Come si rigenera il suolo per salvare il vino: l’esempio dell’Argentina

Come si rigenera il suolo per salvare il vino: l’esempio dell’Argentina

Nelle Ande argentine alcune aziende vitivinicole si prendono cura del suolo per resistere al riscaldamento globale e ai suoi effetti.

Tempo di lettura: 7 min.

Questo reportage è stato prodotto in collaborazione con il Pulitzer center 

Fin da bambina, Micaela Kuri è stata affascinata dal profumo del vino. Durante i periodi di vendemmia a Tupungato, un piccolo paese ai piedi delle Ande argentine, adorava esplorare i vigneti e le cantine della valle, scoprendo quella che sarebbe diventata la sua futura professione: l’enologia.

Siamo nella Valle de Uco, provincia di Mendoza, una delle più note regioni vitivinicole dell’Argentina. Qui si producono i migliori Chardonnay e Sauvignon Blanc del Paese – anche secondo il noto critico enologo britannico Tim Atkins –, con vini d’alta quota che acquistano colore, un profumo intenso e tannini succulenti.

Essendosi specializzata in agroecologia con un focus sulle zone aride e i cambiamenti climatici, Kuri sa bene che i vigneti della sua terra sono sempre più vulnerabili alla crisi climatica: ondate di calore, prolungate siccità, gelate primaverili e devastanti grandinate. Fenomeni sempre più intensi e frequenti che richiedono ai viticoltori grande capacità di adattamento e nuove soluzioni.


http://

Gli effetti della crisi climatica sulla viticoltura in Argentina

Se sottoposti a temperature elevate e a un’esposizione solare intensa, i grappoli rischiano di “scottarsi” proprio come la pelle umana, e di conseguenza subire modifiche nella loro composizione. E se l’uva muta, può risentirne anche la qualità del vino. La scottatura infatti porta alla formazione di aree necrotiche sull’acino che causano un decremento della produttività del vigneto e uve di minor pregio.

Le temperature più alte accelerano la maturazione dell’uva, con un aumento della concentrazione di zuccheri e una riduzione dell’acidità. Questo può rendere il vino più suscettibile all’ossidazione, poiché una bassa acidità riduce la capacità del vino di resistere agli effetti dell’ossigeno, compromettendo la freschezza, in particolare di vini bianchi, rosati e spumanti. D’altra parte il riscaldamento globale sta cambiando la wine belt (cintura del vino), ovvero il range di latitudine in cui la vite è coltivabile. Nuove zone di produzione vinicola si osservano nel sud del Regno Unito, Canada e in alcuni Paesi scandinavi

Se entro il 2050 l’aumento della temperatura media globale dovesse raggiungere i due gradi centigradi, si perderebbe circa il 56 per cento delle regioni vitivinicole nel mondo. A sostenerlo è uno studio condotto dall’Istituto nazionale francese della ricerca agronomica (Inra) e altri enti. Nello scenario di riscaldamento peggiore, a più 4 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale, l’85 per cento dei vigneti diventerebbe impossibile da coltivare.

Ma anche senza spingersi troppo in là con i gradi, già oggi l’industria del vino deve fare i conti con fenomeni climatici estremi. Secondo i dati pubblicati dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv), nel 2024 la produzione mondiale di vino è scesa tra l’1 e il 4 per cento. Si tratta dell’annata meno produttiva dal 1961. Dopo un disastroso 2023 dovuto a gelate primaverili e forti grandinate, le aziende vitivinicole argentine sono tornate a produrre quasi 11 milioni di ettolitri, un risultato positivo, ma ancora sotto media rispetto agli ultimi cinque anni. 

Oltre al freddo estremo, anche i periodi siccitosi minacciano i vigneti argentini. Nella provincia di Mendoza, dove si produce il settanta per cento del vino nazionale, le agenzie idriche hanno dichiarato lo stato di emergenza idrogeologica tra il 2010 e il 2018. Emergenza che secondo uno studio di vari centri di ricerca è stata uno dei principali motivi per cui la produzione di uva nella provincia di Mendoza – che conta 900 aziende vinicole, di cui 209 aperte al turismo – è diminuita del 15 per cento nel 2020. 

Tra gli indicatori più evidenti dei cambiamenti climatici si registrano vendemmie anticipate e una variazione sistematica dei tipi di uva coltivati, dove vengono scelte varietà di vini a maturazione tardiva come Malbec, Bonarda e Torrontés. Anche la graduale migrazione di vigneti verso zone più elevate è un segnale preoccupante per l’economia locale.


http://

Rigenerare il suolo attraverso la biodinamica

Micaela Kuri lavora come enologa per Ernesto Catena e Joanna Forster, proprietari della cantina L’Orange e l’azienda agricola Tikal Natural. Il suo motto “massima diversità porta resilienza” è un inno all’agricoltura rigenerativa come antidoto alla crisi climatica. Un atto di cura verso l’ecosistema più importante che abbiamo, ma che da troppo tempo trascuriamo: il suolo.

“Per noi che facciamo agricoltura e viticoltura è importante allontanarci dal concetto di coltivare solamente la pianta e cominciare ad occuparci della terra” spiega a LifeGate Micaela Kuri.

“Se lavoriamo e rigeneriamo il suolo possiamo ambire ad un’agricoltura resiliente agli effetti dei cambiamenti climatici: che si tratti di grandine, gelo, siccità, lavoriamo con piante che trovano nel terreno tutto ciò di cui hanno bisogno per rigenerarsi dopo un crisi”.

Micaela Kuri

Micaela Kuri

Micaela Kuri, mentre passeggia tra i vigneti della tenuta Tikal Natural, verifica lo stato dei rami © Karl Mancini

 

La cantina, o bodega, L’Orange è il primo vigneto completamente biodinamico della Valle dell’Uco. Un primato raggiunto anche grazie all’approccio pionieristico dell’enologa Kuri. “Manteniamo il suolo con una copertura vegetale che ci permette di diminuire l’evapotraspirazione del suolo. In questo modo possiamo trattenere una maggiore umidità nel terreno e favorire un ecosistema microbico sano e attivo”, spiega Kuri mentre si prende cura del giardino coltivato secondo l’approccio Milpa, un metodo agricolo ancestrale praticato dai popoli indigeni dell’America Latina, in particolare in Messico e in America centrale. Si basa su un sistema di coltivazione policolturale, che integra diverse specie di piante in un unico campo, con l’obiettivo di massimizzare la fertilità del suolo, ottimizzare le risorse e contrastare la perdita di biodiversità

Il sistema Milpa si inserisce, in un certo senso, nell’universo dell’agricoltura biodinamica, intesa più come una filosofia che un semplice metodo di coltivazione. Un approccio olistico che valorizza la cura del suolo, delle piante e degli animali, seguendo i cicli naturali delle stagioni e mantenendo un equilibrio armonico con l’ambiente circostante.


http://

La biodiversità per un vino più resiliente 

Anche biodiversità e benessere degli animali sono al centro del pensiero sistemico dell’azienda Finca Tikal Natural. Accanto ai vitigni, ci si imbatte in Miguel, addetto al pascolo di pecore e lama. Il loro letame viene utilizzato come concime naturale per rendere la terra fertile, evitando l’uso di pesticidi.  

La chioma dei vigneti supera l’altezza d’essere umano, ma è a terra che Kuri suggerisce di osservare. La vegetazione rigogliosa può sembrare un segno di trascuratezza: le lunghe erbacce toccano quasi le ginocchia. Tuttavia, nulla è lasciato al caso: “Cerchiamo di ripristinare la vegetazione autoctona – spiega Kuri – i parassiti non sono un problema, in questo modo favoriamo la convivenza delle piante evitando squilibri”. 

Micaela Kuri

Micaela Kuri tiene in mano palle di argilla, compost (fertilizzante) e semi autoctoni che, una volta pronte, verranno gettate nei campi per fertilizzarli in maniera naturale. Questa tecnica è una parte fondamentale dell’agricoltura rigenerativa di cui la finca Tikal natural è pioniera nella provincia di Mendoza.

Tra le altre cose la Finca Tikal Natural ha creato uno spazio dedicato ai funghi per promuovere la biodiversità e un’oasi per le api, preziosi impollinatori che, secondo la visione biodinamica, sono in grado di spiritualizzare la materia perché collegano il cielo con la terra.

Un po’ come lo erano le Ande per gli Inca, civiltà precolombiana che considerava le montagne sacre perché punti di contatto tra il mondo terreno e quello delle divinità. Se l’essere umano contemporaneo spiritualizzasse un capitale naturale come il suolo, essenziale per la produzione di cibo e quindi della nostra sopravvivenza umana, potrebbe trarne vantaggi concreti, anche economici. Insomma, uno di quei rari casi in cui il mistico incontra l’utile