La plastica nuoce agli oceani, all’ambiente, al clima e anche alla nostra salute. Cosa si può fare per tornare a “respirare”.
La plastica è ovunque, anche dove non immaginereste di trovarla. Provate ad aprire il vostro frigorifero. Pareti, scompartimenti, cassetti: forse non ci avete fatto caso, ma è fatto tutto in gran parte di plastica. “Dentro però – vi direte – conserviamo cibo”. Vero. Ma esso, in gran parte, è venduto in contenitori, involucri, buste e barattoli di plastica. E dentro potrebbe esserci, ad esempio, del pesce. Che a sua volta potrebbe nascondere, invisibile, della microplastica.
La plastica, dunque, è un problema locale, nazionale e globale. Cittadini, imprese e associazioni di tutto il mondo ormai da anni si mobilitano per cercare di limitarne l’uso, incrementarne il riciclo e promuoverne una produzione sostenibile fondata sul modello dell’economia circolare. Un nuovo modo di vedere i prodotti e i servizi che tenta di replicare il ciclo vitale naturale: ogni fine è un nuovo inizio.
In Italia, in particolare, è stata introdotta una “plastic tax” per disincentivare l’utilizzo non necessario di questo materiale. In Europa è stata approvata una normativa che punta ad eliminare bicchieri, piatti, posate e tutti gli altri prodotti monouso. E anche le Nazioni Unite hanno avviato politiche volte a contrastare la diffusione incontrollata della plastica.
Risultati importanti, raggiunti grazie ad una forte spinta da parte di cittadini, consumatori, organizzazioni non governative. La crisi generata dal coronavirus e la volontà di numerosi governi di riavviare nel più breve tempo possibile i sistemi economici, tuttavia, rischiano di vanificare tali sforzi. Complice la lobby dei produttori che già chiede il rinvio, se non la cancellazione, di paletti e normative.
È vitale non abbassare la guardia. Seguire esempi virtuosi come quelli di alcuni colossi della grande distribuzione organizzata: a partire dai casi dell’italiana Coop, della francese Leclerc e delle britanniche Tesco e Morrison. Impegnarsi personalmente per modificare i nostri consumi e le nostre scelte quotidiane. Chiedere alle istituzioni di agire e di non tornare sui loro passi.
La plastica è ovunque: nelle nostre case esattamente come nel Pianeta (la produzione mondiale di plastica è passata dai 2,3 milioni di tonnellate del 1950 ai 448 milioni del 2015). Sulle cime delle montagne più alte così come sui fondali degli oceani. Si stima che vengano gettate in mare 15 tonnellate di rifiuti di plastica al minuto. Il che significa 8 milioni di tonnellate all’anno.
Fonte: National Geographic
Un inquinamento insostenibile che, secondo l’Unesco, è responsabile della morte di 100mila mammiferi marini ogni anno, e che a vario titolo colpisce centinaia di specie. Il 70 per cento della plastica che, una volta gettata, galleggia sull’acqua finisce poi sui fondali. Ciò significa che quella visibile ai nostri occhi non è che la punta dell’iceberg.
Si può trovare una bottiglia d’acqua accartocciata perfino nelle foreste più remote del mondo o nei ghiacci artici, fino alle spiagge isolate nelle quali le tartarughe depositano le uova. Non sappiamo esattamente quanto tempo serva affinché questi prodotti, fabbricati a partire dal petrolio, si degradino. Sappiamo però che possono trasformarsi in microparticelle e che queste, una volta finite nel terreno, nei fiumi e nei mari, sono pressoché impossibili da eliminare.
Secondo i dati riferiti dal Wwf nel 2019, il mar Mediterraneo da solo inghiotte ogni anno circa 600mila tonnellate di plastica sui 24 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti dai 22 paesi che affacciano sul bacino (dunque non solo quelli europei).
Anche i rifiuti accumulati sui nostri territori creano enormi problemi: riempiono le discariche e spesso vengono bruciati negli inceneritori, se non a cielo aperto. Alcune plastiche, poi, contengono ed emettono sostanze chimiche pericolose per la salute degli animali e degli esseri umani.
Secondo i calcoli dell’organizzazione Greenpeace, soltanto una porzione del tutto marginale della plastica prodotta in tutto il mondo (il 9 per cento) viene effettivamente riciclata: “Anche nei paesi sviluppati, il tasso di riciclo del materiale proveniente dalla raccolta differenziata delle famiglie è spesso molto inferiore al 50 per cento. Una piccolissima parte di tale quantità viene riutilizzata per fabbricare imballaggi. La maggior parte dei rifiuti trasformati viene ritrovata in prodotti a basso valore o non più riciclabili. Il che significa che il processo ha semplicemente l’effetto di ritardare l’ineluttabile viaggio verso la discarica”.
Spesso, poi, il problema viene delocalizzato. La maggior parte dei rifiuti prodotti nel Nord del mondo finisce così per inondare i paesi del Sud. Prima di bloccarne il commercio, nel 2018, la Cina da sola importava otto milioni di tonnellate di plastica all’anno, la stessa quantità che finisce negli oceani ogni anno. Oggi, il flusso si concentra soprattutto nel Sudest asiatico, dove però spesso mancano infrastrutture adeguate. La stessa esportazione implica inoltre enormi costi ambientali in termini di emissioni di gas ad effetto serra.
Per questo, l’impatto del ciclo della plastica sul clima è particolarmente grave. Senza cambiamenti radicali, sia nei sistemi di produzione che nei consumi, si rischia di vanificare gli sforzi che la comunità internazionale sta tentando di effettuare per limitare la crescita della temperatura media globale a un massimo di 2 gradi centrigradi, entro la fine del secolo, come indicato dall’Accordo di Parigi sul clima del 2015.
La plastica, infatti, è fabbricata al 90 per cento a partire da combustibili fossili. Un recente rapporto del Center of international environmental law (Ciel) ha spiegato che l’inquinamento prodotto dagli inceneritori a livello mondiale è pari a quello di 189 centrali a carbone. Lo stesso documento stima che le emissioni di CO2 legate alla produzione di plastica potrebbero essere comprese tra il 10 e il 13 per cento del totale mondiale nel 2050. E tale materiale, sempre alla metà del secolo, potrebbe essere responsabile di un quinto del consumo mondiale di petrolio.
Scopri le 25 tappe che ci porteranno tra i mari e fiumi italiani.
Coop e LifeGate insieme per difendere “Le nostre acque”
Il business è talmente florido che alcuni ritengono possa persino tenere in vita le industrie petrolifere. Ne è convinta l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), che in un’analisi del 2018 ha spiegato che il comparto petrolchimico potrebbe rappresentare il nuovo eldorado del settore fossile. La crescita della temperatura media globale ha convinto infatti alcuni governi e numerose grandi metropoli ad impegnarsi nel vietare la circolazione dei camion e delle automobili più inquinanti. Dall’altro, per sostenere la mobilità pulita.
Di fronte alla sfida climatica e ambientale che impone un cambiamento di rotta, i produttori di petrolio stanno così puntando proprio sulla plastica. Secondo il rapporto dell’Aie, infatti, la produzione mondiale potrebbe aumentare vertiginosamente nei prossimi decenni: del 30 per cento entro il 2030 e del 60 per cento entro il 2050. Il che farà arrivare il totale mondiale a circa un miliardo di tonnellate all’anno: l’equivalente di quello attuale di acciaio e cemento.
“Si tratta di uno dei binari morti del dibattito sull’energia – ha commentato Fatih Birol, direttore generale dell’Aie, secondo quanto riferito dal quotidiano francese specializzato in sostenibilità Novethic –. Le nostre economie dipendono fortemente dalla produzione dei petrolchimici, ma il settore non è sufficientemente sotto i riflettori”.
Negli ultimi anni, tuttavia, le autorità internazionali hanno cominciato a muoversi. Nel marzo del 2019, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva una legge che vieta l’uso di oggetti in plastica monouso. Piatti, posate, cannucce e bastoncini cotonati: tutto ciò dovrà essere vietato sui territori dell’Unione europea a partire dal 2021.
L’organismo legislativo comunitario ha quindi disposto nuovi obiettivi sul riciclo, chiedendo agli stati membri di raccogliere il 90 per cento delle bottiglie di plastica entro il 2029. Esse, inoltre, dovranno contenere il 25 per cento di materiale riciclato entro il 2025, e il 30 per cento entro il 2030. Frédérique Ries, relatrice del provvedimento di legge, aveva dichiarato: “Così ridurremo il danno ambientale di 22 miliardi di euro”.
Il 6 marzo 2020, inoltre, l’Italia ha aderito al Patto europeo sulla plastica (European plastic pact) per accelerare sul riuso e il riciclo con soluzioni innovative per una transizione più rapida verso l’economia circolare. In questo modo anche il nostro paese si è impegnato ad investire nelle infrastrutture di raccolta e riciclo di rifiuti, prevedendo politiche fiscali di sostegno e sensibilizzando i consumatori.
In precedenza, nel 1995 il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) aveva adottato un Programma d’azione mondiale per la protezione dei mari contro l’inquinamento dovuto alle attività umane (Global programme of action, Gpa). Nel 2012, esso è stato poi affiancato dal Partenariato mondiale sui rifiuti marini. Nel 2019, inoltre, sono state adottate due risoluzioni: Lottare contro l’inquinamento provocato dai prodotti monouso di plastica e Rifiuti di plastica e microplastica nei mari. Esse prevedono di rafforzare il coordinamento e la cooperazione internazionale in materia.
L’obiettivo sul lungo termine è di eliminare plastica e microplastica dagli oceani. Inoltre, le Nazioni Unite hanno conferito ad un gruppo di esperti un mandato per riflettere su sistemi di gestione internazionale dei rifiuti, al fine di studiare un possibile trattato sulla plastica. I risultati dello studio saranno illustrati nel corso della quinta Assemblea Onu per l’ambiente (riunione di 193 nazioni del mondo che si tiene regolarmente dal 2014), prevista per il 2021.
Nel maggio del 2019, inoltre, alla Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento è stato aggiunto un allegato specifico sui prodotti di plastica. Ma anche numerosi altri documenti ufficiali citano il problema: dalla Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos) a quella di Londra sulla prevenzione dell’inquinamento negli oceani, fino a quella per la prevenzione dell’inquinamento prodotto dalle navi.
La pericolosità della plastica per ecosistemi, ambiente, clima e salute umana è dunque ormai nota. Eppure in troppi continuano a contrastare le normative volte a limitarne la produzione e il consumo. La vicenda della plastic tax italiana è in questo senso emblematica. Si tratta di un’imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego, dunque non riciclabili. Accompagnata da incentivi per le aziende produttrici di prodotti in plastica biodegradabile e compostabile.
Il comma 634 dell’art. 1 della L. 160/2019 ha introdotto una nuova “imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego”. La “plastic tax” punta, nelle intenzioni del legislatore, ad “arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell’ambiente”. Attraverso la leva fiscale, si punta dunque ad “attuare un’inversione di tendenza nell’utilizzo comune dei prodotti di materiale plastico, promuovendo al contempo la progressiva riduzione della produzione e quindi del consumo di manufatti di plastica monouso”.
In termini concreti, l’imposta verrà applicata a numerosi prodotti di uso quotidiano, definiti “manufatti con singolo impiego” (Macsi). Ovvero, ad esempio, “le bottiglie, le buste e le vaschette per alimenti in polietilene, i contenitori in tetrapak utilizzati per diversi prodotti alimentari liquidi”. Ma anche i “contenitori per detersivi realizzati in materiali plastici” o quelli utilizzati “per la consegna delle merci quali elettrodomestici o apparecchiature informatiche, gli imballaggi in polistirolo espanso, i rotoli in plastica pluriball e le pellicole e film in plastica estensibili”.
Sono tenuti a pagare la plastic tax i fabbricanti italiani, coloro che acquistano Macsi per le proprie attività economiche e chi li importa da paesi terzi. Il costo è stato fissato a 0,45 euro per chilogrammo.
Essa prevede un costo di 45 centesimi per ogni chilo di plastica, compreso il Tetra-pak. È stata una delle misure della legge di bilancio 2020 più contestate e discusse. Con la pandemia e la necessità di rilanciare il sistema economico, le voci contrarie alla tassa sono tornate, tanto da convincere il governo ad una riflessione ulteriore. Sfociata in un rinvio della plastic tax al 2021.
Sulla plastica (così come in numerosi altri ambiti), il rischio è infatti che si scelga la strada della “ripresa ad ogni costo”. Ovvero che pur di rilanciare imprese e consumi si decida di ritardare, indebolire, se non addirittura cancellare le normative a tutela dell’ambiente e del clima.
Un timore che negli Stati Uniti si è già trasformato in realtà. Le azioni intraprese per ridurre il consumo di plastica usa e getta sono state rimandate, se non annullate, a causa della pandemia di Covid 19. In alcuni stati – California, Massachusetts, Connecticut, New York e Maine – le leggi per vietare l’utilizzo di buste di plastica e favorire quelle riutilizzabili sono state sospese. In California, addirittura, sono stati prodotti in un mese 500 milioni di sacchetti di plastica in più.
Nove miliardi di dollari. È la cifra mostruosa che il colosso francese del petrolio Total, la compagnia di stato dell’Arabia Saudita Saudi Aramco e la multinazionale britannica Ineos prevedono di investire per la costruzione di un colossale complesso petrolchimico.
Per l’azienda con sede a Londra, presieduta dal miliardario Jim Ratcliffe, si tratterà del primo grande investimento in Medio Oriente. Il denaro si concentrerà nel progetto Jubail 2: le tre aziende sperano di tagliare il nastro a tre fabbriche entro il 2024.
Più in generale, anche a causa dell’uso di mascherine, visiere e guanti, il consumo di plastica è aumentato durante il confinamento. E le prospettive dell’industria sembrano in crescita: “I consumatori stanno scegliendo di nuovo questo materiale. Gli imballaggi in plastica in particolare risultano estremamente importanti per rendere sicura la catena alimentare”, ha dichiarato Alexandre Dangis, direttore generale dell’associazione di categoria European plastics converters (EuPC). Che ha chiesto esplicitamente alla Commissione di Bruxelles di ritardare di un anno la normativa che vieta la plastica monouso.
Il post-coronavirus rischia dunque di rivelarsi estremamente dannoso per il processo di affrancamento dalla plastica: “È troppo presto per fare una valutazione – spiega Enrico Giovannini, anima sostenibile del comitato di esperti, la task force guidata da Vittorio Colao per il rilancio del sistema economico italiano –. Dovremo vedere come nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, come verranno gestiti dei fenomeni di breve termine, come nel caso dei dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, plastica monouso nei ristoranti, alberghi e bar). Perché il rischio, come qualcuno ha già paventato, è quello di tornare indietro”.
Fortunatamente, non tutti puntano a tale risultato. Ad esempio, nella grande distribuzione italiana – che tra imballaggi, prodotti in vendita e buste propone ai consumatori una grandissima quantità di plastica – esiste un caso virtuoso. Quello della Coop.
Il tour 2020 di Coop per ridurre la plastica nei mari con LifeGate PlasticLess
Un tour di 25 tappe, per collocare altrettanti cestini mangia rifiuti – i Seabin – nelle acque di mari e fiumi italiani. È questo l’impegno preso dal gruppo con la campagna messa in atto nel 2020 Le nostre acque e l’adesione al progetto LifeGate PlasticLess, pensato per diffondere consapevolezza sul tema dell’inquinamento da plastica e promuovere buone pratiche. Come quella dei Seabin, dispositivi galleggianti, in funzione 24 ore su 24, sette giorni su sette, con il compito di ripulire le acque. Capaci di raccogliere in media 500 chilogrammi di rifiuti di plastica all’anno, incluse le pericolose microplastiche e le microfibre.
La campagna Coop era stata anticipata già nel 2019, dall’installazione di un primo Seabin presso la Marina di Sestri Ponente, a Genova, dove in un solo anno il cestino ha raccolto ben 1.700 chilogrammi di rifiuti galleggianti. Un risultato eccezionale, dovuto a un posizionamento strategico e a un’oculata manutenzione.
Partito da Firenze il 16 luglio 2020, questo virtuoso tour ambientale ha permesso di posizionare i Seabin lungo le coste dei mari e le rive di laghi e dei corsi d’acqua, per contribuire a rendere il nostro Belpaese ancora più bello e più pulito.
L’impegno di Coop sul tema della plastica
L’adesione al progetto PlasticLess si inserisce in una più ampia strategia di impegno ambientale ed economia circolare, portata avanti fin dagli anni Settanta da Coop.
Centrale in questo impegno è sempre stata la lotta all’inquinamento da plastica. Già negli anni Ottanta, infatti, l’insegna aveva iniziato a promuovere azioni di sensibilizzazione sul tema, puntando poi a una progressiva riduzione del packaging per i prodotti a marchio e in generale dell’uso della plastica nei suoi punti vendita. Un traguardo importante in questo senso fu quello raggiunto nel 2009, quando Coop anticipò di due anni la normativa, sostituendo i tradizionali sacchetti di plastica (circa 450 milioni l’anno immessi nell’ambiente) con le buste biodegradabili in amido di mais.
Un altro segno concreto dell’impegno portato avanti in questo ambito da Coop è stata l’adesione nel 2018 (unica insegna della grande distribuzione e fra le 50 imprese italiane aderenti) alla Pledging Campaign. Una scelta su base volontaria lanciata dalla Commissione europea per stimolare l’implementazione del mercato della plastica riciclata. L’adesione si è tradotta per Coop nell’obiettivo di raggiungere, nel 2025, un risparmio di plastica vergine di 6.400 tonnellate all’anno (corrispondenti al volume di circa 60 tir). Un intervento che eviterà l’immissione di 9mila tonnellate di CO2 in atmosfera.
Tali progressi sono stati anche premiati. Per due anni consecutivi Coop ha infatti ricevuto importanti riconoscimenti, partecipando al Bando per l’ecodesign degli imballaggi nell’economia circolare, promosso dal Conai (il Consorzio Nazionale Imballaggi) e patrocinato dal ministero dell’Ambiente. Nel 2020 l’insegna ha ottenuto 19 premi per altrettanti prodotti di uso quotidiano, che hanno avuto il grande merito di facilitare l’adesione a buone pratiche tra tutti quei consumatori sempre più attenti all’impatto ambientale della propria spesa.
Tra i prodotti e gli interventi premiati nel 2020: il brillantante Casa Coop, premiato per gli interventi di alleggerimento del peso del flacone e l’uso del 100 per cento di plastica riciclata, le sgrammature applicate alle confezioni (è il caso dell’acqua minerale o degli shopper riutilizzabili) e la semplificazione degli incarti (come nel caso del burro Vivi Verde dove l’incarto diventa monomateriale e la confezione nella sua interezza è compostabile e riciclabile).
Lo stesso successo si è ripetuto con il bando del 2021, che ha assegnato a Coop un Super Premio e 19 menzioni, ottenuti grazie all’utilizzo di materiale riciclato, di scarti industriali al posto della materia vergine e di operazioni di sgrammatura ed eco-design. Il premio principale è stato assegnato a Coop per l’innovazione e l’uso di materiale riciclato nella gruccia monoclip di esposizione della linea di intimo adulti a marchio. Oggetto che ha ricevuto nello scorso mese di ottobre anche il Premio Carta Etica del Packaging, assegnato dall’Istituto Italiano Imballaggi.
A questo si sono aggiunti 19 riconoscimenti per Coop Italia in varie categorie e riferiti a altrettanti prodotti a marchio, tra cui 5 Superpremi per l’innovazione circolare. Un risultato importante, non soltanto perché si tratta del numero maggiore di premi assegnati a una stessa impresa, ma proprio perché frutto di un impegno concreto nell’applicare i principi di circolarità direttamente a prodotti di largo consumo che entrano ogni giorno nelle case degli italiani. Tra questi l’olio di mandorla nella linea dedicata ai bambini (Crescendo Coop) con il nuovo flacone in plastica riciclata al cento per cento; le vaschette per affettati sottoposte a importanti interventi di sgrammatura e, ancora, l’inserimento di informazioni per l’invio corretto alla raccolta differenziata prima dell’obbligo legislativo. Un impegno reale che ha portato all’insegna un montepremi complessivo di 500 mila euro. A ritirare i premi Renata Pascarelli, direttrice Qualità Coop Italia che ha dichiarato: “Ci onora ricevere questi Premi che per il loro valore e per la quantità dimostrano l’impegno profuso da Coop sul versante dell’eco compatibilità dei nostri prodotti in un’ottica di economia circolare. E’ la continuazione di un percorso che già ci aveva visti vincitori in passate edizioni”.
Altre dimostrazioni dell’attenzione di Coop a promuovere e diffondere buone pratiche è stata la scelta – fatta all’indomani della fine del primo lockdown – di proporre ai suoi soci e clienti i prodotti sostenibili realizzati da Guzzini, in esclusiva per l’insegna. Si tratta della linea Re-Generation di Guzzini®, fatta al 70 per cento di plastica riciclata e 100 per cento made in Italy, oggetto del collezionamento presente in tutti i punti vendita di Coop.
Si tratta della prima collezione di barattoli e lunch box utilizzabili in frigo, in frezeer e in microonde realizzati in plastica riciclata post-consumo, proveniente da filiera italiana. Ideali per conservare il cibo e organizzare con funzionalità la cucina, ma anche per trasportare il pasto fuori casa. Questi prodotti presentano caratteristiche di grande valore per i consumatori, per l’ambiente e per l’economia italiana, rappresentano infatti l’eccellenza sostenibile del nostro paese: il design, la qualità e lo stile inconfondibile del made in Italy, l’economia circolare e la lotta allo spreco alimentare.
Fino al 25 novembre 2020, facendo la spesa in tutti i punti vendita Coop, è stato possibile collezionare i bollini e, con l’aggiunta di un piccolo contributo, ricevere proprio i prodotti della linea Re-Generation Guzzini. Composta di plastica riciclata e con un design frutto del miglior made in Italy, la linea è stata realizzata in esclusiva per i punti vendita Coop. Una scelta che si inserisce nel percorso portato avanti dal marchio verso la riduzione della plastica e in un’ottica di circolarità.
Proseguendo a passo spedito su questa strada, inoltre, Coop si è imposta di anticipare al 2022 l’obiettivo stabilito dall’Unione europea per il 2030, di utilizzare – per i prodotti a marchio – solo imballaggi riciclabili, compostabili o riutilizzabili. Traguardo che l’insegna ha già raggiunto per la linea Viviverde, specificatamente dedicata alla tutela dell’ambiente.
Azioni e risultati concreti, ai quali si aggiunge l’adesione (firmata nel settembre 2019) alla Dichiarazione della Circular Plastic Alliance, voluta dalla Commissione europea, per promuovere la riduzione delle materie plastiche, aumentare la diffusione delle materie plastiche riciclate e stimolare l’innovazione del mercato.
A segnare un ulteriore step nel percorso di riduzione della plastica intrapreso da Coop è stata l’introduzione della prima bottiglia di acqua minerale a proprio marchio realizzata con il cento per cento di plastica riciclata, arrivata sugli scaffali dalla metà di giugno 2021 nel formato da 1 litro (acqua oligominerale, sia naturale che frizzante, proveniente dalla sorgente modenese di Monte Cimone). Questo passaggio è stato consentito dalla novità introdotta nella legge di bilancio 2021, che ha alzato il limite consentito nell’uso alimentare in Pet riciclato dal 50 al 100 per cento. Un risultato importante a soli due anni dal debutto del formato in plastica riciclata al 30 per cento di tutte le acque a marchio Coop, lanciato in occasione del Jova Beach Tour del 2019 e che porta avanti l’impegno nella promozione di un uso più responsabile dell’acqua minerale sostenuto da Coop già dal 2009 con la campagna “Acqua di casa mia”.
Altra particolarità della nuova bottiglia Coop è il tappo ancorato al contenitore, che permette di evitarne la dispersione e facilita le operazioni di riciclo. Con questa soluzione Coop anticipa così le prescrizioni di legge della direttiva Sup che, a partire da luglio 2024, imporrà che contenitore e capsula non debbano separarsi (tethered cap). A dimostrazione del ruolo di apripista assunto ancora una volta dall’insegna nel settore della grande distribuzione, a beneficio di tutta la società.
Un mare di idee per le nostre acque
Scopri il tour ambientale di Coop e LifeGate
15.933
kg di rifiuti galleggianti
1.062.203
bottigliette di plastica da 0,5L
212
*distanza percorsa se mettessimo in fila le bottigliette da 0,5L
Tra le tante iniziative messe in campo da Coop per diventare protagonista attiva dell’impegno ambientale c’è anche l’adesione al progetto LifeGate PlasticLess, che consente di ripulire le acque di mari, fiumi e laghi attraverso l’installazione dei dispositivi Seabin. Questi speciali cestini galleggianti “mangiarifiuti” sono infatti in grado di catturare una media di 500 chili di rifiuti all’anno, incluse le dannose microplastiche e microfibre disperse nelle acque.
Inaugurato nel 2019 e proseguito per tutto il 2020 con l’installazione di 12 Seabin lungo le coste di fiumi, laghi e mari italiani, questo virtuoso tour è ripartito anche nel 2021 con la nuova campagna Un mare di idee per le nostre acque. L’iniziativa ha preso il via il 29 aprile da Portopiccolo-Sistiana a due passi da Trieste e proseguirà per tutta la primavera-estate con un calendario più che raddoppiato rispetto al 2020. Saranno infatti 34 i nuovi Seabin installati quest’anno da Coop e LifeGate, con un percorso che si concluderà in autunno proprio a Trieste, in concomitanza della Barcolana, storica regata velica di inizio ottobre.
Con il lavoro di questi instancabili spazzini Coop si prefissa di raccogliere almeno 23 tonnellate di rifiuti in un anno (pari al peso di circa 1.500.000 bottigliette di plastica). “Un obiettivo non di poco conto”, assicura Maura Latini, amministratrice delegata Coop Italia intervenuta all’evento di Portopiccolo. “Se mettessimo in fila 1 milione e mezzo di bottiglie percorreremo circa 300 km di strada, pari alla distanza tra Milano e Firenze. Con il rilancio della campagna Coop ribadisce il suo impegno e dimostra di essere in prima linea per la salvaguardia del nostro ecosistema. Nell’edizione 2021 abbiamo aumentato il numero di Seabin da posizionare e abbiamo raccolto altre adesioni di chi come noi è convinto non sia più il tempo di aspettare per intervenire con azioni positive sul nostro ecosistema”.
Tra i primi a voler salire a bordo per intraprendere insieme questo simbolico viaggio di responsabilità ecologica c’è Findus, azienda leader nel settore dei surgelati che ha adottato 10 dei 34 Seabin Coop. Oltre a Findus, alla campagna promossa da Coop, si aggiunge anche il Gruppo Fater, leader di mercato nel settore dei prodotti per l’igiene personale e della casa con i brand ACE, Lines e Pampers, grazie al quale sono stati posizionati due Seabin, quello a Venezia al Marina Santelena e un altro posizionato a Marina di Pisa presso il Porto Turistico di Pisa. Al loro fianco anche la barca a vela Anywave, la prima ad aver istituito a bordo la figura del Reco – Responsabile ecologico e ad aver stilato un Decalogo di comportamenti da cui non derogare sia in navigazione che nelle fasi di attracco nei porti. Con una speciale regata, la barca toccherà alcune delle tappe dell’iniziativa (in particolare Livorno, Sanremo, Brindisi, Portofino, Ancona, Trieste, Venezia) e avrà una funzione di supporto educational, ospitando soci, consumatori e scuole. Inoltre, a portare il loro prezioso contributo saranno anche testimonial noti per il loro impegno per l’ambiente, come l’esploratore e divulgatore ambientale Alex Bellini e il navigatore in solitaria Ambrogio Beccaria.
La campagna Un mare di idee per le nostre acque si inserisce nella strategia di impegno ambientale, portata avanti fin dagli anni Settanta da Coop, in modo particolare nella lotta all’inquinamento da plastica. A dimostrarlo è stata anche l’adesione volontaria alla Pledging Campaign, con cui l’insegna si è impegnata a utilizzare 6.400 tonnellate annue di plastica riciclata al posto della vergine nei propri prodotti entro il 2025. “La partecipazione e la promozione della campagna ‘Un mare di idee per le nostre acque’ è coerente con l’idea di sviluppo armonico a cui Coop Alleanza 3.0 ispira il suo Piano di sostenibilità per il prossimo triennio, in linea con i 17 obiettivi previsti dall’Agenda Onu 2030”, ha dichiarato Enrico Quarello, direttore Politiche sociali e relazioni territoriali di Coop Alleanza 3.0.
Tra le oltre 34 mete raggiunte quest’anno, ci saranno, oltre a Sistiana, Livorno, Sanremo, il lago Piediluco, il lago di Como, il lago di Garda – Riva del Garda, il lago di Bilancino, il lago Maggiore – Verbania e Trieste. Un viaggio seguito passo dopo passo- e Seabin dopo Seabin – da LifeGate, per rendicontare risultati e aggiornare in tempo reale questa virtuosa mappa di responsabilità ecologica.
Sempre più vicina al traguardo dei 46 Seabin annunciati e con oltre 14.500 kg di rifiuti già raccolti in meno di due anni, la campagna Un mare di idee per le nostre acque, torna a fare tappa a Trieste, in un’occasione molto speciale: l’edizione numero 53 di Barcolana, in corso dall’1 al 10 ottobre 2021. Ma oltre a inaugurare il 39esimo Seabin della campagna, che sarà installato al porto di Trieste, presso Riva Mandracchio – Bacino San Giusto, Coop parteciperà alla più grande regata d’Europa in qualità di partner e da protagonista. Il 10 ottobre (salvo condizioni meteo avverse) due equipaggi d’eccezione prenderanno infatti parte alla storica competizione velica: quello di velisti professionisti a bordo della Anywave Safilens (già partner di Coop nel progetto di Un mare di idee per le nostre acque) e quello che salperà sulla Kind of magic, composto dal primo team interamente formato da dipendenti Coop appassionati di vela e capitanato da Ambrogio Beccaria, primo navigatore in solitaria italiano a vincere la Mini Transat, attraversando l’Atlantico con la sua barca da 6 metri.
Per dare ulteriore visibilità all’enorme problema dell’inquinamento da plastica Coop ha scelto i giorni della Barcolana anche per inaugurare l’installazione Mettiamoci nelle loro pinne, posizionata nella piazza Unità d’Italia di Trieste, per offrire ai visitatori un’esperienza immersiva. Ad accogliere i passanti è infatti un percorso all’interno di una semisfera, che consente di sperimentare la sensazione di un pesce costretto a nuotare in mezzo a rifiuti di plastica di ogni tipo.
In contemporanea Coop parteciperà anche al Sea Summit, un importante evento in corso dal 6 al 9 ottobre a Trieste, dove esperti, politici e scienziati provenienti da tutto il mondo, sono chiamati a riflettere sullo stato di salute delle acque del Pianeta e sul futuro del Mediterraneo. Un’occasione preziosa per l’insegna italiana per condividere i risultati e le prospettive della propria lotta all’inquinamento da plastica: dalla riduzione degli imballaggi, alla sostituzione dei materiali che li compongono, fino alla promozione di buone pratiche di riciclo e riuso che hanno portato a evitare in tre anni l’utilizzo di 8500 tonnellate di plastica vergine. Traguardi che vanno di pari passo con scelte orientate alla tutela della biodiversità, come quella di aver certificato il proprio pescato come sostenibile e antibiotic free, prestando una particolare attenzione alla delicata pesca del tonno.
Scelte di indirizzo con ricadute positive su tutto il settore della Gdo, responsabile da solo del 70 per cento degli acquisti alimentari e quindi fondamentale per cambiare i paradigmi di tutta la filiera. Ecco perché, dopo aver lanciato la bottiglia di acqua a marchio, in plastica riciclata al cento per cento (che significa mille tonnellate all’anno di plastica riciclata utilizzata al posto di quella vergine), Coop ha scelto proprio il palcoscenico del Sea Summit per annunciare un ulteriore passo avanti, attraverso la voce dell’amministratrice delegata Maura Latini. Per poter trovare posto sugli scaffali dei suoi punti vendita, l’insegna chiederà all’industria di marca “di usare plastica riciclata con una percentuale variabile, almeno del 25 per cento entro il 2024, anticipando così gli obiettivi dell’Unione Europea”.
Azioni concrete, basate su scelte coraggiose e incoraggianti. La transizione ecologica passa anche da qui.