La sfida per salvare la salamandra gigante giapponese
La salamandra gigante giapponese è stata dichiarata vulnerabile all’estinzione dall’Iucn. Un gruppo di attivisti si batte per fermare il suo declino dovuto alla cementificazione dei fiumi dove vive da milioni di anni.
Camminiamo in un fiume. È notte. L’acqua ci arriva alle ginocchia e avanziamo difficilmente sul fondo irregolare visibile grazie alle nostre torce. Ma il senso di avventura e la freschezza dell’acqua rendono quest’escursione notturna sorprendentemente piacevole.
Dopo 100 metri raggiungiamo un muro di cemento più alto di noi. L’acqua casca violentemente dall’alto formando un sipario bianco che nasconde il cemento dietro di sé e sul pavimento, alla base del muro, troviamo quello che stiamo cercando. Una creatura lunga circa 70 centimetri, color marrone a chiazze come uno dei sassi nel fiume. Una salamandra gigante giapponese.
L’animale spinge la testa contro il muro e viene inglobata dal sipario d’acqua mentre il corpo e la coda si agitano continuamente. Lotta con tutta la sua forza contro il cemento, che però non cede. Così, invece di superarlo, riesce solo a costeggiarlo.
Al lato del fiume, fuori dal sipario d’acqua, la creatura si rannicchia, ora è immobile. È difficile sapere cosa passa per la testa di questo anfibio dall’aspetto preistorico. Ma dal nostro punto di vista, di essere umani, sembra esausto, addirittura rassegnato.
Una volta tornati all’asciutto veniamo avvolti dal suono delle cicale. Vedere una salamandra gigante giapponese per la prima volta è stato emozionante come un cielo stellato in una fresca notte di tarda estate. Ma è stato anche sconcertante vedere questa creatura antica, i cui antenati risalgono a milioni di anni fa, sconfitta da un banale muro di cemento.
Continuiamo a ripensare alla scena mentre torniamo a casa in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.
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Una salamandra gigante giapponese lotta contro una diga
Una salamandra gigante giapponese lotta contro una diga
Una salamandra gigante giapponese lotta contro una diga
Una salamandra gigante giapponese lotta contro una diga
Quella notte, sotto lo sguardo attento della nostra guida Richard Pearce, siamo stati testimoni di come le dighe impediscano alle salamandre giganti giapponesi (Andrias japonicus) di risalire e muoversi liberamente nei fiumi. Queste creature non sono fatte per arrampicarsi sulle barriere di cemento che bloccano l’accesso ad aree meno disturbate del loro habitat, frammentandolo e obbligando le salamandre a vivere a valle in spazi più angusti. Inoltre, il cemento distrugge le buche e le tane naturali fondamentali per la sopravvivenza di questi animali notturni perché è qui che si rifugiano durante il giorno e dove si riproducono e si prendono cura delle uova. “Le salamandre si mimetizzano molto bene in natura, ma sul cemento si vedono troppo facilmente”, le parole di Pearce descrivono bene l’aspetto bizzarro della salamandra gigante che abbiamo visto quella notte.
La sopravvivenza delle salamandre giganti nei fiumi del Giappone centrale e occidentale, il loro unico habitat sulla Terra, è a rischio. Alla fine del 2021, Pearce ha fondato l’ong Sustainable Daisen per proteggere questi anfibi nella zona del bacino del fiume Nawa a Daisen, una cittadina rurale di 15mila anime che si affaccia sul mar del Giappone e che si trova nella prefettura occidentale di Tottori. Uno degli obiettivi principali di Sustainable Daisen è la costruzione di rampe in prossimità delle dighe per permettere alle salamandre di spostarsi lungo i fiumi. Creando queste rampe, e quindi ripristinando l’accesso delle salamandre a zone meno degradate del loro habitat, Pearce spera di non vedere più scene di sofferenza che riguardano questi animali, e che invece possano trovare luoghi adatti per nascondersi. “Mi occupo di turismo sostenibile e sto praticamente cercando di rimanere senza lavoro”, dice, senza scherzare.
Pearce organizza escursioni per portare le persone a vedere e conoscere la salamandra gigante nel bacino del fiume Nawa, che sta ai piedi del monte Daisen, un vulcano quiescente e la vetta più alta del Tottori (daisen significa “grande montagna”): molti altri prima di noi hanno seguito la sua figura imponente esplorando i fiumi di questa zona. Pearce è britannico e vive in Giappone dal 2010 dove ha unito gli studi in gestione ambientale e la passione per i viaggi fino a diventare un consulente turistico, anche se dice di “non amare le etichette”. Sviluppa anche itinerari di turismo outdoor ed è proprietario di una pensione a Daisen. Nel 2017, il ministero dell’Ambiente giapponese ha chiesto a Pearce di creare un tour incentrato sulle salamandre giganti giapponesi in un’altra parte del Tottori, nel fiume Hino nella cittadina di Nichinan. Il tour aveva riscosso un discreto successo fino all’arrivo della pandemia, dice Pearce: ogni anno fino a 30 persone, tutte straniere (principalmente dagli Stati Uniti, dall’Europa e dall’Australia), si ritrovavano in questo angolo remoto del Giappone per visitare uno degli habitat di salamandre giganti giapponesi più famosi al mondo accompagnati da uno dei più grandi esperti di questo animale, Sumio Okada, direttore dell’istituto di ricerca Hanzaki (hanzaki è uno di due nomi in giapponese per la salamandra gigante, l’altro è ōsanshōuo).
La salamandra gigante giapponese è molto apprezzata dagli appassionati di anfibi. Questo “fossile vivente” la cui biologia è rimasta praticamente invariata da 23 milioni di anni è una delle sole tre specie principali di salamandra gigante nel mondo. Con una lunghezza massima registrata di 1,5 metri e un peso record di 44 chilogrammi, è la seconda specie più grande dopo la cugina asiatica, la salamandra gigante cinese (Andrias davidianus) e seguita dalla salamandra Hellbender (Cryptobranchus alleganiensis), endemica degli Stati Uniti d’America.
Nonostante la salamandra gigante giapponese sia una creatura così antica, pressioni troppo moderne stanno riscrivendo la sua biografia. Benché poco studiata, gli esperti sostengono che questa specie si stia avvicinando all’estinzione. A dicembre di quest’anno, l’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha cambiato il suo status in peggio. Ora sulla Lista rossa è “vulnerabile”, prima era “quasi minacciata”. L’animale rientra così ufficialmente in una categoria in pericolo e in linea con un preoccupante trend globale: il 41 per cento delle oltre 8.400 specie di anfibi che sono state identificate rischia l’estinzione secondo l’Iucn, rendendo questa classe di vertebrati la più a rischio del Pianeta, con la perdita dell’habitat come principale fattore dietro a questo triste primato.
Nel caso della salamandra gigante giapponese, la degradazione dell’habitat è causata principalmente dalla cementificazione di quasi tutti i fiumi nipponici dove strutture come dighe, argini e alvei rinforzati si trovano pressoché ovunque. Una delle caratteristiche principali del periodo del “miracolo economico giapponese” tra gli anni Cinquanta e Novanta del secolo scorso è stato un boom edilizio volto a rendere il territorio montagnoso e boscoso di questo paese più vivibile per la sua popolazione. L’autore Gavan McCormack ha coniato il termine inglese construction state traendo spunto da un’espressione giapponese per descrivere “la centralità del settore edilizio nella politica economica giapponese” — un sistema che, essendo sopravvissuto al crollo economico degli anni Novanta, è tutt’ora in essere e che ha causato la cementificazione degli habitat della salamandra gigante e innumerevoli altre specie.
Nel caso di Nichinan, nel 2019 sono iniziati i lavori di una strada nella foresta che avrebbe comportato grossi rischi per le salamandre nel fiume Hino, uno degli habitat più importanti per questo animale e probabilmente uno dei più studiati al mondo. In quel momento, Pearce vide il suo ruolo cambiare da mero consulente turistico ad attivista ambientale. “Quando ho saputo che avevano deciso di costruire la strada, ho pensato che non c’era speranza per queste creature”. Pearce e altri fecero ricorso alle autorità e il progetto venne rimandato, ma non bloccato.
Da allora, l’attenzione di Pearce si è spostata di 40 chilometri a nordest di Nichinan, nel bacino del fiume Nawa. Qui, sei chilometri di corsi d’acqua che scorrono tra il monte Daisen e il mare sono un habitat unico per le salamandre perché raramente vivono a quote così basse e così vicine al mare. L’acqua, la cui temperatura non supera mai i 25 gradi, è sempre abbondante grazie all’alto tasso di precipitazioni e alla neve che cade sul monte Daisen. Ma il fiume Nawa e i suoi affluenti sono interrotti da dozzine di piccole dighe — se ne possono trovare fino a quindici in un solo chilometro — usate principalmente per irrigare i campi, e le salamandre spesso vi rimangono intrappolate. Dopo forti piogge, che trasportano le creature verso valle, Pearce ha visto fino a undici salamandre intrappolate in una volta sola.
Insieme, lui e la moglie Kazumi Pearce stanno cercando di sensibilizzare un pubblico per lo più ignaro delle condizioni della salamandra gigante giapponese sul suo declino. “Non si sentono molte altre voci di persone che cercano di proteggerle”, dice Kazumi Pearce.
Da parte sua, Richard Pearce vede la loro missione come una conseguenza naturale della sua dedizione alla conservazione. “Non è che io abbia il pallino per la salamandra gigante giapponese, semplicemente amo la natura e gli animali e credo che possiamo fare qualcosa per salvarla”, racconta. “23 milioni di anni di dna potrebbero scomparire sotto i nostri occhi: credo onestamente che se non facciamo qualcosa in tempo, nessun altro lo farà”.
Perché la salamandra gigante giapponese è speciale
Le salamandre giganti giapponesi possono vivere fino a 80 anni, non cibarsi per settimane, e rigenerare ossa e pelle. Questi animali hanno trovato il loro habitat ideale nei fiumi tra i 100 e 1.000 metri sopra il livello del mare dove l’acqua è sempre fresca e l’ossigeno, che assorbono attraverso la pelle, abbondante. Il picco della loro attività si registra durante la stagione dell’accoppiamento tra agosto e ottobre, quando risalgono i fiumi e il maschio più dominante di un territorio occupa e difende una tana. Le femmine entrano nella tana per far fecondare le uova, di cui ne possono deporre da 300 a 1.000 per volta, e i maschi vi rimangono finché le uova non si schiudono uno o due mesi più tardi. In seguito, le larve sostano nella tana insieme al papà ancora per qualche mese.
Honshu centrale e occidentale, Shikoku e Kyushu (Giappone)
Dieta
Carnivora: pesci, insetti, rane, crostacei e piccoli mammiferi
Dimensioni
Massime registrate: lunghezza 150,5 cm / peso 44,3 kg
Età
Massima registrata: più di 80
Status lista rossa Iucn
Vulnerabile (aggiornato nel 2022)
“Quando ero bambino e andavo a pescare sul fiume di notte era facile vedere tante salamandre giganti”, ricorda Seiji Matsuda, coltivatore di riso e rappresentante del villaggio di Kyunawa, una frazione di Daisen. “In famiglia non mangiavamo l’ōsanshōuo, ma altri lo facevano”. Nel Giappone di metà Novecento, infatti, non era raro che le persone si cibassero di salamandre giganti. Tant’è che “secondo una credenza locale, le salamandre con cinque dita (invece di quattro) sugli arti anteriori avevano proprietà medicinali”, aggiunge Matsuda, ridendo. Al giorno d’oggi però è difficile se non impossibile trovare un piatto di salamandre in Giappone. Dal 1952, quando questo animale è stata dichiarato un monumento naturale speciale, una denominazione riservata ai beni culturali nazionali, è illegale cacciarlo ed è anche vietato toccarlo per chiunque non sia munito di un permesso speciale.
In passato, la salamandra gigante era chiamata hanzaki in giapponese, nome che deriva dalla sua capacità di rigenerare alcune parti del corpo. Una volta si pensava infatti che la salamandra potesse sopravvivere anche dopo essere stata tagliata (saku) a metà (han). Ōsanshōuo è oggi il termine più usato e, tradotto letteralmente, significa “grande pesce di pepe”: quando sono stressate, le salamandre rilasciano una sostanza mucosa che ha l’odore del pepe giapponese (sanshō).
Ma in luoghi come Yubara Onsen, un’area termale nella prefettura di Okayama, che confina con il Tottori a sud, si possono trovare alimenti, come dolcetti, crocchette di patate e anche souvenir a tema salamandra gigante giapponese — una cosa comune in zone dove questi animali sono un’attrazione turistica. La mascotte di Nichinan, ad esempio, è una salamandra-nonno: metà anfibio, metà uomo, Ossan Shouo è una salamandra bipede con curiosi baffi verdi e un bastone che indossa occhiali da sole neri e un anello d’oro. Queste rappresentazioni moderne potranno sembrare ridicole, ma derivano da una ricca storia di convivenza tra gli esseri umani e gli enormi anfibi. A Yubara, un santuario shintoista che risale a 400 anni fa consacra la salamandra a divinità. Secondo la leggenda, il santuario venne costruito per calmare la rabbia di una salamandra particolarmente gigante che, dopo essere stata uccisa da un membro del villaggio, lanciò una maledizione contro il suo assassino e tutto il villaggio. Tutt’ora, ogni estate a Yubara si tiene una festività dedicata al dio salamandra.
Hiroyuki Sumi, il prete a capo del santuario di Hiyoshi a Daisen, sa bene come la divinità della natura sia alla base dello shintoismo, la religione indigena giapponese. Come Matsuda, anche lui ha ricordi d’infanzia delle salamandre prima che venissero costruite le dighe, e rammenta anche come i genitori e i nonni pregassero ogni mattina guardando verso il monte Daisen. “Dobbiamo la nostra vita alla ricchezza di Daisen, la montagna e le sue acque rappresentano la vita. Daisen è una divinità”. Il fatto che ci siano sempre meno salamandre giganti è un segno che tutta la natura sta soffrendo, dice Sumi, non solo il colossale anfibio che vive nei fiumi.
È a rischio estinzione?
Mizuki Takahashi è l’autore di un libro per adolescenti sull’estinzione animale uscito quest’anno in Giappone, il suo paese natale — dove, a suo avviso, manca una cultura di educazione ambientale. Takahashi, esperto in ecologia e conservazione degli anfibi che studia specie come la salamandra Hellbender e quella gigante giapponese, si è trasferito negli Usa da ventenne e lavora ora come professore associato di Biologia all’università di Bucknell a Lewisburg, in Pennsylvania. In Giappone mancano i fondi per la ricerca nell’ecologia e “il governo non crea abbastanza lavoro per gli ecologi… questi sono alcuni dei motivi per cui sono venuto negli Stati Uniti”, dice il biologo.
Come specialista bilingue con esperienza all’estero, Takahashi fa spesso da ponte tra gli esperti giapponesi e quelli internazionali. Ha fatto anche parte del gruppo di scienziati che ha raccomandato all’Iucn di cambiare lo status della salamandra gigante giapponese a “vulnerabile”, una categoria riservata alle specie “che hanno un’alta probabilità di estinzione in natura”, secondo la definizione. Takahashi crede che questa sia “una descrizione più accurata rispetto alla categoria in cui si trovava prima”, ovvero quella di specie quasi minacciata, che si utilizza quando un animale è “molto prossimo a rientrare in una delle categorie di minaccia”.
Mizuki Takahashi ha fatto scoperte importanti sul comportamento delle salamandre giganti giapponesi, in collaborazione con ricercatori basati in Giappone come Sumio Okada. Ha inoltre fondato un programma estivo per portare gli studenti dell’università di Bucknell a studiare gli effetti della frammentazione dell’habitat in Giappone.
Il suo libro, pubblicato da Iwanami Shoten, Publishers si intitola “Ci sarà un’altra estinzione di massa?”
In realtà nessuno sa quante salamandre giganti giapponesi sopravvivano in natura. “L’Iucn ci ha chiesto i numeri che provassero il declino della specie nell’area in cui è distribuita, ma non li abbiamo”, spiega Takahashi. “Quello che abbiamo, invece, sono prove di tipo qualitativo che suggeriscono che la situazione è grave”, tra cui studi recenti che dimostrano il crollo di alcune popolazioni locali e i problemi legati alla frammentazione dell’habitat e alla cementificazione dei fiumi. Il biologo evidenza anche come prima del cambio dello status Iucn, la salamandra gigante giapponese era già classificata come vulnerabile sulla lista rossa del ministero dell’Ambiente giapponese e che la situazione internazionale è particolarmente preoccupante perché oltre la metà dei caudati (le salamandre e i tritoni) sono a rischio estinzione. Inoltre, tutte le specie di salamandre giganti stanno diminuendo, se non addirittura scomparendo.
A differenza della cugina giapponese, “ci sono poche popolazioni di salamandre giganti cinesi rimaste in natura”, e i fattori dietro a questo declino sono diversi rispetto al Giappone, spiega Becky Shu Chen, membro di un gruppo della Società zoologica di Londra (Zsl) attivo nella conservazione della salamandra gigante cinese, classificata come “in pericolo critico” sulla Lista rossa dell’Iucn, ovvero la più grave delle categorie di minaccia. Allo stesso tempo “i ricercatori della Zsl hanno sottolineato quanto la situazione globale sia urgente per le salamandre giganti perché stiamo perdendo quella cinese e neanche quella giapponese se la sta cavando bene”, afferma Takahashi.
Infatti, è possibile che la salamandra gigante giapponese scompaia del tutto. Questo secondo Yuki Taguchi, membro della Società della salamandra gigante giapponese, un gruppo che facilita lo scambio di informazioni tra ricercatori e addetti alla conservazione. Ci sono ancora popolazioni in un buono stato di salute in località come Asago, nella prefettura di Hyogo, sul confine orientale del Tottori, dove si trova l’istituto Hanzaki. Qui non ci sono molte dighe e le salamandre vengono monitorate attentamente, ad esempio attraverso l’uso di microchip. Ma in altre parti del Giappone, le popolazioni non vengono studiate, né monitorate e “alcune popolazioni locali si sono già estinte”, dice Taguchi. In molte aree di studio, Takahashi sottolinea anche come sia difficile trovare larve ed esemplari giovani. “Una femmina può deporre centinaia di uova alla volta e ci dovrebbero essere più esemplari giovani che adulti; quindi, questa carenza indica o che non ci sono abbastanza persone per studiare la specie, o che non si sta riproducendo, o che le larve e gli esemplari giovani non riescono a raggiungere l’età adulta”.
Yuki Taguchi è esperto nell’allevamento delle salamandre giganti giapponesi in cattività e persone attive nel campo della conservazione vengono da tutto il mondo al parco zoologico di Asa nella città di Hiroshima, dove lavora, per imparare questa tecnica.
“Uno dei motivi per cui abbiamo un programma di allevamento in cattività è che potrebbe essere importante in futuro se il numero di salamandre giganti continuasse a diminuire in natura”, spiega Taguchi.
L’impatto della cementificazione dei fiumi
I corsi d’acqua che serpeggiano naturalmente vicino alle risaie sono un habitat ideale per le salamandre giganti giapponesi perché queste condizioni attraggono tanti degli animali, come le rane e gli insetti, che mangiano. Prima dell’utilizzo diffuso dell’agrochimica e degli interventi artificiali sui fiumi, gli esseri umani e le salamandre esistevano in simbiosi. Ma questo, ormai, è solo un ricordo.
“Le dighe sono state costruite nei decenni del dopoguerra”, racconta Matsuda, che vive a Daisen da tutta la vita. “Una volta le risaie avevano una forma irregolare e le strade erano strette, così gli agricoltori usavano solo macchinari piccoli. Ma lo stato ha voluto modernizzare l’agricoltura e aumentare la produzione e per questo ha uniformato la dimensione e la forma delle risaie e creato gli accessi per macchinari più grossi”. Quest’operazione di riprogettazione della campagna ha comportato la deviazione del corso dei fiumi, molti dei quali sono stati raddrizzati, e la costruzione di dighe, argini e alvei rinforzati in cemento per irrigare i campi facendo contemporaneamente scorrere l’acqua più velocemente e controllandone il flusso. La necessità di incrementare i raccolti ha inoltre spinto gli agricoltori a usare più prodotti chimici. “In quel momento, tutto è cambiato, è diventato un circolo vizioso”, dice Matsuda, amareggiato.
A Daisen, Richard Pearce è preoccupato dai racconti di agricoltori e pescatori locali secondo cui gli allevamenti di polli e maiali a monte di un habitat sensibile per le salamandre giganti rilasciano gli scarti nel fiume. Siccome “al momento non esistono prove”, vorrebbe iniziare a testare l’acqua. Per farlo, si sta facendo consigliare da Shinji Otani, professore associato di salute e medicina delle zone aride all’università di Tottori, che è cresciuto a Daisen. “Il rischio di contaminazione potrebbe esserci”, dice. “È possibile che non sia pericoloso per gli umani ma che causi problemi alle salamandre” che sono molto sensibili alla qualità dell’acqua. Se i corsi d’acqua fossero davvero contaminati, ma entro i livelli consentiti dalla legge, “non sappiamo comunque se sarebbe nell’interesse degli agricoltori e degli allevatori proteggere la qualità dell’acqua secondo i bisogni delle salamandre”, riflette Otani.
La questione della protezione delle salamandre giganti è torbida anche su un altro fronte. Tetsuya Yutaka fa parte del gruppo per la difesa delle salamandre giganti di Daisen, una piccola organizzazione locale, e nota che non ci sono abbastanza dati per sapere con certezza che gli interventi nei fiumi mettano in pericolo la capacità delle salamandre di sopravvivere e riprodursi. Anche se è vero che mancano i dati, esperti come Takahashi e Taguchi non hanno dubbi rispetti ai danni causati dalla cementificazione. La frammentazione degli habitat è un problema per tutte le specie in pericolo, spiega Takahashi, perché “le popolazioni vengono suddivise in popolazioni più piccole e quando gli animali esistono in gruppi piccoli e frammentati, sono molto più vulnerabili di fronte a eventi naturali o di origine antropica che ne potrebbero causare l’estinzione locale”. Un altro rischio è che nelle popolazioni più ridotte aumenti la depressione da consanguineità, dato che negli esemplari “parenti” le probabilità di sopravvivere e di essere fertili diminuiscono. La cementificazione dei fiumi ha un’altra importante conseguenza sulla propagazione delle salamandre. Taguchi sottolinea come i luoghi dove si riproducono sono rari e speciali, “quindi se non riescono a raggiungerli, a volte depongono le uova in luoghi poco adatti, come buchi che trovano sotto la base delle dighe”. Questo può essere pericoloso soprattutto quando ci sono forti piogge: “La stagione dei tifoni inizia dopo quella di accoppiamento e spesso le uova vengono portate via dall’acqua”.
In Giappone, le piogge torrenziali sono diventate più frequenti tra il 1976 e il 2020 e a causa dei cambiamenti climatici, si stima che l’intensità dei cicloni tropicali (conosciuti come “tifoni” nel Pacifico occidentale) aumenterà in futuro. Nell’estate del 2021 la parte occidentale del paese è stata colpita da piogge record: a luglio 330mila persone sono state evacuate dal Tottori e dalla vicina prefettura di Shimane a causa delle alluvioni e ad agosto le precipitazioni sulla costa del mar del Giappone sono state le più alte da quando vengono registrate, ovvero dal 1946. La presenza di strutture in cemento nei fiumi dove vivono le salamandre giganti “rende le forti piogge ancora più dannose di quello che sarebbero in condizioni naturali”, dice Pearce, perché l’acqua scorre più velocemente sul cemento e le salamandre vengono trasportate a valle più facilmente, non riuscendo poi a risalire i corsi d’acqua.
Una mappa del Giappone con le aree dove vivono le salamandre giganti in giallo. Si ringrazia Hiroshima city Asa zoological park
L’ibridazione con la salamandra gigante cinese
Il 28 settembre 1972 un comunicato congiunto venne firmato a Pechino tra il governo giapponese e quello della Repubblica Popolare Cinese, normalizzando le relazioni tra i due paesi, e il mese successivo i primi panda arrivarono dalla Cina a Tokyo, allo zoo di Ueno, accolti da una grande festa. Sullo sfondo della distensione dei rapporti diplomatici, anche un altro animale venne trasferito dalla Cina al Giappone, ma senza suscitare lo stesso entusiasmo.
I giornali dell’epoca raccontano come un uomo d’affari di Okayama portò 800 salamandre giganti cinesi in Giappone per venderle per il consumo umano. Una pratica tutt’ora comune in Cina. Ma il governo giapponese si oppose a questa e altre iniziative simili perché, essendo la salamandra gigante giapponese un monumento nazionale, non poteva garantire che le persone fossero in grado di distinguere tra gli esemplari cinesi e quelli nativi. Senza un’opportunità economica, le salamandre cinesi vennero rilasciate nei corsi d’acqua in diverse parti del Giappone. “Una venne addirittura trovata nel fossato del palazzo imperiale di Tokyo”, racconta Taguchi.
Da allora si è diffuso ampiamente il fenomeno dell’ibridazione tra le salamandre importate e quelle native, che è considerato un problema perché uno degli obiettivi della conservazione delle specie è quello di preservare il patrimonio genetico di ognuna. “Le salamandre giganti cinesi e giapponesi sono geneticamente diverse tra loro ma sono comunque in grado riprodursi e, quando lo fanno, ne viene meno la loro specificità genetica e, quindi, l’unicità della salamandra gigante giapponese”, spiega Takahashi. Le prefetture di Kyoto e Mie nel Giappone occidentale sono l’epicentro di questo fenomeno da decenni, ma nuovi esemplari incrociati continuano a essere scoperti in altre parti del paese, tra cui il ritrovamento quest’anno del primo caso nella prefettura di Hiroshima.
Naoki Nakayama lavora per il ministero dell’Ambiente a Kagoshima, una prefettura sulla punta meridionale dell’isola di Kyushu, a sud del Giappone, raggiungibile da Daisen in aereo o tramite un lungo viaggio in treno. Dal 2018 al 2020, Nakayama è stato il soprintendente del parco nazionale di Daisen-Oki, il cui territorio di 350mila chilometri quadrati non consecutivi è diviso tra Tottori, Okayama e Shimane e include numerosi habitat di salamandre giganti come il monte Daisen. Nakayama, che ha lavorato anche sulla lista rosta ministeriale e sulle leggi nazionali per la protezione della fauna, sottolinea come una delle sfide nel tutelare la salamandra gigante giapponese è la difficoltà nel distinguere tra esemplari nativi, importati e ibridati, con alcuni esperti che dicono addirittura “che la popolazione ibridata sia più grande di quella originale”.
D’altro canto, Taguchi sottolinea che non ci sono prove di ibridazione in oltre la metà degli habitat in cui vivono le salamandre giganti giapponesi, specificando però che non ci sono abbastanza ricercatori per studiare ogni area nel dettaglio. Nakayama stesso fa notare che non sono stati trovati esemplari incrociati nel Tottori e nello Shimane e che, anche per questo, le loro popolazioni sono particolarmente preziose.
La salamandra gigante giapponese è considerata una specie indicatrice… è in cima alla catena alimentare e lo stato di salute della sua popolazione è un indicatore del benessere generale di tutto l’ambiente in cui vive.
Richard Pearce, Ceo e fondatore di Sustainable Daisen
Soluzioni locali a problemi globali
“La maggior parte delle specie animali è molto resiliente di fronte al cambiamento. Se qualcosa va storto, di solito c’è un modo per aggirare la situazione, ma il problema principale si verifica quando tutto va storto nello stesso momento”, dice Amaël Borzée, professore all’università forestale di Nanchino in Cina e uno specialista nel comportamento riproduttivo e nella conservazione degli anfibi nell’Asia nord-orientale. Borzée è anche vicepresidente dell’Ssc amphibian specialist group (gruppo specializzato sugli anfibi) dell’Iucn, una rete globale di esperti che raccoglie evidenze scientifiche per la conservazione degli anfibi. Insieme al resto del gruppo e alla sua presidente, Ariadne Angulo, Borzée è coinvolto nell’aggiornamento e nella pubblicazione dell’Amphibian conservation action plan (Acap – Piano di azione per la conservazione degli anfibi). Pubblicato per la prima volta nel 2007, questo è il primo e unico piano al mondo per la protezione di una specifica classe tassonomica. La versione del 2015, pubblicata online, è in fase di aggiornamento.
“L’Acap (Piano di azione per la conservazione degli anfibi) attuale è diviso in due parti: una parte che raccoglie le evidenze scientifiche e da lì è stato estrapolato un altro documento più breve e facile da leggere”, spiega Ariadne Angulo. “La nostra visione è che l’Acap diventi un nucleo intorno al quale possiamo costruire una rete di enti, come aziende e organizzazioni, e individui (che possono lavorare insieme alle priorità in ambito di conservazione)”.
Un aspetto dell’Acap aggiornato è quello di “iniziare a tenere traccia di quello che è stato fatto, dove e da chi, cosa ha funzionato e cosa no”, perché secondo Angulo, nella conservazione vengono spesso “ripetuti gli stessi errori” a causa della scarsa condivisione di informazioni.
Immagine di copertina dell’Amphibian conservation action plan (Acap) dell’Ssc amphibian specialist group dell’Iucn pubblicato ad aprile 2015 e redatto da S. Wren, A. Angulo, H. Meredith, J. Kielgast, M. Dos Santos e P. Bishop.
Richard Pearce riconosce l’importanza di collegare la protezione della salamandra gigante giapponese a iniziative globali come quelle dell’Iucn. “Che io sappia, siamo l’unico gruppo al mondo che si occupa di preservare questa specie che ha una visione internazionale e che vuole spargere la voce anche all’estero”. Benché, in generale, la maggior parte delle iniziative di conservazione avvengono a livello locale, “se le questioni locali e regionali non vengono integrate in una prospettiva globale, non si può sapere se si ha a che fare con casi isolati o qualcosa di più grande”, puntualizza Angulo. Inoltre, le azioni locali che vengono intraprese sulla base di una conoscenza di quello che avviene a livello internazionale “sono molto più efficaci perché sono sostenute da evidenze scientifiche, anche se non specifiche a quella località”, aggiunge Borzée. Ad esempio, se ci sono prove che un particolare fattore ha un impatto su una determinata specie, questo potrebbe fornire più informazioni rispetto a potenziali minacce o benefici per un’altra specie nella stessa unità tassonomica.
Per queste ragioni, Pearce vuole coinvolgere anche persone dall’estero nelle iniziative di Sustainable Daisen, come un professore dell’università di West liberty nella Virginia occidentale, negli Usa, che dovrebbe venire a Daisen per dotare il maggior numero possibile di salamandre giganti di microchip. Taguchi stima che le salamandre rimaste a Daisen potrebbero essere 10mila, ma uno studio dettagliato sulla popolazione non è ancora stato condotto e a causa delle forti piogge degli ultimi anni e della presenza di molte dighe, probabilmente molti individui sono concentrati a valle. L’uso dei microchip consentirebbe di raccogliere più informazioni sulla popolazione, ma Borzée fa comunque notare che sappiamo già qual è minaccia principale che affronta questa specie, ovvero la degradazione dell’habitat a causa della cementificazione dei fiumi. “Non possiamo permetterci il lusso di aspettare che venga fatta più ricerca prima di agire”.
Agire è la parola d’ordine per Pearce. Lo scorso settembre, in un’umida giornata di tarda estate, si trovava a Daisen per coordinare una trentina di volontari, tra cui 23 membri della base militare statunitense di Iwakuni, nella prefettura di Yamaguchi, nella costruzione di quattro rampe in prossimità di altrettante dighe (una per diga) in un affluente del fiume Nawa. I partecipanti hanno trascorso due giorni a spostare sassi e posizionare aste di legno per costruire le rampe che connettono il letto del fiume alla parte superiore delle dighe per permettere alle salamandre di risalire il corso d’acqua. “Questo è un capitolo molto importante”, per Sustainable Daisen e la conservazione di questi animali, dice Pearce, e l’organizzazione ha in programma di monitorare l’efficacia delle rampe usando strumenti come telecamere notturne.
La costruzione di una rampa per la salamandra gigante giapponese
La costruzione di una rampa per la salamandra gigante giapponese
La costruzione di una rampa per la salamandra gigante giapponese
La costruzione di una rampa per la salamandra gigante giapponese
La costruzione di una rampa per la salamandra gigante giapponese
La creazione di corridoi che consentono alla fauna selvatica di migrare tra habitat separati artificialmente non è un concetto nuovo. Passaggi che permettono ai pesci di superare barriere quali dighe e sbarramenti si trovano in tutto il mondo, e rampe per le salamandre giganti giapponesi sono già state adottate, anche se saltuariamente, in prefetture come Tottori, Kyoto e Hiroshima e anche in prossimità di una diga costruita a Daisen nel 2021. “Ci sono però molte dighe nei corsi d’acqua di tutto il Giappone, per cui servono molte più rampe”, afferma Taguchi.
Le rampe costruite da Sustainable Daisen sono le prime nel bacino del fiume Nawa. Benché siano temporanee e l’obiettivo è di sostituirle con strutture permanenti con le caratteristiche ingegneristiche necessarie e costruirne di nuove in altri luoghi, “questo è un grande successo”, dice Kazumi Pearce, che confessa che era convinta che “per iniziare a costruire le rampe ci sarebbero voluti tre o cinque anni”, non qualche mese. Sustainable Daisen è riuscita a ottenere il permesso dell’amministrazione locale anche grazie all’aiuto di Akihiko Nemoto del dipartimento di Studi ambientali dell’università di Studi ambientali di Tottori. Esperto di foreste, Nemoto sa bene come navigare i processi burocratici legati ai progetti ambientali.
Nemoto è convinto che la creazione delle rampe potrebbe piantare il seme di una conversazione più grande. “Se la strategia di Sustainable Daisen avrà successo, allora l’ong avrà molto da dire ai funzionari locali”, e infatti, alcuni di questi hanno già espresso il loro interesse nel progetto. Yusuke Nakashima lavora per l’ufficio per i beni culturali del comune di Daisen: dato che la salamandra gigante giapponese è un monumento naturale speciale, questo ufficio è incaricato della sua amministrazione, e più precisamente di spostare e impiantare microchip negli animali che vengono trovati fuori dal loro habitat e fornire consulenza quando vengono realizzati interventi strutturali, come progetti di edilizia, che potrebbero impattare la specie. “Il comune è interessato a capire gli effetti delle rampe di Sustainable Daisen. Sarebbe utile condurre uno studio per vedere quante salamandre… stanno risalendo il fiume oppure no”, dice Nakashima, aggiungendo però che al momento non esistono piani per questo tipo di valutazione.
La creazione di corridoi biologici è sicuramente una strategia importante, ma ci sono altri fattori in gioco. La situazione diventa complicata nelle zone impattate dall’ibridazione, dice Taguchi. “Nella prefettura di Nara, gli esemplari ibridati usano le rampe, allargando così il loro habitat”. Inoltre, l’ostruzione causata dalle dighe non è l’unico problema legato alle infrastrutture. “Anche se miglioriamo il collegamento tra sezioni diverse dei fiumi, finché esistono gli argini e gli alvei in cemento la situazione sarà sempre la stessa perché questi privano le salamandre dei luoghi per riprodursi e prendersi cura delle uova”, puntualizza Takahashi. “E quella è una sfida ancora più grossa perché si tratterebbe di rompere o rimuovere il cemento”, non di costruire strutture nuove.
Ma secondo Richard Pearce le rampe sono un punto di partenza importante per Daisen. Costruendole, “abbiamo attirato l’attenzione delle persone e abbiamo fatto sì che il governo locale ammettesse che le dighe sono un problema per le salamandre giganti e le rampe una soluzione”.
Benché Pearce non abbia dubbi sul valore delle rampe, sa che la conservazione a lungo termine comporta anche cambiamenti a livello ecosistemico e sociale. A questo scopo, Sustainable Daisen ha diversi progetti, tra cui uno di rewilding per trasformare piantagioni di conifere abbandonate in foreste miste, che hanno più biodiversità e trattengono più acqua rispetto alle monoculture, ritardando quindi la quantità di acqua che entra nei fiumi durante le piogge torrenziali. L’organizzazione sta anche lavorando con un gruppo di agricoltori locali guidati da Matsuda per convertire un’area di 14mila metri quadri di risaie abbandonate, la stessa in cui l’organizzazione ha costruito le sue prime rampe lo scorso settembre, in un santuario per la fauna selvatica e in campi di agricoltura biologica.
Nel santuario, l’organizzazione mira a creare una fonte alimentare per le salamandre giganti (e le persone) adottando un’agricoltura senza chimica. “Il biologico è visto come una scelta egoista da queste parti”, sostiene Pearce. “Ad esempio, gli agricoltori sono preoccupati che i semi selvatici possano contaminare i loro campi”. Vendendo i prodotti biologici e promovendo l’adozione di questo tipo di agricoltura, “vogliamo dimostrare non solo che sia possibile, ma vantaggioso praticarla”. Matsuda, che lavora come agricoltore da tutta la vita e negli anni ha coltivato tanti prodotti, tra cui il riso biologico, fornisce consulenza sulle tecniche agricole. “Mi è stato detto che perderò la vista tra qualche anno e voglio dare una mano finché posso”, dice, commosso.
Fiume a Daisen, in Giappone
Fiume a Daisen, in Giappone
Fiume a Daisen, in Giappone
Fiume a Daisen, in Giappone
Nel santuario, Sustainable Daisen mira a ricreare la simbiosi tra esseri umani e animali dei satoyama, letteralmente “villaggio” (sato) e “montagna” (yama). I satoyama sono generalmente definiti come mosaici dinamici di aree montagnose, forestali e agricole dove gli esseri umani interagiscono in modo armonioso con l’ambiente nel rispetto della biodiversità e delle risorse che servono per l’autosufficienza.
Anche Akihiko Nemoto è interessato alle economie locali sostenibili. “Il progetto di rewilding e il santuario di Sustainable Daisen uniscono agricoltura, selvicoltura e turismo: parte dell’obiettivo è proteggere le salamandre, ma tutto l’insieme è importante”. Nemoto ha portato una dozzina di suoi studenti a visitare il santuario. “Volevo che vedessero come le attività economiche nelle foreste possono andare oltre alla mera selvicoltura. Quello che sta facendo Sustainable Daisen è all’avanguardia”.
L’idea che gli ecosistemi sani possono generare anche benessere economico è alla base delle politiche del ministero dell’Ambiente giapponese. “Dobbiamo collegarci alle opportunità economiche perché la conservazione diventi una priorità”, dice Nakayama, aggiungendo che è con questo intento che è nato il tour della salamandra gigante giapponese di Pearce e Okada a Nichinan.
Però, allo stesso tempo, “non esiste un progetto nazionale per la protezione della salamandra”, dice Nakayama. Le iniziative di tutela dipendono dalla volontà dei decisori e dei cittadini locali, ma “nelle zone rurali, è difficile allocare risorse alla conservazione, che non viene necessariamente prioritizzata”, e quindi innescare il circolo virtuoso che collega gli ecosistemi protetti con le economie locali sostenibili. Questo è evidente in luoghi come Daisen. Nella cittadina di strade silenziose, pescherecci e innumerevoli campi, l’invecchiamento e la decrescita della popolazione e il conseguente declino economico stanno causando una contrazione delle risorse umane e finanziarie. In questo senso, la situazione di Daisen rispecchia quella di comunità rurali depresse in tutto il Giappone e nel mondo che faticano a rispondere alle grandi sfide sociali e ambientali, tra cui la perdita della biodiversità.
Una salamandra gigante giapponese
Una salamandra gigante giapponese
Una salamandra gigante giapponese
Una salamandra gigante giapponese
Una salamandra gigante giapponese
Non solo a Daisen ma in tutto il Giappone, Richard Pearce crede che sarà difficile che le cose cambino in fretta perché anche quando sono coinvolti i giovani, “hanno paura di realizzare idee nuove o vengono fermati dal farlo”. Secondo all’ambientalista, questo è riconducibile alla gerarchia tra senpai (“senior”) e kohai (“junior”) che è presente in molte organizzazioni, scuole e aziende giapponesi e prevede che i più giovani debbano sempre sottomettersi a chi è più anziano. Benché sia difficile ridurre la complessa rete di relazioni tra vecchie e nuove generazioni a questa dinamica, è vero che a livello sistemico il Giappone fatica spesso a rinnovare approcci datati a questioni sociali, economiche e ambientali, e il construction state ne è un esempio.
In Giappone, come in molti altri paesi, “l’infrastruttura è strettamente legata all’idea di cos’è lo sviluppo e di cosa significa essere un paese avanzato e industrializzato”, dice Peter Matanle, docente di Studi giapponesi all’università di Sheffield nel Regno Unito. “Le alternative intelligenti esistono ma le persone spesso ne ignorano l’esistenza o c’è disaccordo a livello locale… per cui c’è una tendenza a ricadere su soluzioni già testate che possono essere distruttive e a volte nemmeno utili”, prosegue Matanle, la cui ricerca si focalizza sul rapporto tra i cambiamenti demografici e il consumo delle risorse nelle aree rurali giapponesi e sul ruolo dello spopolamento e della decrescita economica nella crisi ambientale.
Quando le dighe hanno iniziato a essere costruite su larga scala a Daisen nel dopoguerra, “non c’era il tipo di considerazione per l’ambiente e per le salamandre giganti che esiste oggi”, dice Tatsunobu Daikoku, che ha lavorato al comune di Daisen per decenni. Da allora, dei cambiamenti si sono registrati: oltre all’adozione delle rampe in alcune parti del Giappone (anche se non in modo sistematico), le leggi che proteggono i beni culturali e linee guida in prefetture come Tottori stabiliscono che i costruttori devono valutare e mitigare l’impatto delle costruzioni sulle salamandre. Ma Pearce dubita che l’approccio fondamentale alla cementificazione sia cambiato molto. A suo avviso, le autorità “hanno continuato ad agire come sempre”, come dimostrano i piani per costruire la strada forestale a Nichinan.
Ad esempio, il documentario The river dragon del 2017 racconta gli sforzi di Okada per studiare e conservare le salamandre giganti giapponesi, e il protagonista denuncia la pratica di spostare questi animali quando si costruisce nei fiumi senza trasferirli nei luoghi giusti o dotarli di microchip. Inoltre, “realizzare studi (sulle salamandre) significa rivelare il danno causato dalle costruzioni. Significa ammettere gli errori”, dice Okada. “C’è chi non vuole questo, anche all’interno del governo locale”. Nel documentario, un ufficiale di Nichinan ammette infatti che, a meno che le salamandre non generino sufficienti benefici economici, al comune non interessa monitorarle o proteggere il loro habitat — nonostante, come dimostra la mascotte Ossan Shouo, la popolazione di salamandre giganti sia un’attrazione turistica per la cittadina.
Altre difficoltà emergono dal modo in cui viene regolata e gestita la conservazione in Giappone. La legge del 1952 che stabilisce la salamandra gigante giapponese come monumento speciale naturale impone una multa fino a 500mila yen (3.500 euro) per chiunque tocchi l’animale senza l’apposita licenza. Ma Taguchi precisa che non è a conoscenza di nessun caso in cui qualcuno sia stato multato, dato anche quanto sia difficile applicare questa legge. Il regolamento crea inoltre una situazione paradossale in cui solo poche persone possono spostare le salamandre anche in casi in cui molti esemplari vengono portati a valle, per esempio dopo forti piogge. Ancora più fondamentale è il problema che la legge giapponese protegge le salamandre giganti ma non il loro habitat.
Taguchi sottolinea anche come in Giappone “ci sono pochi enti scientifici governativi che si occupano della tutela della salamandre gigante”, a differenza degli Usa, ad esempio, dove la Fish and wildlife service (un’agenzia federale che si occupa della gestione e della protezione della fauna selvatica) dispone di personale scientifico per studiare gli anfibi, soprattutto quelli minacciati. Inoltre, gli uffici per i beni culturali, che hanno autorità sulle salamandre in Giappone, tendono a non avere personale scientifico come ecologi, biologi ed esperti di conservazione.
Allo stesso tempo, in Giappone si investe poco nella ricerca — con alcuni studiosi, come Okada, costretti a volte ad auto-finanziare il loro lavoro — anche se l’onere di sensibilizzare il pubblico sulla perdita delle salamandre ricade principalmente sui ricercatori, dice Pearce. “C’è anche il rischio che la ricerca venga bloccata se è troppo scomoda”, aggiunge l’attivista, ad esempio quando si tratta di investigare come l’infrastruttura nei fiumi sia collegata alla perdita della biodiversità, come dichiarato anche da Okada in The river dragon. Taguchi spiega inoltre che da quando nel 2000 sono stati adottati i primi microchip per monitorare le salamandre, i ricercatori sono tenuti a presentare periodicamente un rapporto sulle attività di tracciamento ai loro rispettivi comuni, ma a loro volta “non possono accedere ai dati del governo”.
“Noi (ecologi) siamo frustrati dalla mancanza di leadership da parte del governo giapponese, specialmente se paragonata alle iniziative delle autorità federali e statali statunitensi per proteggere la salamandra Hellbender”, dice Takahashi. Secondo il biologo, uno dei fattori che rende difficile comunicare con gli ufficiali pubblici nel suo paese natale è che questi vengono periodicamente spostati a sezioni o dipartimenti nuovi, per cui anche se una persona viene educata su un determinato tema tende poi a cambiare ruolo. Kazumi Pearce lo sa bene. “Avevamo una buona relazione con il rappresentante precedente dell’ufficio culturale di Daisen, ma è stato spostato. Ora dobbiamo ripartire da zero per ricostruire la relazione con la persona nuova”.
Sullo sfondo di tutto questo c’è la poca consapevolezza generale rispetto al declino della salamandra gigante giapponese — ad esempio, Sumi, il prete shintoista, ha voluto visitare il fiume Nawa insieme a Richard Pearce per vedere con i suoi occhi come le salamandre rimangono intrappolate sotto le dighe: “Fino a quel momento, non avevo capito quanto fosse grave la situazione e quanto sia importante agire in fretta”. Data l’esistenza di leggi protettive e gruppi locali per la conservazione (che Richard Pearce descrive come “gruppi di facciata”) molti, anche nel governo, “credono che questo animale sia tutelato”, dice Pearce. “Ma non è così”.
Uno dei problemi della conservazione è che tendiamo a lavorare a compartimenti stagni. Ma la realtà è che se vogliamo fare la differenza, dobbiamo smantellare queste barriere e iniziare a comunicare con persone nuove.
Ariadne Angulo, presidente dell’Ssc amphibian specialist group dell’Iucn
Conservazione significa lavorare con le persone
“Le persone devono sapere come vengono usati i soldi pubblici”, dice Yutaka del gruppo di Daisen per la conservazione della salamandra gigante. Se si riuscisse quindi a raccogliere abbastanza dati per dimostrare che le strategie come le rampe funzionano, “sarebbe più facile attirare fondi”. Secondo Kazumi Pearce, però, i dati non sono la risposta. Sarebbe fantastico poter mostrare alla gente locale un grafico, ad esempio, ma questo potrebbe non cambiare nulla perché “alle persone non interessano necessariamente i numeri”. La sfida, invece, sta nel connettere le salamandre e i fattori che le minacciano alla vita quotidiana delle persone. “Se riusciamo a creare questo collegamento, allora forse la mentalità può cambiare”.
Il tema del coinvolgimento degli stakeholder è presente anche nell’Acap dell’Ssc amphibian specialist group, che raccomanda che gli scienziati lavorino insieme agli esperti di comunicazione per migliorare l’educazione sulla conservazione della specie. Nel caso degli anfibi, questi vengono spesso trascurati rispetto alla megafauna carismatica, ad esempio, anche se “i benefici che generano sono molto più grandi di quello che pensiamo”, dice Borzée. “Sai com’è stato sviluppato il segnale wi-fi che stai usando? Il primo algoritmo è basato sulle proprietà del richiamo della raganella giapponese”, racconta il ricercatore. Benché queste curiosità siano efficaci nel catturare la nostra immaginazione, il problema più grande per gli scienziati e i comunicatori è che “le persone vivono in ambienti talmente artificiali che è molto difficile per loro relazionarsi alla tragica realtà di quello che sta succedendo alla biodiversità”, dice Angulo.
L’antidoto è l’educazione ambientale, che dovrebbe iniziare il più presto possibile. “Uno degli obiettivi di Sustainable Daisen era donare un libro sulle salamandre giganti giapponesi a ogni classe delle scuole elementari di Daisen, e siamo riusciti a farlo”, racconta Rachel Rasfeld, un’artista basata a Kyoto che aiuta a raccogliere fondi per l’ong donando i suoi dipinti. “Non tutti agiranno, ma è importante far sì che i membri della comunità locale siano almeno d’accordo con l’idea di agire, anche se potrebbe sembrare un obiettivo modesto”. Sumi, che oltre a essere prete è anche il soprintendente del distretto scolastico di Daisen, è d’accordo. “Lo scopo è quello di educare le persone sulle ricchezze di Daisen e sull’importanza di proteggere l’ambiente dove vivono le salamandre giganti”.
Nel coinvolgere le persone, è fondamentale adottare l’approccio giusto. Chen di Zsl è in Australia per un dottorato sulla comunicazione dei temi di conservazione e sottolinea l’importanza di riconoscere gli sforzi degli stakeholder locali, invece di condannarli per i loro errori, perché si sentano responsabili e fieri di proteggere le specie. “La conservazione non significa solo lavorare con gli animali. Si tratta di lavorare con le persone, dobbiamo capire la loro psicologia e i loro bisogni”.
Perché la salamandra gigante giapponese importa
Chen, che in passato è stata in Giappone per vedere progetti per la protezione della salamandra gigante, crede che la situazione nel paese offra più speranze rispetto a quella in Cina perché c’è più consapevolezza rispetto all’esistenza della salamandra gigante e interesse nel preservarla. Il destino di questo animale in Giappone non è segnato perché è ancora possibile salvarlo: che si riesca o meno a fermare il suo declino, questo è un caso significativo non solo per la tutela della biodiversità nel paese asiatico, ma nel mondo.
Un errore da evitare è quello di agire troppo tardi. Takahashi dà l’esempio dell’ibis crestato giapponese (Nipponia nippon), o toki, che era sparito dal paese nei primi anni 2000 per poi essere salvato all’ultimo dall’estinzione locale. “Se si arriva a questo punto, lo sforzo e i fondi richiesti sono ingenti, e non possiamo fare la stessa cosa per tutte le specie. Il momento per fermare la perdita della salamandra gigante giapponese è ora”.
Sarà poi da vedere quali saranno gli effetti dei cambiamenti sociali sulla sopravvivenza della più grande salamandra nipponica. È una specie resiliente, come dimostra la sua lunga storia, e con l’avanzare dello spopolamento rurale e l’abbandono di intere zone della campagna, “il numero di salamandre potrebbe aumentare”, dice Taguchi. Il ricercatore spiega come in alcuni casi in cui le dighe sono naturalmente andate in malora in zone spopolate, ad esempio nello Hyogo, i numeri di salamandre sono stati preservati. Questo è un caso piccolo ma reale di quello che Matanle chiama il “dividendo dello spopolamento”, ovvero gli effetti positivi, come la sostenibilità ambientale, che possono emergere dalla decrescita della popolazione umana.
I dividendi ambientali legati allo spopolamento possono essere la riduzione del consumo delle risorse, il recupero degli ecosistemi e della biodiversità, e la riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento.
Peter Matanle, Depopulation dividend for a shrinking Japan, Asia global online (2018)
Matanle puntualizza però che il recupero della biodiversità non è ancora avvenuto su larga scala in Giappone nonostante oltre metà del suo territorio si stia spopolando dagli anni Ottanta, se non da prima. Questo si spiega dal fatto che il dividendo dello spopolamento non si materializza spontaneamente, ma “dev’essere diretto, programmato e implementato”. Lo spopolamento sta avvenendo in modo casuale, cioè non sistematico, e servono molte risorse per rimuovere le infrastrutture e le costruzioni su larga scala. Questo richiederebbe quindi una politica per trasferire i fondi per l’edilizia verso quelli per lo smantellamento e di “pensare attentamente a cosa deve avvenire”, una volta che i villaggi e i paesi si svuotano.
Mentre una migliore coesistenza tra gli umani e le salamandre giganti giapponesi in passato dimostra che nessuna delle due specie debba essere rimossa dall’equazione perché l’altra possa sopravvivere, la complessità nell’ottenere benefici ambientali dallo spopolamento mette in luce la necessità di risolvere le grandi sfide ambientali e sociali attraverso una strategia comune. “Se vogliamo davvero salvare questa creatura, dobbiamo intervenire per rimarginare anche altre ferite che la campagna si porta dietro”, dice Richard Pearce.
Come aiutare
Ci sono tanti buoni motivi per conservare la salamandra gigante giapponese. Questi animali possono attrarre turismo e quindi generare valore economico nelle zone rurali depresse e, in quanto predatori in cima alla catena alimentare, la loro perdita potrebbe avere effetti a cascata sul resto dell’ecosistema. Ma il motivo più convincente, e forse l’unico in grado di resistere alle forze che gli remano contro, è che “perdere la salamandra gigante giapponese sarebbe una vergogna per gli esseri umani”, dice Angulo. Takahashi è d’accordo. “Lasciarla sparire consapevolmente sarebbe una dimostrazione della nostra mancanza di umanità”.
Il futuro di questa creatura si potrà riscrivere se abbastanza persone si uniranno per innescare l’azione per la conservazione che è mancata finora. In questo senso, chiunque può dare il proprio contribuito spargendo la voce su questo animale poco conosciuto al di fuori del Giappone, o donando tempo o risorse a organizzazioni per la conservazione.
“Le salamandre potrebbero sparire? Assolutamente”, dice Richard Pearce. “Ma credo che ci sia speranza perché abbiamo fatto passi da gigante in relativamente poco tempo”. Guardando al futuro, Pearce si ferma un attimo per pensare agli obiettivi di Sustainable Daisen per l’anno prossimo, che sono cruciali perché ogni stagione dell’accoppiamento è fondamentale per fermare il declino della salamandra gigante. Dopo la costruzione delle prime quattro rampe temporanee in un fiume di Daisen, il prossimo passo è quello di costruire strutture permanenti. “Bisogna prezzarle, ottenere il permesso, installarle, e finanziare il tutto”.
Seduti nel salotto della loro pensione, una casa tradizionale giapponese vicino al porto di Daisen, Richard guarda Kazumi per vedere la sua reazione. “È difficile”, dice lei con un sospiro.
Richard è imperturbabile. “È difficile, ma questo è l’obiettivo”.
Reportage realizzato con il sostegno dell’Earth journalism network di Internews.