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Occhio alla luce blu. Come proteggersi dall’eccessiva esposizione, naturale e artificiale
Esistono due fonti di luce blu: quella naturale arriva dal sole ed è una delle frazioni – la più potente – della luce visibile all’occhio umano. La luce blu artificiale è emessa dagli schermi di cellulari, computer, tablet, televisori. È meno potente rispetto a quella del sole, ma considerata la massiccia esposizione ai dispositivi elettronici
- Esistono due fonti di luce blu: quella naturale arriva dal sole ed è una delle frazioni – la più potente – della luce visibile all’occhio umano.
- La luce blu artificiale è emessa dagli schermi di cellulari, computer, tablet, televisori. È meno potente rispetto a quella del sole, ma considerata la massiccia esposizione ai dispositivi elettronici ha comunque un impatto più o meno significativo.
- La luce blu può affaticare o addirittura danneggiare la vista e interagisce con la melatonina, interferendo, nel caso delle fonti artificiali fissate nelle ore notturne, con il ritmo “sonno veglia”. Inoltre, accelera il fotoinvecchiamento e sembra possa favorire l’herpes labiale.
Tra le parole sempre più ricorrenti nel lessico comune e che stanno catalizzando l’attenzione degli scienziati (e dei media), un posto d’onore spetta a “luce blu”. Merito – o demerito – della diffusione esponenziale non solo dei dispositivi tecnologici, considerato che gli schermi di smartphone, tablet, Ipad, computer, TV ne emettono in dosi massicce. Ma anche dei sistemi di illuminazione a Led che, se da un lato permettono un risparmio energetico rispetto a quelli di vecchia generazione, dall’altro ci espongono anch’essi a questa specifica radiazione, aumentando l’impatto dell’inquinamento luminoso sull’organismo, in particolare su vista, ritmi circadiani e pelle. Un impatto che, a scanso di equivoci, è “dose-dipendente”, nel senso che è l’eccessiva esposizione anche a questa specifica frazione della luce dello spettro del visibile a creare i possibili disagi. Esistono infatti due fonti di emissione di luce blu: quella naturale è il sole e ci colpisce quando ci troviamo all’aperto. Quella artificiale è meno potente ma più diretta e aumenta al rischio di possibili danni in base al tempo di utilizzo dei dispositivi che la emettono. In sostanza, più si è “iperconnessi”, maggiori sono i potenziali effetti nocivi della luce blu artificiale, che sommandosi a quella naturale può creare una situazione di esposizione (quasi) senza soluzione di continuità.
Cos’è la luce blu (e la luce visibile) e perché quella naturale è essenziale per diverse funzioni vitali
Come primo passo per capire la portata della luce blu sul corpo, occorre sviscerarne ulteriormente la natura e le fonti di emissione. La più importante e intensa fonte della luce blu è quella naturale, che come detto proviene dal sole. Nello specifico, è una delle frazioni della luce visibile all’occhio umano dello spettro solare (e la più vicina agli UVA) e quella che contiene più energia – per questo è conosciuta anche come Hev, High energy visible light. In pratica, la luce visibile è data dall’insieme dei colori dell’arcobaleno e ha lunghezze d’onda variabili, comprese fra 380 e 780 nanometri: la componente blu, in particolare, è quella dell’intervallo tra i 380 e i 500 nanometri (quella rossa, tanto per avere un altro parametro di riferimento, è compresa tra i 622 e i 780 nanometri). Insieme agli infrarossi, la luce visibile, inclusa dunque la frazione blu, rappresenta ben il novanta per cento di tutta la radiazione solare ed è necessaria per garantire prestazioni visive adeguate e lo svolgimento di alcuni processi fisiologici fondamentali. “La radiazione visibile contribuisce ad aumentare del dieci-quindici per cento il numero dei globuli rossi, contrastando di conseguenza l’anemia e l’astenia. Ma, soprattutto, influisce sulla secrezione di ormoni come estrogeni, testosterone, progesterone, GH-ormone della crescita e sulla sintesi delle endorfine, che innalzano l’umore e aiutano a gestire meglio ansia, stress e disturbi correlati”, spiega Massimo De Bellis, idroclimatologo medico ed esperto di medicine non convenzionali a Milano. Ma la radiazione solare avrebbe importanti, positivi effetti pure sulle capacità di difesa dell’organismo, anche in funzione “antivirus”. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che una carenza di luce solare, come accade quando si passa troppo tempo in luoghi chiusi e illuminati artificialmente, può indebolire il sistema immunitario. Tra questi, ci sono quelli condotti dal fotobiologo John Nash Ott, noto per essere stato il pioniere della fotografia in time-lapse e il primo che con i suoi studi ha convinto un’azienda americana a produrre lampade per illuminazione ad ampio spettro (per approfondimenti: Luce, radiazione e vita, di John Nash Ott, IPSA editrice).
Gli stretti legami tra melatonina e luce blu
In particolare, la frazione blu della luce visibile regola il ritmo sonno-veglia. In sostanza, è quella che come un interruttore, accendendosi o spegnendosi, avverte il nostro corpo che è ora di stare svegli oppure di andare a dormire. Tutto questo agendo su un ormone fondamentale per il benessere: la melatonina. “L’ormone dell’addormentamento, la melatonina per l’appunto, è secreto dall’epifisi o ghiandola pineale del cervello solo in assenza di luce. Il suo rilascio è al massimo durante la notte, con un picco tra l’una e le tre del mattino. Per questo, la massiccia esposizione alla luce blu dei dispositivi elettronici è considerata un interferente, un agente inquinante luminoso capace di deprimere la secrezione del prezioso ormone, che oltre a regolare i ritmi circadiani di sonno-veglia aumenta l’azione citotossica delle cellule NK (cellule Natural killer), fondamentali nella difesa immunitaria, protegge il sistema nervoso centrale ed è un potentissimo antietà, pure per la pelle”, ricorda De Bellis. È per questa stretta relazione tra luce blu e secrezione di melatonina che gli esperti consigliano di dormire completamente al buio e di non fissare gli schermi di cellulari, TV, PC e altri dispostivi elettronici almeno tre ore prima di coricarsi.
Luce blu: l’impatto su occhi e pelle
Ancor più impattante è la luce visibile sulla vista, tanto che una quantità eccessiva di luce nell’intervallo blu-violetto, in particolare tra i 380-450 nanometri – la frazione a più alta intensità – raggiungendo la retina, interagendo con l’epitelio pigmentato maculare e i fotorecettori, a lungo andare e in assenza di un’adeguata protezione può danneggiare il tessuto oculare fino a favorire l’invecchiamento precoce della retina e la degenerazione maculare. “Queste radiazioni luminose del blu naturali sono particolarmente potenti in montagna e in condizioni di nebbia e foschia e, non essendo messe perfettamente a fuoco sulla retina, affaticano l’occhio favorendo la sensazione di secchezza e di presenza di corpo estraneo”, ricorda De Bellis. Anche la luce blu artificiale, considerata l’elevata e frequentissima esposizione cui siamo sottoposti quotidianamente, può provocare affaticamento visivo e secchezza, fino ad esporre al rischio di sviluppare una vera e propria sindrome da occhio secco. Per limitare i danni, all’aperto e in città (la luce blu è attiva/nociva in qualsiasi ambiente e stagione) è utile indossare occhiali da sole dotati di lenti “CFP”, che neutralizzano il riflesso azzurrognolo della luce blu e migliorano il contrasto delle immagini, soprattutto se si soffre di retinite pigmentosa, di degenerazione maculare o di fotofobia. Sui campi da sci, in particolare, è importante preferire occhiali che oltre a neutralizzare anche la luce blu siano sicuri in caso di caduta e che aderiscano bene al viso, per impedire passaggi laterali di luce. Durante il lavoro al computer, invece, oltre a rilassare la vista staccando spesso lo sguardo dagli schermi, guardando possibilmente fuori dalla finestra, per contrastare la secchezza è utile sbattere frequentemente le ciglia, così da inumidire la cornea, e applicare un collirio idratante con acido ialuronico. Un aiuto arriva anche dagli occhiali “office” (dotate di lenti CFP, graduate o non graduate secondo necessità), che filtrano la luce blu, riducendo l’abbagliamento e migliorando il contrasto delle immagini.
Luce blu e pelle: quali i possibili danni?
“Il meccanismo d’azione della luce visibile sulla pelle non è ancora ben chiaro”, interviene il dermatologo Giovanni Leone, coordinatore scientifico Area dermatologia e Centro di fotodermatologia e cura della vitiligine dell’Ospedale Israelitico di Roma e presidente della Società europea di fotodermatologia. Che specifica: “Si ipotizza abbia un effetto depressivo sulle cellule immunitarie cutanee e che di conseguenza possa favorire, per esempio, l’herpes labiale. Riguardo in particolare alla frazione blu e al suo impatto sulla pelle di viso e corpo, si pensa sia una possibile concausa del danno da fotoinvecchiamento, soprattutto nella formazione delle macchie scure”, dice Leone. In sintesi, allo stato delle attuali conoscenze scientifiche si ritiene che la luce visibile potenzi le reazioni chimiche di tipo ossidativo, favorendo la formazione di radicali dell’ossigeno. Ma riguardo all’impatto della luce visibile e della frazione blu sulla pelle, occorre sottolineare che la più potenzialmente “dannosa” è quella naturale: l’intensità della luce del sole, infatti, è fino a mille volte superiore rispetto a quella emessa degli schermi dei device. In teoria, si dovrebbero trascorrere circa 64 giorni interi davanti al proprio tablet, cellulare o PC per raggiungere l’equivalente di un’ora di esposizione al sole. Più che dalla luce blu emessa dai dispositivi, dunque, è necessario proteggere la pelle dalla luce blu del sole, anche in inverno e in città.
In sostanza, la miglior soluzione è applicare una crema giorno su viso, collo e mani, le parti ora più esposte, che includa anche blend di filtri fisici e filtri chimici rispettosi della pelle e dell’ambiente (prodotti secondo i principi della green chemistry, “chimica buona”), come il mexoryl, il M.E.C., il triasorb e il tinosorb, e che contengano a supporto molecole antiossidanti specifiche per proteggere anche dalla radiazione del visibile e del blu, come l’ectoina, la vitamina C, i tocotrienoli e gli estratti dalla liquirizia. “Sulle labbra, soprattutto se si è inclini a soffrire di herpes labiale, è utile applicare anche in città gli stick solari ad altissima protezione”, dice Leone. In montagna, in particolare sui campi da sci dove le condizioni tra altitudine e riverbero della neve generano un’esposizione massiccia a tutta la radiazione solare, è importante utilizzare sempre filtri solari molto alti, di preferenza fisici. In particolare, tra i filtri fisici che schermano più efficacemente anche dalla luce visibile spicca l’ossido ferro: oltretutto, durante la pratica sportiva solitamente è meno influente l’effetto antiestetico della patina visibile che crea sulla pelle, osserva Leone. Sulle zone più fragili – contorno occhi, guance, naso, oltre che labbra – applicare sempre uno stick a protezione molto alta. “Consigliata anche l’assunzione a supporto di integratori antiossidanti, per migliorare le difese immunitarie della pelle, per esempio con il Roc (Red orange complex), un complesso ottenuto da diverse varietà di arance rosse di Sicilia (moro, tarocco, sanguinello), che è particolarmente ricco di flavonoidi e antocianine, oppure con il licopene (estratto dal pomodoro) o con l’astaxantina” conclude Leone. Curiosità: l’astaxantina è derivata da alghe, crostacei e altri organismi marini, che la sintetizzano proprio per proteggersi dalla luce visibile.
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