Il livello di inquinamento supera di 60 volte il limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il governo ha chiuse le scuole e ha invitato gli anziani a stare a casa.
La lotta contro l’amianto sbarca sui social grazie ai millennial
Da Lecco a Casale Monferrato, le storie di chi non si è arreso alla fibra killer che in Italia miete ancora 10 vittime al giorno, con 370mila siti da bonificare.
“È la promessa che ho fatto a mio padre: devo far conoscere la pericolosità della fibra killer che lo ha ucciso”. Cinzia Manzoni, 51 anni, impiegata e madre di due figlie, ha fatto della lotta all’amianto la sua ragione di vita.
Dal giorno della morte di papà Angelo, nel gennaio del 2015, deceduto a Lecco, a causa del mesotelioma, il tumore maligno causato dall’inalazione delle fibre di amianto, non si è mai fermata. Oggi è presidente dell’associazione Gruppo aiuto mesotelioma, che aiuta le persone colpite e dà supporto ai loro familiari. Lavorando, al contempo, per formare nuove generazioni di cittadini consapevoli, scendendo in piazza anche per il #FridayforFuture.
Visualizza questo post su Instagram25 MAGGIO 2019 Ore 10.00 Piazza Garibaldi – Lecco Mettete una maglietta bianca
Liberi di respirare e dall’amianto killer
Insieme a lei, i ragazzi e le ragazze del liceo artistico Medardo Rosso di Lecco stanno usando ogni mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica intorno ai troppi edifici, pubblici e privati, ancora contaminati, in Lombardia, dall’amianto, detto anche asbesto. Oltre 200mila secondo le stime di Legambiente, tra cui scuole, ospedali, fabbriche. Da Instagram a Youtube, dalla mostra fotografica Liberi di respirare: amianto killer al flashmob: ogni mezzo è lecito per attivare comunità e istituzioni contro il pericolo mortale che corriamo tutti, respirando i filamenti minerali, dispersi nell’atmosfera, 1.300 volte più sottili di un capello.
Casale Monferrato, Eternit e la rivincita civica
Tanto che il suo impegno le è valso il premio Vivaio Eternot 2019, il riconoscimento dedicato, dalla città di Casale Monferrato, a tutti coloro che si stanno battendo per la bonifica completa dell’amianto in Italia. La capitale del Monferrato, in Piemonte, luogo di colline e vigneti, il cui territorio è patrimonio Unesco dal 2014, è quella che ha patito di più, nel nostro Paese, l’inquinamento da asbesto. Sfociato in un vero e proprio disastro ambientale, per via della presenza dal 1906 al 1986 di Eternit, la più grande fabbrica di cemento-amianto d’Europa, proprietà dell’omonima multinazionale, attiva ancora in diversi Stati nel mondo.
L’industria, infatti, ha portato, dopo il primo benessere, la morte ad orologeria. Perché il mesotelioma è un tumore con tempi di latenza lunghissimi: la malattia si può verificare dai venti ai quarant’anni dopo aver respirato le fibre. L’esposizione professionale e ambientale alle polveri ha causato così migliaia di vittime. Eppure, nonostante i lutti che si contano in ogni famiglia, con ancora 70 nuovi casi di malattia all’anno, la comunità monferrina non si è arresa. E ha intrapreso una battaglia contro l’asbesto per ottenere bonifiche, giustizia e ricerche mediche, che non ha eguali al mondo.
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Giustizia e cultura, le armi contro l’amianto
Battaglia che ha unito l’Associazione familiari e vittime dell’amianto, i sindacati e l’amministrazione comunale, nella richiesta di giustizia sia nelle aule dei tribunali che verso lo Stato italiano. Con il primo processo Eternit, il patron Stephan Schmidheiny fu condannato in appello a Torino a 18 anni di carcere per il reato di disastro ambientale, dichiarato poi prescritto in Corte di cassazione nel novembre 2014. Una sentenza clamorosa che spinse il governo italiano, almeno, a stanziare milioni di euro per portare a termine l’eliminazione dell’amianto dalla città e dai 48 comuni del sito di interesse nazionale.
Leggi anche: Condanne al processo Eternit, breve cronistoria
Con il processo Eternit bis, nel 2015, tutto è ricominciato da capo. Le nuove indagini per la morte di 258 ex operai delle fabbriche Eternit di Cavagnolo, Casale Monferrato, Rubiera e Bagnoli, sono state suddivise tra le procure di Torino, Vercelli, Reggio Emilia e Napoli. Ma con la prima sentenza del 23 maggio 2019, il Tribunale di Torino ha nuovamente condannato Stephan Schmidheiny, dapprima imputato per omicidio volontario, passato poi a omicidio colposo, a quattro anni di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e al risarcimento delle parti civili, per la morte di due ex operai di Cavagnolo.
Ma è anche questione di educazione ambientale e cultura. A Casale Monferrato si impara da piccoli, fin dall’asilo, quant’è importante avere cura dell’ambiente e come ciò sia fondamentale per la nostra salute. Proprio le nuove generazioni fanno da guida ai visitatori dell’aula Asbesto-amianto, museo multimediale situato all’interno del liceo Cesare Balbo. Ragazze e ragazzi sono custodi della memoria di ciò che è stato, per guardare al futuro.
Bonifiche e ricerca sul mesotelioma, la strada è tracciata
Un cambiamento non solo virtuale ma concreto. Che non dimentica l’attenzione ai malati e ai loro familiari, con la creazione di un nuovo modello di cura e assistenza all’avanguardia, come l’hospice Zaccheo, centro d’eccellenza per le cure palliative, e l’Ufim, struttura di ricerca sul mesotelioma. E nel 2016 l’inaugurazione del parco Eternot, sorto là dove una volta c’era Eternit. Oggi sede di iniziative sulla sostenibilità ambientale, ospita il vivaio dell’albero diventato simbolo della lotta contro l’amianto: la Davidia involucrata. Una nuova pianta, ogni anno, viene donata ai vincitori del premio Vivaio Eternot.
Fino alla discarica comunale, caso unico in Italia, sotto stretto controllo del comune, lontano dalle infiltrazioni eco-mafiose, dove i cittadini, opportunamente attrezzati, possono anche conferire le piccole quantità di amianto, gratuitamente.
Leggi anche: Amianto. Là dove c’era Eternit ora c’è Eternot, il parco di Casale Monferrato
Se Casale Monferrato è diventato il centro del riscatto contro l’amianto, in Italia e nel mondo, non bisogna dimenticare che, ogni giorno, solo nel nostro Paese, 10 persone muoiono per mesotelioma o malattie asbesto-correlate. L’esposizione alle fibre di asbesto ha colpito per primi gli ex lavoratori. Si calcola che, nella nostra penisola, oltre 500mila persone siano state esposte nei luoghi di lavoro, ma quasi il 30 per cento di queste, secondo i registri regionali, come in Lombardia, non sa dove può averlo respirato. Dal 1993 al 2015, secondo gli ultimi dati di Inail sono stati diagnosticati ben 27.356 casi di mesotelioma. E se non si bonifica si continuerà a morire.
Eppure, sono oltre 370mila i siti contaminati in tutta Italia, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente. Almeno 3.200 scuole, ospedali, caserme, case private. Dai tetti alle fioriere, dalle caldaie alle tubature. L’amianto, ottimo isolante, è stato usato dappertutto, dalle guarnizioni per gli impianti termici a coibentante per navi e treni. Ed è ancora presente in decine di migliaia di fabbriche operanti, come nei petrolchimici e nelle centrali termiche. Nei siti industriali in disuso che attendono di essere bonificati, come l’ex Isochimica di Avellino, le ex Officine grandi riparazioni delle Ferrovie dello Stato a Bologna o l’area Fibronit a Broni, in provincia di Pavia.
Nonostante la messa al bando con la legge 257/1992, molte regioni in Italia non hanno neppure completato la mappatura dei siti contaminati. Il Piano nazionale amianto presentato dall’allora ministro della Sanità, nel 2013, Renato Balduzzi, non è mai stato finanziato e non ha superato lo scoglio della conferenza Stato Regioni. Il cosiddetto Testo unico, disegno di legge del 2016, che avrebbe dovuto unificare le oltre 400 norme regionali e statali, è rimasto lettera morta nelle commissioni parlamentari.
Durante la scorsa Giornata dedicata alla vittime dell’amianto, il 29 aprile scorso, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, proprio da Casale Monferrato ha annunciato l’istituzione di una nuova cabina di regia presieduta da Raffaele Guariniello, procuratore di Torino. Fu proprio lui che istruì e seguì il primo processo Eternit che portò alla condanna dei vertici della multinazionale, in primo e secondo grado. Processo poi caduto in prescrizione in Corte di cassazione il 19 novembre del 2014. Ora è alla guida della commissione che entro fine giugno 2019 dovrà dare ai cittadini risposte sulla mappatura, la bonifica, il monitoraggio, la ricerca.
Amianto, un problema globale
Nell’Italia contaminata, quindi, Casale Monferrato sarà la prima città libera dall’amianto in Italia entro il 2020, facendo del nostro Paese una buona pratica internazionale. Perché all’estero non va certo meglio. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, 125 milioni di lavoratori sono stati esposti al rischio amianto, cancerogeno in tutte le sue forme e ogni anno muoiono, ancora, 100mila persone per i suoi effetti. Se in Brasile l’asbesto è stato da poco messo al bando, insieme ad altri 60 paesi nel mondo, lo si produce ancora in India e la Russia lo estrae e lo trasporta, ancora liberamente, in Europa e in America, come segnala il New York Times.
Un problema globale a cui bisogna dare risposte locali. Ma come? Per prima cosa bisogna capire se l’amianto è ancora presente nel nostro territorio, dove abitiamo. I cittadini possono segnalare i siti contaminati rivolgendosi ai comuni, alle Arpa e alle Asl. Ruolo fondamentale in questo processo è quello delle associazioni di volontariato presenti in ogni regione (come Afeva, Aiea, Sportello amianto nazionale e tutte le associazioni comprese nel Coordinamento nazionale amianto) che si sono attivate per sollecitare le bonifiche e fornire una prima assistenza volontaria alle persone esposte o malate.
In attesa che intervengano davvero le istituzioni, sono molte le iniziative partite dal basso da seguire. Dalla mappatura fai da te, a costo zero, realizzata dal comune di Rubiera, allo Sportello amianto nazionale che aiuta i comuni a sensibilizzare i cittadini alla bonifica, fino all’individuazione di aziende in grado di smaltire in sicurezza, e non disperdere nuovamente nell’ambiente, le lastre di cemento-amianto. In passato, un grande contributo alla rimozione delle lastre di Eternit è arrivato dall’incentivo per la sostituzione con pannelli fotovoltaici. Iniziativa bloccata da tempo, sollecitata dalla campagna #BastaAmianto, in attesa dell’approvazione del decreto sulle rinnovabili.
Ad agosto @A_LisaCorrado di #Possibile ha consegnato 55000 firme al Min @SergioCosta_min che ha promesso incentivi sulle rinnovabili. Da allora tutto tace e l’#amianto permane anche sui tetti delle nostre scuole. #MiGuardiMinistro e dia seguito all’impegno preso.#EuropaVerde pic.twitter.com/Udy2ABB46t
— AllaBaselaScuola (@ScuolaPossibile) 28 aprile 2019
Ogni cittadino può fare la sua parte, come l’esempio di Cinzia Manzoni ci mostra. “Con i ragazzi delle scuole abbiamo monitorato i siti dei comuni in provincia di Lecco – conclude la presidente del Gruppo aiuto mesotelioma – scoprendo che molte amministrazioni non fornivano informazioni sufficienti”. A Lecco, invece, proprio grazie alla collaborazione tra Gruppo aiuto mesotelioma e gli uffici comunali, c’è uno sportello dedicato ai cittadini, che fornisce assistenza alla popolazione”. E sono proprio i ragazzi a spiegare agli adulti cosa si può fare.
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