Rigenerazione e brand urbanism sono le leve per rendere i quartieri periferici più vivibili e inclusivi: gli esempi di Roma e Milano.
Il lessico delle città del futuro non è sempre facile da comprendere. Si fa ancora molta confusione tra termini come riqualificazione, rigenerazione, brand urbanism, gentrificazione. Qual è il loro significato? Quali sono gli attori coinvolti, e qual è il ruolo dei cittadini? E infine: cosa vuol dire, davvero, agire sul tessuto urbano per trasformare i quartieri in chiave più sostenibile e inclusiva?
Quando si parla di riqualificazione urbana si fa riferimento a progetti che puntano al recupero e alla riqualificazione di territori cittadini, limitando il consumo di suolo a tutela della sostenibilità ambientale. Ciò permette anche alla comunità residente di riappropriarsi di luoghi non più utilizzati che, in questo modo, assumono nuovo valore economico e sociale e una rinnovata qualità.
La rigenerazione urbana è invece un concetto più ampio che, insieme alla riqualificazione fisica di alcuni luoghi, abbraccia anche aspetti economici, sociali e culturali, coinvolgendo in maniera diretta le comunità che vivono o che andranno ad abitare le zone interessate. Questo approccio, oltre a contrapporsi al modello tradizionale di sviluppo che prevede la demolizione e la ricostruzione ex novo, intende promuovere città inclusive, sostenibili, necessarie per migliorare la salute delle persone e creare un ambiente vivibile per tutti. Questi centri urbani focalizzano le loro politiche e infrastrutture sulla tutela del benessere di chi li vive.
Restringendo l’analisi all’ambito italiano, per esempio, si può definire il fenomeno della rigenerazione urbana diviso in tre periodi storici. Il primo ha visto la riqualificazione dei centri storici (incompiuta) e ha avuto inizio durante gli anni 70’, sulla spinta della volontà di riaffermare la propria identità locale. Il secondo ha compreso il recupero delle aree dismesse (un processo ancora in corso) ed è cominciato sul finire degli anni 80’, nel momento in cui ebbe inizio la delocalizzazione delle industrie e di molti altri servizi fino ad allora in prossimità se non all’interno dei centri urbani, come i mercati ortofrutticoli, i macelli e i poli ferroviari.
Il terzo ciclo, quello attuale, prevede in linea di massima interventi in quartieri residenziali costruiti nella seconda metà del Novecento con criteri di bassa qualità edilizia, architettonica e urbanistica e il sostegno a politiche di mobilità sostenibile e quant’altro possa servire come attrattore per ripopolare le aree in disuso e degradate. Nell’ultimo decennio la rigenerazione urbana ha fatto passi in avanti affermandosi come approccio multi-partecipato per dare alle città non solo un aspetto nuovo e competitivo, rilanciandone l’immagine territoriale. Sono molti gli esempi virtuosi, in Europa come nel resto del mondo. Con i suoi 4mila murales, la città americana di Philadelphia è ormai riconosciuta come la capitale mondiale della street art: ciò grazie a un programma di arti murali avviato nel 1996 e affidato all’artista Jane Golden che ha consentito, con il supporto di diversi artisti e con il coinvolgimento dei cittadini, di restituire attraverso l’arte la vita a quartieri letteralmente abbandonati, migliorando le condizioni di vita dei suoi abitanti. Ad Anderlecht, un comune della regione di Bruxelles-capitale, un’associazione temporanea di architetti, scenografi, grafici e designer ha realizzato Flow, una piscina all’aperto di 17×7 metri con l’obiettivo di reintrodurre la balneazione all’aperto in città.
Per affrontare correttamente un intervento di questo tipo è importante consultarsi non solo con gli enti locali, ma anche con gli utenti delle aree soggette al cambiamento e con gli operatori che su quelle aree gravitano per vari motivi. La rigenerazione non è quindi uno strumento ma un metodo, non è costituita da regole preconfezionate ma da approcci e analisi dedicate. Avviene attraverso il recupero minuzioso e creativo delle zone edificate in disuso, riqualificandole nel rispetto della sostenibilità ambientale e incentivando l’uso di materiali eco-compatibili. Un processo che si afferma come occasione per promuovere politiche di partecipazione sociale, incentivando l’occupazione e l’imprenditoria locale.
La rigenerazione urbana sta trovando un importante spazio nella legislazione nazionale. Negli anni ci sono state molte iniziative e altrettante battute d’arresto. Nei giorni scorsi il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ha presentato un Disegno di legge che ricalca quasi del tutto i contenuti dell’ultimo Ddl sulla rigenerazione urbana, decaduto perché, ostacolato sia dagli operatori del settore sia dalla Ragioneria dello Stato, è incappato nella tagliola della fine della scorsa legislatura. In Parlamento, oltre al Ddl presentato da Gasparri, ci sono altri sei disegni di legge, presentati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione: di questi, quattro risultano assegnati alle commissioni competenti, ma l’esame non è ancora iniziato, mentre due non risultano assegnati.
Il nuovo testo punta a ridurre il consumo di suolo favorendo la densificazione, prevede detrazioni fiscali per incoraggiare i privati ad avviare interventi sugli immobili di proprietà, l’utilizzo del concorso di progettazione per garantire la qualità della progettazione e l’obbligo per le Regioni di approvare norme per la semplificazione degli interventi di rigenerazione urbana, introducendo deroghe in materia di distanze, modifiche alla sagoma e alle destinazioni d’uso. Sono inoltre previsti l’istituzione di un Fondo da 3,5 miliardi di euro fino al 2036 e la detrazione del 50 per cento dell’Iva pagata per l’acquisto delle case oggetto di interventi di rigenerazione urbana.
Quando, nel 1964, Ruth Glass, sociologa inglese di origine tedesca, coniò il termine gentrification, intese descrivere le trasformazioni di alcuni quartieri operai di Londra, prossimi al centro città. La gentrificazione è un concetto sociologico, dunque, che indica un processo di trasformazione, fisica e socioculturale, dei quartieri di una grande città inizialmente abitati da classi popolari, in zone più esclusive che vengono progressivamente popolate dalle classi sociali più elevate. Ovviamente non si tratta di un fenomeno “automatico” ma è frutto di un ben preciso progetto di rinnovamento messo in moto per differenti ragioni, soprattutto economiche. E che spesso accentuano le disuguaglianze sociali e la segregazione.
Quando in un quartiere è in atto un cambiamento, perché questo non appaia come una mera operazione economica che ne trasforma radicalmente il suo aspetto sociale identitario, non basta che vi siano delle nuove strade animate da attività economiche moderne: serve che gli abitanti le percepiscano come un ambito di relazione. In sintesi è fondamentale che la crescita avvenga sotto forma di crescita organica, che ogni evoluzione e rivoluzione entrino in dialogo col tessuto socio-economico già presente e vi si innestino. Deve venir metabolizzato e inglobato dalla cittadinanza. Nel concetto di rigenerazione vengono compresi anche gli aspetti ambientali ed economici e quelli sociali e culturali, con la modificazione delle caratteristiche socio-economiche del quartiere in termini di miglioramento atteso di aspetti quali sicurezza, socialità e qualità delle relazioni tra gli abitanti.
Lo strumento del partenariato pubblico-privato consente di superare i limiti di dotazione finanziaria e disponibilità di competenze necessarie per la realizzazione degli interventi strutturali. Soprattutto per i progetti di rigenerazione urbana e smart city che hanno un elevato tasso di innovatività. Nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il partenariato pubblico-privato emerge come uno strumento cruciale per attuare progetti finanziati da tali fondi e stimolare la ripresa economica a lungo termine dell’Italia.
Il contratto stipulato tra soggetti pubblici e privati ha l’obiettivo di superare gli ostacoli che spesso si frappongono alla realizzazione degli interventi infrastrutturali, soprattutto per quanto riguarda il capitolo finanziario e quello delle competenze. Da un lato, le autorità pubbliche possono sfruttare il capitale privato per finanziare progetti che altrimenti non sarebbero realizzabili con le sole risorse pubbliche. Ciò consente di accelerare la realizzazione delle opere permettendo alle amministrazioni lo sviluppo nel rispetto del target e dei milestone previsti dalla normativa europea.
In questo quadro, per ogni intervento di rigenerazione urbana resta fondamentale il coinvolgimento delle persone, delle associazioni e di tutti coloro che vivono il quartiere dove si decide di intervenire. Si tratta infatti di progetti che nascono da bisogni concreti, dalle esigenze di chi vive quotidianamente zone periferiche delle grandi città: interventi che, attraverso l’arte, lo sport, l’architettura e la cultura puntano a migliorare in maniera tangibile la qualità della vita delle persone. In questo contesto si inquadra anche il concetto di “city making”. Se un tempo era l’urbanistica a stabilire la funzione di una piazza piuttosto che di un parco, ora per costruire una città i fili di un luogo fisico vanno riuniti con quelli della società e del tessuto economico circostante. Architetti e urbanisti disegnano e realizzano strade, spazi ed edifici, ma poi saranno sempre e solo le persone che li vivranno a stabilirne il reale utilizzo.
Oggi 3,5 miliardi di persone vivono nelle città, praticamente la metà della popolazione mondiale. Pur occupando solo il 3 per cento della superficie terrestre, i grandi centri urbani sono responsabili del 70 per cento del consumo energetico e del 75 per cento delle emissioni di carbonio del pianeta. L’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 dell’Onu punta a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili. Entro quell’anno si dovrà “potenziare un’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano che sia partecipativo, integrato e sostenibile”.
In questo quadro, IGT si colloca tra i principali attori italiani del brand urbanism e della rigenerazione urbana. Da sempre l’azienda punta a sostenere la crescita delle comunità e del territorio in cui opera attraverso importanti investimenti in progetti incentrati sul patrimonio culturale, artistico e paesaggistico, focalizzati in particolar modo sulla salvaguardia dell’ambiente e sulla promozione dei principi di sostenibilità. Negli ultimi anni IGT ha realizzato una serie di progetti di rigenerazione di grande rilievo: si è partiti nel 2022 a Roma con il Casilino Sky Park e si è proseguito nel 2023 -2024 a Milano con il Tunnel Boulevard, mentre sempre quest’anno è già partito l’intervento nel quartiere Ostiense della Capitale.
Oltre 80mila presenze, 18mila tessere sottoscritte, 120 eventi organizzati. Sono i numeri registrati nell’estate appena trascorsa dal Casilino Sky Park di Roma, uno spazio inaugurato nel 2022 nel cuore del V Municipio, fra i più densamente popolati della Capitale. Ideato da Fusolab con il sostegno di IGT e in collaborazione con LifeGate, il progetto ha dato vita a un nuovo punto di ritrovo per gli abitanti dei quartieri Alessandrino e Centocelle: inclusività, sport, arte e cultura caratterizzano la piazza che sorge sul quarto piano scoperto del parcheggio multipiano della zona, prima del tutto inutilizzato.
Nel grande spazio di oltre 3.500 metri quadrati, dal quale si può ammirare un panorama che rivela una prospettiva inedita sulla città, sono presenti campi sportivi per praticare padel, pickleball, calcetto, street basket, pattinaggio, skateboard e parkour, una palestra all’aperto e zone dedicate alla ginnastica a corpo libero, crossfit e calisthenics. Sono organizzate attività ludico-ricreative con didattica innovativa per i bambini e grande spazio viene dato alla cultura, con un’arena estiva che ospita spettacoli musicali e teatrali, cinema e presentazioni di libri; non mancano poi spazi di socialità, coworking e un’area bar e ristoro.
“Un parcheggio inutilizzato è diventato una piazza per i cittadini dove sport, cultura e socialità si incontrano, un nuovo modello di spazio urbano, che respira ed ispira, una nuova prospettiva sulla città. Il sogno di chi è nato e cresciuto in periferia, il sogno di quelli come noi che, dalle strade dei nostri quartieri, arrivano con coraggio a toccare il cielo”.
Dario Minghetti, presidente di Fusolab
Oltre a contribuire alla rigenerazione del quartiere Alessandrino, IGT ha portato in questo luogo il linguaggio della street art, invitando a decorare gli spazi dello Sky Park tre artisti di fama internazionale: Alice Pasquini ha firmato le superfici verticali, mentre Giulio Vesprini e Uno hanno dipinto la loro arte sui campi da gioco e sul tracciato panoramico perimetrale. L’arte e la sostenibilità sono inoltre strettamente connesse, perché sulle superfici verticali della struttura sono state utilizzate le vernici Airlite: questo prodotto eco-friendly è in grado, attraverso un processo fotocatalitico, di assorbire gli agenti inquinanti; grazie all’azione della luce naturale o artificiale, la pittura attiva un forte processo ossidativo che porta alla trasformazione di sostanze organiche e inorganiche nocive in composti innocui.
Una superficie di 600 metri quadrati dipinta con Airlite riduce l’inquinamento corrispondente a quello prodotto da 16 auto diesel Euro 6 ogni giorno, evita l’emissione di 52 chili di CO2 e ha lo stesso effetto di un’area di 100 metri quadrati di alberi ad alto fusto. Lo scorso giugno sono state inaugurate due nuove opere realizzate da Studio Ultraviolet.to e CROMA, che si sono aggiunte a quelle di V&rbo, Orghone, Lady Nina, Muges, Neon, Omuf e Teddy Killer, gettando le basi per una vera e propria galleria di arte contemporanea a cielo aperto; anche un nuovo prefabbricato si è trasformato in tela ospitando “Almighty Jungirls”, l’opera dei due street artist Solo e Diamond.
Attiva come associazione dal 2006, in questi anni Fusolab ha fatto molto per il proprio quartiere, ma il Casilino Sky Park gli ha permesso di rispondere in maniera ancora più efficace alle esigenze della comunità locale, in particolar modo nel periodo estivo. In poco tempo questo spazio è diventato la nuova piazza di un quartiere cresciuto senza pianificazione urbanistica negli anni del boom economico, il tutto all’insegna dell’inclusività: sono infatti previsti prezzi accessibili, con tessere annuali per le attività sportive e costi contenuti per gli eventi culturali, oltre a delle fasce di esenzione completa.
Un’immaginaria linea verde unisce la periferia romana a quella milanese grazie a un altro progetto incentrato sulla rigenerazione di uno spazio attraverso l’arte, la cultura e lo sport. La periferia in questione è quella di via Pontano con i suoi quattro tunnel ferroviari, che versavano da troppi anni in uno stato di degrado tra illuminazione inadeguata, sporcizia, infiltrazioni d’acqua, parcheggi selvaggi e marciapiedi ridotti. Dal 2019 quindici realtà territoriali – con l’associazione culturale T12 Lab a fare da capofila – hanno dato vita al Tunnel Boulevard, con l’obiettivo di rivitalizzare e riqualificare l’area tra viale Monza e via Padova, a nord di piazzale Loreto: questo piano di rigenerazione urbana si è aggiudicato il bando LifeGate per lo sviluppo di un progetto di brand urbanism sostenuto da IGT.
Da barriere fisiche abbandonate, i tunnel ferroviari hanno subìto un profondo processo di trasformazione all’insegna dell’identità culturale, del coinvolgimento sociale e di una spinta dal basso espressione di un’intera comunità di cittadini. Sono diventati uno spazio pubblico inclusivo, aperto a tutte le persone, dove sperimentare modi nuovi di condivisione grazie a eventi culturali, spettacoli all’aperto, sport urbani, arte urbana e performativa. Luoghi da percorre a piedi o in bicicletta, dove fare attività fisica e nei quali sperimentare modi alternativi di stare insieme attraverso musica, teatro e cinema. Questo anche grazie a importanti interventi che hanno consentito l’allargamento dei marciapiedi, l’eliminazione dei parcheggi abusivi, l’installazione di dissuasori alla sosta, la riqualificazione muraria e l’implementazione dell’illuminazione. È stato inoltre realizzato uno skate park pubblico in via Merano, con un’unica rampa coperta dal tunnel tipo “half pipe”: si tratta del primo skatepark in Italia realizzato in un tunnel ferroviario, reso pedonale per l’occasione.
“Portare cultura e bellezza nelle aree più degradate e conflittuali, radicando i propri passi nella comunità, dandosi il tempo giusto per ogni scelta progettuale, permette il vero cambiamento della vita della città, che torna ad essere dei cittadini”.
Elisabetta Bianchessi, presidente di T12 lab
L’area del progetto è lunga 850 metri e si sviluppa in un quartiere ad alta densità abitativa, dove scarseggiano gli spazi pubblici di qualità a disposizione dei cittadini. Il primo step del piano ha riguardato via Padova, dove il degrado materiale e sociale dei passaggi pedonali e delle facciate nel tunnel ferroviario, più volte segnalati dai residenti, aveva raggiunto livelli allarmanti dopo ben 35 anni di abbandono: questa sorta di “tunnel degli orrori” è stato trasformato in una galleria di poster art.
Prima l’artista italo-franco-danese Coquelicot Mafille ha realizzato un immenso collage di 70 metri x 2 metri di altezza, 35 metri per ogni carreggiata di via Padova, concepito con uno sfondo stampato di scie, linee ed elementi di colore; su di esso sono state incollate oltre 60 figure dipinte e ritagliate a mano per dare vita a un caleidoscopio di forme e colori e parole, simbolo di una rigenerazione di una periferia all’insegna del dinamismo e della multiculturalità. Ora, nello stesso luogo, è invece possibile ammirare l’opera “Frammenti d’Identità” realizzata da Boris Veliz. Si tratta di un intervento partecipato che celebra la creatività dei bambini, esplorando il mondo dell’infanzia attraverso la tecnica della poster art e mettendo in luce il potere del gioco, la ricerca dell’identità e la bellezza della diversità.
Il tunnel di via Merano è stato invece pedonalizzato e impreziosito dal murales “Alfabeto Universale”, realizzato sulla volta del tunnel ferroviario dagli artisti Boris Veliz e Alejandro Castillo con l’utilizzo delle vernici Airlite. Questo, infatti, è uno dei luoghi simbolici dell’urban art milanese: da almeno tre decenni il lungo muro che costruisce il sedime ferroviario accoglie opere di artisti che ora sono riconosciuti anche a livello internazionale. Proprio per questo motivo Tunnel Boulevard valorizzerà il percorso di urban art mettendo in luce la storia di queste opere e continuando a lasciare libertà espressiva ad ogni artista.
Negli ultimi anni molti interventi – anche di gran pregio – hanno riguardato l’Ostiense; ma si è trattato di progetti a “macchia di leopardo”, non collegati l’uno con l’altro. Ora, invece, il quartiere più dinamico di Roma si dà una nuova prospettiva di crescita, attraverso interventi organici all’insegna della rigenerazione urbana. La grande novità è proprio questa: un disegno strutturato in grado di coinvolgere molte delle realtà presenti nel quartiere, che uniranno le forze per ridisegnare i suoi principali spazi a partire da luoghi di aggregazione dei quali al momento si sente la mancanza. E così un altro intervento mirato potrà avere un impatto sociale positivo sul territorio di riferimento. Grazie al brand urbanism e alla rigenerazione urbana, luoghi che per anni sono stati simbolo di abbandono e di degrado socio-ambientale si possono trasformare in spazi pubblici liberi e condivisi. Grazie anche alla partnership tra pubblico e privato, questi interventi contribuiscono alla tutela della sostenibilità ambientale, a limitare il consumo di suolo e a dare vita a luoghi nuovi in cui promuovere relazioni di rete e coesione sociale.
Contenuto realizzato con il sostegno di IGT