Una nuova ricerca sul sonno degli animali mostra come l’ambiente collettivo influenzi il ritmo di sonno e veglia degli esseri viventi.
Le lontre sono tornate in val Chiavenna
Le lontre sono tornate in Val Chiavenna e con loro la certezza del benessere del nostro ecosistema e, soprattutto, dei corsi d’acqua montani che le ospitano
- Il ritorno della lontra in val Chiavenna testimonia lo stato di salute dell’ecosistema montano e soprattutto dei corsi d’acqua.
- L’evento è stato salutato con entusiasmo da ricercatori ed etologi, ma dovrà essere attentamente monitorato nei prossimi mesi.
- Le lontre sono i più attendibili indicatori della salute di fiumi, ruscelli e laghi e, quindi, dell’intero territorio.
Negli anni scorsi le lontre erano una gradita presenza nelle Alpi lombarde. Ma la caccia e le condizioni climatiche e ambientali avverse le avevano messe a rischio. Un declino che sembra essersi fermato nei giorni scorsi quando, in val Chiavenna, è stata rinvenuta una traccia che può far presupporre la presenza di uno di questi mustelidi sul territorio. Un evento salutato dal generale plauso degli etologi e dei naturalisti perché la presenza delle lontre è il sintomo più evidente del benessere dell’ecosistema e, soprattutto, dei corsi d’acqua montani.
Il mondo delle lontre
La lontra vive in un’area geografica molto ampia che va dalla penisola iberica fino al Giappone e ai paesi del Nordafrica come Marocco, Tunisia e Algeria. In Italia, è considerata una specie in pericolo di estinzione ed è localizzata nelle regioni del centro e del sud della penisola. Mancano, comunque, dati recenti sulla dimensione della popolazione che è stimata approssimativamente in 230-660 individui. La presenza delle lontre è legata ai corsi d’acqua come testimoniano i suoi adattamenti etologici. Il corpo allungato, la fitta pelliccia, le zampe palmate, le piccole orecchie e le narici che si chiudono quando si immerge sono altrettante testimonianze della sua natura acquatica. Le lunghe vibrisse, inoltre, permettono alle lontre di localizzare le prede anche nelle acque più torbide e di notte. La lontra si nutre principalmente di pesci come alborelle, cavedani, vaironi e anguille. La sua dieta è integrata anche da uccelli acquatici, piccoli mammiferi e granchi di fiume. È un animale solitario e, se si esclude il periodo della riproduzione, vive tutto l’anno nel suo territorio costituito da un tratto di fiume che assicura siti di rifugio e disponibilità di prede. La maggior parte delle informazioni sul suo ciclo riproduttivo derivano soprattutto da studi di individui tenuti in cattività. La gestazione va dai 61 ai 74 giorni e i parti possono avvenire in tutte le stagioni con la nascita di 1-3 piccoli. Negli ultimi anni anche alcune regioni del nord Italia hanno visto il ritorno delle lontre: il Trentino ( presumibilmente arrivate dall’Austria) e il Friuli ( probabilmente dalla Slovenia).
Per molti anni, soprattutto nel decennio che va dal 1960 al 1970, la lontra fu usata per produrre pellicce e altri manufatti e la sua caccia – le lontre non sopravvivono in cattività – divenne una costante per molti paesi, soprattutto nella penisola iberica. La sopravvivenza della specie venne in questo modo compromessa, ma la tutela e la protezione instaurate negli anni ’80 permise di risparmiarne nuovamente la presenza negli habitat naturali.
Un ritorno gradito
La presenza delle lontre è stata confermata, nell’ambito del progetto Geriko Mera, nel fiume Mera in val Chiavenna, per ora unico sito in Lombardia di ritorno spontaneo di questa specie. Verificando la qualità dell’habitat fluviale a inizio gennaio sono state ritrovate feci di lontra nel tratto alto del Mera. La probabile origine degli individui è costituita dalla popolazione svizzera dell’Engadina che è in contatto con le austriache attraverso la Valle dell’Inn. Era da anni che gruppi di ricerca e associazioni aspettavano il ritorno del mammifero grazie proprio all’espansione delle lontre austriache e svizzere.
“La lontra era certamente presente fino alla prima metà del Novecento nel territorio dell’Adda nord e probabilmente l’ultima osservazione si fa risalire al 1980 presso il lago di Mezzola”, commenta Mauro Belardi, biologo e presidente del gruppo Eliante che si occupa di progetti per la tutela e la conservazione dell’ambiente. “La notizia di questi giorni del suo ritorno in val Chiavenna è clamorosa. La provenienza è certamente l’Engadina, dove esiste un piccola popolazione non stabile che ha risalito il fiume Inn dall’Austria, a dimostrazione che le capacità di movimento di questi animali sono altissime e che, ragionevolmente, abbiamo a lungo sovrastimato l’insormontabilità delle barriere”, continua Belardi.
In questo caso parliamo di almeno un individuo che frequenta saltuariamente la Val Bregaglia dall’Engadina e che percorre, di volta in volta, il passo del Maloja nonostante una serie di dighe e oltre 1000 metri di dislivello. “Certamente esiste spazio per la lontra anche sul territorio lombardo, dove tuttavia spostandosi verso sud, permangono problemi di scarsa connettività fluviale, diffusione delle nutrie, qualità delle acque e stabilità del regime idrico”, conclude Belardi.
Animale elusivo e poco amante del contatto con l’uomo, come il lupo del resto e altri predatori, orso in testa, la lontra non è facile da osservare in natura e il suo avvistamento rimane un evento etologico di notevole importanza.
“Le lontre sono un indicatore ecologico formidabile e la loro presenza testimonia la salute dell’habitat e, soprattutto, dei corsi d’acqua del territorio dove la lontra dimora ed è solita cacciare. In Val Chiavenna è stata rilevata la presenza di feci di questo mustelide. Si dovrà, però, continuare a monitorare attentamente l’habitat montano per confermare nei mesi a venire la reale presenza di lontre nel territorio”, spiega il professor Paolo Tremolada, docente di ecologia ed etologia presso l’Università Statale di Milano (Unimi). Appuntamento, quindi, a settembre per una disamina più precisa dell’evento. Ma la speranza, e i presupposti positivi, per ora ci sono tutti.
Le minacce alla vita delle lontre
In Italia, la conservazione della lontra è stata affrontata a partire dagli anni Ottanta con l’organizzazione del Gruppo Lontra che condusse al primo censimento italiano. Successivamente, l’impegno dei ricercatori si è concentrato nella salvaguardia dei siti più importanti con l’istituzione di alcune oasi Wwf. Sfortunatamente, ogni anno diversi esemplari finiscono investiti lungo le strade durante i loro spostamenti notturni tra un corso d’acqua e l’altro. E non mancano purtroppo anche atti di bracconaggio dovuti al conflitto con i pescatori e gli allevamenti ittici. E, per un animale così legato ai fiumi, i nuclei riproduttivi ridotti e isolati rappresentano sempre un fattore critico per la sopravvivenza a lungo termine.
Ma le minacce all’esistenza di questo mustelide sono ancora molte. E, ovviamente, dipendono tutte dalla naturale indole a essere “invasivo” dell’essere umano e delle sue attività. La distruzione degli habitat fluviali, l’inquinamento da sostanze chimiche, gli scarichi urbani e industriali fino all’impoverimento della fauna ittica, risorsa fondamentale per questo carnivoro, rimangono fra i primi deterrenti per la salute della specie. E proprio il pcb, cioè i composti organici persistenti altamente tossici nell’ambiente e a livello del suolo (e quindi dei corsi d’acqua) ha molto influito sulla presenza del mustelide nei nostri territori. Non solo. Lo sfruttamento idroelettrico, il taglio e l’impoverimento della vegetazione, essenziale per la specie, sia nella fase riproduttiva che in altri periodi della sua vita, diventa una minaccia da non sottovalutare. Anche il deflusso minimo vitale (cioè la giusta quantità d’acqua rilasciata nei fiumi dalle derivazioni idroelettriche) dovrebbe essere sempre garantito, così come forma e funzionalità ecologica dell’alveo del corso d’acqua.
Dopo gli anni del declino, però, è stata stabilita la protezione legale della specie e questo l’ha ovviamente aiutata a riprendersi. Tuttavia la lontra resta in Italia una specie classificata a rischio per la Lista Rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). E anche in Europa il mustelide è ancora considerato “near threatened” ( cioè quasi a rischio). Insomma, la lontra avvistata in val Chiavenna ci induce a sperare in un futuro migliore per il nostro habitat montano e, quindi, per tutto ciò che ci circonda. Non dobbiamo dimenticare, però, che si tratta di un piccolo, timido segnale e che i nostri sforzi devono continuare per riportare armonia e sostenibilità nella natura e nell’ambiente.
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