degli dei.
Quella dei cereali è dunque una storia che parte da lontano e che riverbera fino ad oggi. Le varietà che utilizziamo adesso sono infatti frutto di una selezione genetica iniziata migliaia di anni fa, quando, sfruttando le mutazioni genetiche naturali e scegliendo le caratteristiche migliori, è avvenuto il passaggio da forme selvatiche a varietà coltivate. Si stima che, attualmente, circa il 70 per cento delle terre coltivate sia destinato alla produzione di cereali.
Col passare degli anni il cibo è stato spogliato di ogni accezione storica e culturale, e degradato a mera merce. Le sue maglie si sono irrimediabilmente allargate e si sono frapposti numerosi passaggi tra la produzione e il consumo dell’alimento, diluendone così il legame con le comunità e i territori di appartenenza. In un’epoca di delocalizzazione della produzione e di alimenti che percorrono migliaia di chilometri su ruote, nave e aereo prima di giungere sulle nostre tavole, la produzione locale e il controllo della filiera rappresentano pertanto un prezioso valore aggiunto.
La filiera corta, cioè caratterizzata da un numero limitato di passaggi produttivi, è sostenibile sia da un punto di vista ambientale che sociale. Consente infatti di ridurre notevolmente i trasporti e le emissioni correlate, e di limitare gli sprechi. Il tracciamento della filiera offre inoltre un’ulteriore garanzia di qualità. Il controllo dell’intero processo produttivo soddisfa così il crescente desiderio di trasparenza dei consumatori, specie in ambito alimentare.
La Molisana, storico pastificio del Molise, può vantare una filiera integrata e controlla l’intero processo di produzione, dal chicco di grano alla tavola. Per la propria pasta l’azienda utilizza esclusivamente grano duro italiano coltivato nelle regioni del Centro-Sud: Molise, Marche, Puglia, Lazio e Abruzzo. Ci siamo recati in Molise, a Campobasso, dove sorge il pastificio, per capire come nasce la pasta La Molisana, indissolubilmente legata al territorio e alle persone che lo abitano.
La filiera integrata, oltre che un vantaggio competitivo sul mercato, garantisce un ridotto impatto sull’ambiente. “Questa strategia ci consente di abbattere i consumi e le emissioni riducendo al minimo gli spostamenti. Questo si riflette naturalmente anche nell’approvvigionamento della materia prima da regioni limitrofe e dal ricorso ai contratti di filiera. Tale scelta, oltre che da ragioni di prossimità, è dettata anche da condizioni climatiche e ambientali. Acquistiamo infatti grano duro dalle regioni più vocate a questo tipo di agricoltura. Il grano italiano è ora ritenuto il migliore al mondo, ma non è sempre stato così. Oggi, grazie alla ricerca, abbiamo ottenuto un notevole miglioramento”, spiega Giuseppe Ferro, amministratore delegato de La Molisana.
La filiera integrata è uno dei fiori all’occhiello dell’azienda. Questo implica seguire tutto il processo produttivo, partendo dal grano che nasce nel campo fino al silos e che poi dal silos va nel molino per la macinazione, per essere trasformato in semola destinata alla pastificazione. Significa avere perfettamente sotto controllo i costi e garantire una qualità di eccellenza assoluta. Si tratta di un plus che pochissime aziende in Italia possono dire di avere.
Giuseppe Ferro, amministratore delegato del pastificio
La riscoperta dei grani italiani, provenienti dalle regioni di prossimità, oltre a garantire ai consumatori solo pasta realizzata al 100 per cento con grano locale, rappresenta un prezioso supporto ai piccoli produttori, consentendo loro di migliorare la propria competitività, incentivando così lo sviluppo delle produzioni autoctone per ridurre le importazioni dall’estero.
Supporto che si è tradotto nei contratti di filiera, che garantiscono loro la sicurezza di un legame stabile, un prezzo minimo garantito e il conferimento di premialità sul prezzo di vendita. “Gli accordi di filiera rappresentano una garanzia sia per gli agricoltori che per La Molisana”, ha affermato Giuseppe Colombo, uno degli agricoltori che collabora con l’azienda di Campobasso. “In questo modo i primi, grazie al prezzo minimo garantito, sono tutelati anche in caso di fluttuazioni del mercato, mentre l’azienda può contare su un prodotto tracciato e controllato”.
Molino e pastificio sorgono a pochi metri l’uno dall’altro, restituendo ancora di più l’idea di filiera corta e controllata. All’interno del molino l’odore di semola satura l’aria. L’immagine romantica, ma anche illusoria, del vecchio molino rappresentato nelle pubblicità lascia spazio a una struttura moderna e meccanizzata, dotata di tecnologie all’avanguardia. Come le semolatrici, che servono a setacciare lo sfarinato con un costante movimento oscillatorio, e la selezionatrice ottica, grande e sofisticato macchinario in grado di analizzare i chicchi e scartare le impurità garantendo la qualità del prodotto.
Domina il bianco: colore dei muri, dei macchinari e dello sfarinato. Contorti tubi bianchi si intrecciano come i rami di una foresta, distribuendo la semola appena macinata.
Alcuni sorprendenti strumenti al servizio della qualità della pasta sono le selezionatrici ottiche in dotazione al molino. “Sono macchine innovative che riescono a depurare il grano da chicchi impuri o non idonei, ad esempio macchiati, oppure dalla soia”, precisa Palladino. “Grazie alle selezionatrici ottiche riusciamo a scansionare il 97-98 per cento dei chicchi a notevole velocità”.
Tra le tecnologie di cui si avvale il molino c’è la decorticazione a pietra del grano duro, uno dei tratti distintivi dell’azienda. Questo processo ha un duplice vantaggio: da un lato purifica il chicco ripulendolo da batteri e tossine, dall’altro ne esalta il gusto naturale e il valore nutrizionale. “La decorticazione a pietra consente un notevole abbattimento della carica batterica presente sulla superficie del chicco. Rimuovendo uno strato sottile riusciamo a togliere almeno il 90 per cento della carica batterica, ci spiega Massimo Palladino, capo mugnaio de La Molisana. “Nel corso degli anni abbiamo capito che la decorticazione va fatta in modo delicato, così da non danneggiare la qualità del grano stesso”.
Il molino, attivo 24 ore su 24, sette giorni su sette, produce oltre 5.800 quintali di semola al giorno. Potrebbe produrne anche di più, ma – scelta inconsueta nell’attuale panorama industriale che mira all’iper-produttività – si è preferito moderare la quantità, in nome della qualità. “La proprietà ha deciso di sottodimensionare la produzione giornaliera per macinare in modo delicato il grano, in modo tale da conservarne intatte tutte le qualità”, afferma Palladino. “Nel corso degli anni abbiamo capito che la macinazione delicata, che comporta numerosi passaggi in più rispetto a quella praticata in un molino tradizionale, dà dei risultati notevolmente migliori in termini di qualità. Influenza il prodotto anche dal punto di vista nutrizionale e del gusto, migliorando la tenacità della pasta e conferendole un sapore più dolce. Possiamo anche avere a disposizione le materie prime di migliore qualità ma, se il grano viene macinato male, la pasta che ne scaturisce ne risente. Per questo è così importante la macinazione, aspetto che comprende a fondo solo chi lavora in questo campo da tanto tempo”.
Due soli ingredienti selezionati, grano duro italiano e acqua di sorgente, come in un’arcana formula alchemica, generano una pasta speciale. L’acqua utilizzata da La Molisana sgorga dal parco del Matese, un’area protetta ancora integra, appena scalfita dall’impatto antropico, che sorge tra Campania e Molise.
L’acqua, onnipresente nel parco sotto forma di sorgenti cristalline, laghi placidi e impetuosi torrenti, ne ha letteralmente modellato il paesaggio. Queste montagne sono infatti costituite prevalentemente da calcare, roccia particolarmente soggetta al carsismo e all’instancabile lavorio dell’acqua. Ai piedi del massiccio si trovano importanti sorgenti, come quelle molisane di Bojano, dove nasce il Biferno, e quelle del versante campano.
Anche l’aria, pura e impalpabile, contribuisce a rendere questo luogo così adatto per la produzione cerealicola. Il pastificio de La Molisana sorge a 730 metri di altitudine, non distante dai Monti del Matese, ed è il più alto del Centro-Sud. Proprio dal massiccio del Matese l’azienda capta l’acqua con cui impasta le semole per creare la pasta. Un’acqua che ha caratteristiche oligominerali, un basso residuo fisso ed è povera di sodio e di nitrati.
Acqua, terra e aria in Molise si combinano in modo unico. L’agricoltura sembra integrata nel paesaggio, farne parte, non dominarlo. Campi di grano, oliveti, vigneti e macchie boscose, circondati e protetti dalle montagne, si alternano componendo un mosaico armonioso. Si ha l’impressione di assistere a una coesistenza che altrove non esiste. Sembra che ci sia qualcosa di diverso in Molise, ma definire il “cosa” è difficile e aleatorio, un po’ come da nomea di questa regione, talmente sfuggente che si dice non esista.
In un campo di grano non lontano da Campobasso, all’imbrunire, ammaliati dal volo radente delle rondini a caccia appena sopra il dorato mare di grano maturo, incontriamo l’agronoma Oriana Porfiri che ci spiega passato, presente e prospettive future del frumento duro.
“Questi territori sono naturalmente vocati alla coltivazione del frumento duro, coltura tipicamente mediterranea. Nel corso del tempo, noi agronomi ci siamo occupati della selezione di nuove varietà di frumento duro, adatte ai diversi ambienti e alle diverse condizioni agronomiche”. La sfida attuale è quella di rendere il grano resistente alla crisi climatica in corso, caratterizzata da temperature sempre più elevate e precipitazioni sempre più scarse.
Negli ultimi anni stiamo focalizzando il nostro lavoro verso la sostenibilità. Cercando di ottenere piante che da un lato sono più resistenti ai cambiamenti climatici, più rustiche e resilienti, dall’altro più tolleranti e resistenti alle malattie, aspetto che ci consente di ridurre l’uso di prodotti chimici e, quindi, di mitigare l’impatto ambientale in questa direzione.
Oriana Porfiri, agronoma
In tal senso la tecnologia offre un supporto importante e consente di praticare quella che viene definita agricoltura di precisione. “Una volta ottenuto un nuovo tipo di piante, magari più adattabili, dobbiamo infatti anche aiutare l’agricoltore a coltivarle nel migliore dei modi. Per questo forniamo supporto all’agricoltore dal punto di vista tecnico” spiega l’agronoma. “Negli ultimi anni, ad esempio, abbiamo iniziato a utilizzare strumenti come droni e satelliti, possiamo sfruttare stazioni meteo diffuse sul territorio e programmi statistici che ci permettono di aiutare l’agricoltore a fare le scelte giuste dal punto di vista agronomico. L’obiettivo principale è quello di aumentare l’efficienza degli interventi e, al contempo, di ridurne l’impatto ambientale”.
Gli agricoltori che producono per La Molisana dispongono inoltre di uno strumento di web assistance come supporto decisionale per la coltivazione del grano. Il Sistema di supporto alle decisioni sviluppato da Horta è in grado di creare modelli previsionali sullo sviluppo del suolo, della pianta e delle malattie, aiutando l’agricoltore a gestire i campi in maniera sempre più innovativa e sostenibile.
“In questa direzione va anche l’agricoltura integrata”, prosegue Porfiri. “Non facciamo più interventi calendarizzati in periodi prestabiliti, bensì interventi specifici e mirati se c’è realmente bisogno. Il grano duro viene coltivato in territori molto diversi che sono sì tipicamente mediterranei ma molto variegati, quindi in ogni situazione abbiamo bisogno di intervenire in maniera puntuale e precisa”.
In Italia il grano duro, con circa un milione e 300mila ettari di superficie coltivata, è il cereale più diffuso. Per legge, nel nostro Paese per la produzione di pasta può essere utilizzata solo semola di grano duro, il che rende la pasta secca italiana unica al mondo. Ma quali sono le differenze tra grano duro e grano tenero?
“Il primo si chiama così proprio perché ha una struttura molto tenera, e quindi il chicco si rompe facilmente, mentre il chicco di grano duro è vitreo e più resistente”, precisa Porfiri. “Dal punto di vista nutrizionale il grano duro ha un maggior contenuto proteico. Se invece lo guardiamo dal punto di vista prettamente calorico, nel grano tenero abbiamo un maggior numero di calorie, dato che ha un maggior contenuto di amido che è uno zucchero complesso, quindi più calorico. Il grano duro è probabilmente più digeribile del grano tenero. La pasta realizzata con il grano duro ha una maggiore tenacità, una maggiore consistenza e ha una buona tenuta alla cottura”.
La sostenibilità dell’azienda molisana non si limita alle fasi di approvvigionamento delle materie prime e alla produzione di pasta, ma riguarda numerosi aspetti, dalla gestione circolare dei rifiuti al packaging. La ricerca della riduzione dell’impatto ambientale è costante e trasversale, parte fin dalle prime fasi, grazie all’agricoltura di precisione, permea tutta la produzione, con il ricorso all’energia sostenibile, e arriva fino al consumatore.
Dal 2011, anno in cui la famiglia Ferro, già proprietaria della F.lli Ferro – Semolerie Molisane snc, ha acquisito lo storico pastificio La Molisana, sono state numerose le iniziative introdotte per portare l’azienda sulla strada della sostenibilità ambientale e sociale. Come prima cosa, si è puntato a rendere sempre più efficiente il processo produttivo, investendo costantemente nell’innovazione degli impianti, riducendone il consumo energetico. Il passo successivo è stato quello di investire in due impianti di trigenerazione. Si tratta di impianti di autoproduzione di energia elettrica, termica e frigorifera, in grado di soddisfare circa il 90 per cento del fabbisogno di energia elettrica del pastificio, il 100 per cento del fabbisogno di energia frigorifera ed il 20 per cento di quello di energia termica.
Per La Molisana innovazione e sostenibilità camminano di pari passo. Sostenibilità, all’interno di un circuito integrato come il nostro, significa partire dagli accordi di coltivazione per passare attraverso lo stoccaggio, la molitura e la pastificazione del prodotto stesso, fino al trasporto a destinazione.
Flavio Ferro, responsabile stabilimenti de La Molisana
Sostenibilità e innovazione, semplicità e tecnologia continuano a rincorrersi. “I punti salienti del nostro percorso di sostenibilità sono rappresentati da una localizzazione molto vicina, legata al raccolto della nostra materia prima in selezionate regioni italiane, per poi arrivare all’utilizzo di strumenti innovativi sia nel molino che nel pastificio”, dichiara Flavio Ferro. “Questo avviene nell’impianto molitorio, altamente innovativo, ma soprattutto nell’impianto di pastificazione, dotato di linee di pastificazione tra le più moderne al mondo che consentono, anche attraverso l’abbattimento delle tempistiche di essiccazione, un impatto ambientale notevolmente ridotto”.
“Potremmo dire che per diversi anni La Molisana, paradossalmente, è stata una startup con cento anni di storia”, prosegue Rossella Ferro, direttore marketing e comunicazione de La Molisana. “Perché questo pastificio ha effettivamente cento anni, ma soltanto nel 2011 è stato acquisito dalla famiglia Ferro che lo ha rilanciato. All’inizio abbiamo lavorato intensamente per rimettere in piedi il brand da un punto di vista della qualità e del marketing. In quel periodo sono state fatte molte scelte e molti investimenti che, quasi inconsciamente, andavano già nella direzione della sostenibilità sotto molti punti di vista. Da un punto di vista sociale, ad esempio, rimettere in sesto un pastificio in una regione come il Molise, che ha un’endemica arretratezza da un punto di vista strutturale, è stata un’impresa che ha creato un’importante opportunità di lavoro per i molisani, con ricadute positive per tutto l’indotto”.
La Molisana è strettamente connessa al territorio in cui opera e con cui, nel tempo, ha stretto un legame profondo. “Questa regione è davvero vocata per la produzione della pasta”, conferma Ferro. “Un territorio molto assolato, con un clima mite come il nostro, è perfetto per la produzione di grano e può contare su uno straordinario patrimonio idrico”.
Se riusciamo a produrre questa pasta è proprio perché siamo irrepetibilmente nel Molise, che offre peculiari condizioni ambientali non riproducibili altrove. Questi due ingredienti di cui è fatto il nostro prodotto sono veramente puri e devono tutto all’ambiente incontaminato in cui insiste il nostro pastificio.
Rossella Ferro, direttore marketing e comunicazione de La Molisana
La scelta de La Molisana di utilizzare solo grano italiano, proveniente da determinate regioni, poteva rappresentare un rischio, poiché la produzione del grano è legata alle condizioni climatiche e atmosferiche. “Alle nostre spalle avevamo però un pool di agronomi esperti e una proprietà che da quattro generazioni ha letteralmente le mani nel grano, con un know how ben definito”, dice Ferro. “Questa scelta è stata premiata e ha avuto numerose ricadute positive sull’intero territorio, sia da un punto di vista occupazionale che culturale e identitario”.
La sostenibilità ambientale cui l’azienda tende si riflette anche nel packaging. Dal 2020, infatti, la pasta è racchiusa in un nuovo pack in carta riciclabile certificata Fsc. “La scelta dei pacchi in carta è stata fatta prevalentemente per l’amore per l’ambiente, perché siamo consapevoli di quanto sia importante utilizzare imballaggi che siano progettati per ridurre l’impatto ambientale ed essere riciclabili”, spiega Ferro. L’adozione del nuovo pack, realizzato con carta Kraft proveniente da foreste e cartiere gestite in maniera responsabile, ha permesso all’azienda di immettere sul mercato circa 230mila chili in meno di plastica all’anno.
Per chiudere il cerchio e ridurre ulteriormente l’impatto ambientale delle proprie confezioni, La Molisana ha aderito al progetto Impatto Zero di LifeGate, compensando l’impronta delle confezioni e dei cartoni della pasta attraverso la riforestazione e la tutela delle foreste nel Madagascar, Brasile e Parco del Ticino.
La Molisana, a conferma della propria vocazione sostenibile e sincera, ha recentemente pubblicato il suo primo bilancio di sostenibilità. Il rapporto sviscera i pilastri strategici di sostenibilità dell’azienda, ovvero: filiera locale e tracciabilità, impegno verso l’ambiente, innovazione e sviluppo di nuovi prodotti, le persone e la comunità.
Viene inoltre evidenziato il contributo offerto da La Molisana al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable development goals, Sdgs) delineati dalle Nazioni unite nel 2015 con l’obiettivo di far fronte alle più urgenti sfide globali in ambito economico, sociale e ambientale.
L’azienda, in particolare, sta contribuendo attraverso le sue attività al raggiungimento di undici Obiettivi di sviluppo sostenibile. Tra questi l’obiettivo Zero fame, attraverso l’adozione di sistemi di produzione alimentare sostenibili e lo sviluppo di pratiche agricole resilienti ai cambiamenti climatici, volte ad aumentare la produttività e la produzione e, al contempo, conservare gli ecosistemi.
Il Molise è la seconda regione più piccola d’Italia, dopo la Valle d’Aosta, ed è tutt’oggi fuori dal grande circuito turistico. Eppure può vantare una sorprendente varietà di ricchezze naturalistiche, storiche e paleontologiche.
Ce ne rendiamo definitivamente conto allontanandoci qualche chilometro da Campobasso e dirigendoci a Carpinone, piccolo borgo medievale abbarbicato tra foreste e rocce, in provincia di Isernia. Qui ci attende Stefano Tamasi di Molise in action, associazione nata nel 2019 proprio per valorizzare le peculiari ricchezze naturali e culturali del territorio. Tamasi ci guida in un bosco misto di faggio, quercia e carpino e, piano piano, il rumore dell’acqua si fa sempre più potente. Stiamo per raggiungere la cascata di Carpinone. Siamo all’interno di un’area protetta non istituzionale, nata dal basso, da “noi”, dice con genuino entusiasmo Tamasi. Sono infatti i volontari di Molise in action che puliscono sentieri e mantengono curata l’area.
Il suono della cascata, la cui portata è resa particolarmente vigorosa dalle piogge del giorno precedente, sovrasta ormai i pensieri. Il pulviscolo generato dalla cascata viene inalato come un aerosol e, gradualmente, sembra permeare l’intero essere, ricordandoci che anche noi, in prevalenza, siamo fatti di acqua. L’acqua ci circonda, viene trasportata dall’aria, precipita ruggendo dalla cascata, scorre di fianco a noi nella perpetua corsa per giungere al mare e gronda dalle rocce.
“Vieni qui e ascolta”, mi esorta Tamasi, invitandomi a posizionarmi sulle rocce appena sopra il torrente. “Qui puoi sentire il rumore dell’acqua come fosse in stereofonia. Il rumore della cascata da una parte e lo scorrere del torrente, amplificato dalla gola, dall’altra. È come se la cascata fosse la chitarra solista, mentre il torrente è il bassista che, in sottofondo, scandisce il suono della musica dell’acqua”.
Quello che sembra trasversale, ascoltando i molisani, è il senso di appartenenza, il legame con la loro terra. Proprio per contribuire allo sviluppo della regione in cui è nata e opera, e cui deve tanto, La Molisana ha intrapreso numerose iniziative.
“Da un punto di vista della sostenibilità sociale l’azienda ha fatto tanto per restituire qualcosa al territorio cui è legata, dal sostegno alle case famiglia, al supporto al comparto culturale e folkloristico. Possiamo citare, ad esempio, la manifestazione Jazz in campo o la tradizionale Festa del grano, che sponsorizziamo”, afferma Ferro. Il pastificio ha inoltre realizzato il progetto di marketing Molise calling, nato per dare visibilità alle piccole e medie imprese della regione.
Innovazione e avanguardia tecnologica sono tra i pilastri de La Molisana. L’innovazione, come abbiamo visto, riguarda i siti lungo tutta la filiera, al fine di rendere più efficiente il processo produttivo, ma non solo. Si declina infatti anche nello sviluppo di nuovi prodotti, come gli originali formati di pasta. Nonostante la pasta sia l’alimento italiano più noto, l’azienda molisana ha dimostrato che è possibile essere innovativi anche in questo campo, sperimentando formati non convenzionali.
“I nuovi formati di pasta che abbiamo creato, a partire dal Trighetto, lo spaghetto triangolare, al sedano quadrato Quadrotto, fino al Rigacuore, il rigatone a forma di cuore, stanno avendo successo”, ha dichiarato Fabio Bruno, capopastaio de La Molisana. “Per noi è importante ricercare l’innovazione anche nella creazione della pasta, per offrire nuovi prodotti che possano incuriosire i consumatori, al tempo stesso garantendo sempre lo stesso standard qualitativo”.
Ma quali sono, in ultima analisi, le caratteristiche che deve avere una pasta per essere considerata eccellente? “Ci sono vari fattori che concorrono alla creazione di una pasta eccellente. Secondo me, però, deve innanzitutto garantire sempre la medesima qualità”, afferma Bruno. “È fondamentale avere la costanza di dare sempre lo stesso prodotto, tutto l’anno, in tutte le stagioni. Questo è un aspetto che riusciamo a garantire perché, avendo il nostro molino, abbiamo la possibilità di lavorare direttamente la materia prima, di avere sempre la stessa semola e di creare noi la nostra miscela. In questo modo siamo certi abbia sempre un buon tenore di proteine”.
Da oltre un secolo il pastificio si rinnova restando fedele a se stesso e al territorio in cui affonda le proprie radici. Perché, per creare una buona pasta, non servono altro che buon grano, acqua pura e passione.