Scontro diplomatico tra Brasile e Israele dopo le parole di Lula, che ha parlato apertamente di genocidio a Gaza. Dove intanto la situazione umanitaria è drammatica.
Per Lula era dai tempi dell’Olocausto che non si vedeva un massacro come quello in corso a Gaza per mano israeliana.
Israele ha reagito richiamando convocando l’ambasciatore brasiliano e definendo Lula “persona non grata”.
Sul campo Israele si prepara all’invasione di Rafah e il popolo palestinese non sa più dove scappare.
C’è stato uno scontro diplomatico tra il Brasile e Israele. Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha detto che a Gaza l’esercito israeliano sta commettendo un genocidio, aggiungendo che una cosa simile non si è mai vista nella storia, tranne in un’occasione: lo sterminio degli ebrei da parte del regime nazista tedesco. Israele ha risposto a queste esternazioni dichiarando Lula “persona non grata”.
Intanto sul campo è sempre più vicina l’invasione via terra dei militari israeliani di Rafah, l’ultimo rifugio del popolo palestinese. E ancora non è chiaro dove Israele voglia sfollare i civili.
Lula accusa Israele di genocidio
Nelle scorse ore il presidente brasiliano Lula ha fatto quelle che forse sono le dichiarazioni più forti contro l’offensiva israeliana da parte di un presidente da quando il 7 ottobre sono iniziati i bombardamenti. Quel giorno Lula aveva peraltro definito “terrorista” l’attacco di Hamas in Israele che era costato la vita a 1.200 persone.
“What Israel is doing in Gaza is like what Hitler did to the Jews.”
“Ciò che sta accadendo al popolo palestinese nella Striscia di Gaza non è esistito in nessun altro momento storico. In effetti, esisteva: quando Hitler decise di uccidere gli ebrei”, ha sottolineato durante una visita ad Addis Abeba, in Etiopia. Lula, che nelle scorse settimane aveva supportato la causa del Sudafrica contro Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia, ha evidenziato che sul campo non è in corso una guerra, ma un genocidio che sta coinvolgendo donne e bambini. E ha puntato il dito contro quei paesi che hanno sospeso i finanziamenti all’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, dopo che politici israeliani hanno denunciato legami (per ora non confermati) di una decina di suoi dipendenti su 30mila con Hamas. “Se c’è stato un errore in quell’istituzione che raccoglie i soldi, bisogna scoprire chi ha commesso l’errore. Ma non vanno sospesi gli aiuti umanitari alle popolazioni che da decenni cercano di costruire il loro Stato”, ha evidenziato.
Le parole di Lula non sono piaciute alla leadership politica israeliana. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha annunciato la convocazione dell’ambasciatore brasiliano per esprimere il dissenso. Lula è stata poi dichiarata “persona non grata” in Israele. Il premier Benjamin Netanyahu ha parlato di “banalizzazione dell’Olocausto”.
Israele punta Rafah
Mentre tra Israele e Brasile si consuma lo scontro diplomatico, la situazione nella Striscia di Gaza è sempre più critica dopo ormai quattro mesi e mezzo di attacchi israeliani via terra e via aerea. Il bilancio provvisorio è di circa 29mila morti palestinesi e la maggior parte degli edifici del territorio sono distrutti o inagibili.
Ora l’offensiva israeliana si sta concentrando sulla zona Rafah, lì dove si trova ammassata la gran parte della popolazione. Israele ha compiuto bombardamenti nell’area e ha lasciato intendere l’imminenza di un’invasione, in quella che è l’unica città dove finora l’esercito israeliano non è arrivato in modo strutturato via terra. Il membro del Gabinetto di Guerra ed ex ministro della Difesa, Benny Gantz, ha detto che Rafah verrà invasa se entro l’inizio del Ramadan del 10 marzo non saranno stati liberati gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. In parallelo il presidente Netanyahu ha ordinato restrizioni all’ingresso degli arabi alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme, una decisione che limita la libertà di culto dei palestinese nel periodo religiosamente più importante dell’anno.
Displaced people in #Rafah suffer from: • Diseases • Cold • Food scarcity • Fear of being bombed • Loss of loved ones • 24/7 sound of drone buzzing • Lack of security #Rafah_under_attackpic.twitter.com/mq9U1N55N4
L’imminenza di un’invasione di Rafah non è stata finora accompagnata da un piano di evacuazione del popolo palestinese che lì si trova rifugiato. Si è parlato di tendopoli lungo il mare, mentre lavori sono stati segnalati anche al di là del confine in Egitto, con la possibile creazione di una zona cuscinetto di accoglienza. Nei mesi scorsi era stato proprio Israele a spingere a Rafah centinaia di migliaia di persone, quando le sue operazioni erano concentrate nelle aree più settentrionali. Veniva definito un luogo sicuro, ma ora queste persone potrebbero essere nuovamente spostate, mentre la tragedia umanitaria nella Striscia ha raggiunto livelli mai visti prima. Nelle scorse ore il Nasser Hospital di Khan Younis, l’ospedale più grande ancora operativo, ha smesso di funzionare a causa dell’assenza di carburante e della sua occupazione da parte dei militari israeliani.
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