Lunedì 7 giugno, diversi attivisti sono stati arrestati dopo aver occupato un cantiere nel nord del Minnesota. I manifestanti stavano bloccando l’accesso alla Line 3, progetto di ampliamento di un oleodotto che, una volta a regime, dovrebbe trasportare 760mila barili di sabbie bituminose al giorno dalla provincia dell’Alberta, in Canada, fino a Superior, nel Wisconsin, passando per il Minnesota. Un tragitto di oltre 500 chilometri.
Cos’è il progetto Line 3
La proposta di ampliare l’oleodotto esistente è promossa dalla Enbridge, società canadese che gestisce circa un quarto della produzione di greggio in America settentrionale. Costruita negli anni Sessanta, la pipeline è ormai colpita da corrosione, crepe e perdite. Problematiche che hanno costretto la Enbdrige, nel 2008, a dimezzare la propria capacità di produzione, scendendo così a 390mila barili al giorno. L’idea di ampliare l’oleodotto è stata avanzata nel 2014, così da poter ripristinare la capacità di trasporto originale.
Nel 2016, il progetto, il cui costo è stimato a 4 miliardi di dollari, ottiene il consenso del Canada e degli stati federali americani del Nord Dakota e del Wisconsin, ciascuno per i relativi segmenti di oleodotto. Il processo di autorizzazione è stato più complicato nel Minnesota, dove organizzazioni per la giustizia climatica e gruppi di nativi americani si sono opposte al progetto.
Proprio nel Minnesota, il percorso del nuovo oleodotto, approvato dall’ex-presidente degli Stati Uniti Donald Trump, attraversa sulla carta 200 bacini idrici, tra cui il fiume Mississippi per ben due volte. Il territorio, rivendicato da diverse comunità di nativi, è ricco di bacini idrografici incontaminati, dove cresce un riso selvatico sacro per la cultura del popolo Ojibwe.
Nonostante i ricorsi depositati dagli oppositori, la Enbridge ha ottenuto il permesso di costruire a dicembre 2020 dalla Minnesota Public utilities commission (Puc), che aveva già deliberato a favore dell’intero percorso nel 2018. Ad aprile 2021, l’amministratore delegato di Enbridge, Al Monaco, ha dichiarato che il progetto deve essere completato entro la fine dell’anno.
Completato il 60 per cento dell’opera
Secondo gli attivisti del Minnesota, che da sei anni lottano contro il progetto attraverso la campagna ‘Stop Line 3’, l’oleodotto ha già arrecato un danno incalcolabile al territorio e alla sua economia. Il 3 marzo 1991, una falla vicino a Grand rapids, proprio nel Minnesota, provocò la fuoriuscita di circa 6,5 milioni di litri di petrolio greggio nel fiume Prairie, affluente del Mississippi. È stata la più grande fuga di petrolio nell’entroterra nella storia degli Stati Uniti e le attività di bonifica sono durate cinque anni.
Dalla parte dei nativi si sono schierati diverse celebrità (tra le quali l’attrice Jane Fonda) e anche le agenzie governative. Il dipartimento del cCmmercio del Minnesota, infatti, ha portato Enbridge e Puc in tribunale, chiedendo loro di dimostrare come la domanda di petrolio proveniente da sabbie bituminose fosse tale da giustificare la costruzione della linea. Il responso è atteso nel mese di giugno 2021 e il tribunale potrebbe revocare i permessi di costruzione di Enbridge.
Intanto, fuori dai tribunali, i gruppi guidati dagli indigeni hanno ritardato la costruzione lungo il tracciato attraverso manifestazioni non violente. Gruppi come il Giniw Collective, Camp Migizi, Honor the Earth e la Rise Coalition hanno organizzato decine di proteste a cui hanno partecipato migliaia di persone nei primi quattro mesi di costruzione.
In particolare, da quando è iniziata la costruzione della Line 3, a dicembre 2020, la Northern lights task force – una vera e propria coalizione tra forze dell’ordine – ha arrestato più di 200 persone per aver protestato lungo il percorso dell’oleodotto. Il rapporto che esiste tra Enbridge e forze di polizia non è per nulla trasparente: il dipartimento dello sceriffo della contea di Cass, per esempio, ha chiesto un rimborso alla società energetica per ore e attrezzature con causale “Linea 3 project security”. La richiesta è di 350mila dollari e copre il periodo dal 28 novembre al 19 febbraio, poco meno di tre mesi.
I lavori, intanto, sono proseguiti e ora, come sostiene la società, è stato realizzato già il 60 per cento dell’opera. Il 7 giugno i manifestanti hanno tenuto un raduno nella contea di Hubbard in cui hanno partecipato circa 2.500 persone. Gli organizzatori l’hanno definita la più grande manifestazione organizzata fino a oggi contro la Line 3.
Department of Homeland Security @customs intimidating Water Protectors defending Indigenous territory against the destruction of #Line3 tar sands. @potus@SecMayorkas the only security issue here is the illegal trespass of Enbridge onto Ojibwe treaty territory. pic.twitter.com/ii3OR7ziH6
— giniw collective (@GiniwCollective) June 7, 2021
Cosa può fare Joe Biden
L’ampliamento della Line 3 mette alla prova anche l’impegno dell’amministrazione Biden nei confronti della politica climatica. Nella sua prima settimana da presidente degli Stati Uniti, ha firmato un ordine esecutivo con cui prometteva di tornare a fare la propria parte per combattere i cambiamenti climatici, facendo rientrare gli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi. Ma Biden ha anche cancellato un altro progetto di oleodotto, il Keystone XL, che avrebbe trasportato anche petrolio da sabbie bituminose dal Canada. Di recente ha anche sospeso i contratti di locazione delle trivellazioni petrolifere nell’Arctic national wildlife refuge.
Sulla Line 3, finora Biden è rimasto in silenzio. Il greggio trasportato, una volta bruciato, aggiungerebbe quasi 200 milioni di tonnellate di gas ad effetto serra nell’atmosfera ogni anno durante la vita dell’oleodotto, secondo le stime contenute nella dichiarazione finale di impatto ambientale del progetto. Si tratta dell’equivalente di quanto emesso da 45 centrali elettriche a carbone, o da 38 milioni di automobili.
“Non puoi cancellare il Keystone XL e poi permettere la costruzione di un oleodotto di sabbie bituminose quasi identico. È ipocrisia!”, ha commentato Tara Houska, avvocato del movimento tribale e membro del gruppo indigeno Couchiching first nation. I leader tribali ripongono le speranze nella segretaria degli interni Deb Haaland, prima nativa a diventare membro di un governo americano, che già nel 2016 si unì ai manifestanti sioux di Standing rock accampati per mesi in opposizione all’oleodotto Access Dakota pipeline. Il peso politico della segretaria potrà influire sull’eventuale decisione di Biden.
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