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— Lula 13 (@LulaOficial) October 30, 2022
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Lula sarà presidente del Brasile: al ballottaggio di domenica 30 ottobre ha battuto l’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro, in carica dal 2018.
Lula è di nuovo presidente del Brasile. È stato un testa a testa fino all’ultima sezione scrutinata ma, alla fine, i risultati definitivi delle elezioni in Brasile hanno confermato ciò che avevano previsto i sondaggi. Dopo essersi piazzato in testa al primo turno con il 48,4 per cento delle preferenze, al ballottaggio di domenica 30 ottobre Lula ha incassato il 50,9 per cento dei voti. Esce sconfitto con il 49,1 per cento il presidente uscente, l’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro.
Luiz Inácio Lula da Silva, 77 anni, con un passato da operaio metalmeccanico e sindacalista, è uno storico esponente del Partito dos Trabalhadores, di orientamento progressista. Per lui questo sarà il terzo mandato. Dopo i primi due, dal 2003 al 2011, aveva passato il testimone alla compagna di partito Dilma Rousseff. Entrambi erano stati poi travolti da una colossale inchiesta per corruzione: Lula ha trascorso 580 giorni in prigione, salvo poi essere scarcerato e aver visto annullare tutte le sentenze a suo carico.
“Governerò per i 215 milioni di cittadini brasiliani, non solo per quelli che hanno votato per me”, ha promesso durante i festeggiamenti pubblici per la vittoria al ballottaggio, nella serata di domenica 30 ottobre. “Non ci sono due Brasile. Siamo un paese, un popolo, una grande nazione”.
Nella stessa occasione, Lula ha fatto notare che Bolsonaro non l’aveva ancora contattato per riconoscergli la vittoria. Nelle prime ore dopo l’ufficializzazione dei risultati, il presidente uscente ha preferito non rilasciare dichiarazioni pubbliche; e c’è chi teme che possa contestare l’esito delle elezioni in Brasile, ipotesi che aveva già avanzato in passato.
Fino a un paio di mesi fa le intenzioni di voto dei cittadini sembravano molto più nette, tant’è che Lula aveva sperato di incassare la vittoria alle elezioni in Brasile già al primo turno. Il 2 ottobre però Bolsonaro aveva ottenuto il 43,3 per cento dei consensi, molti di più rispetto al previsto, riuscendo peraltro a piazzare i suoi fedelissimi al Congresso o come governatori degli stati federati (come Cláudio Castro, riconfermato a Rio de Janeiro). Da allora, nei sondaggi la distanza tra i due candidati presidenti si è assottigliata ulteriormente. E l’esito del ballottaggio appariva tutt’altro che scontato.
Anzi: quando sono usciti i primi dati, con il 25 per cento delle sezioni scrutinate, Bolsonaro appariva nettamente in testa con più del 51 per cento dei voti. Nell’arco di poco più di un’ora però l’esito si è ribaltato, fino a confermare l’elezione di Lula con il 50,9 per cento.
Questa rimonta è tutt’altro che inedita, sottolinea il New York Times, e può essere spiegata sulla base del sistema di voto. Il Brasile infatti è l’unico paese al mondo in cui i voti sono raccolti soltanto in formato elettronico; una scelta necessaria, visto che la sua superficie è doppia rispetto a quella dell’intera Unione europea e comprende località molto remote. Lo scrutinio si conclude quindi nell’arco di poche ore. Di norma i primi risultati confermati sono quelli delle regioni più ricche, dove la rete internet è più stabile e veloce e, tendenzialmente, i candidati governatori sono più forti. Man mano che si aggiungono le sezioni delle zone povere e rurali, come quelle nel nord est del paese, i risultati si riequilibrano. Questo dunque è un trend che si era già verificato in passato e su cui Bolsonaro aveva puntato il dito, paventando frodi che nessuno però è mai riuscito a dimostrare.
La campagna elettorale che ha portato a questo risultato è stata tesa, polarizzata, a tratti violenta. Nelle ultime settimane si sono diffuse senza sosta fake news che le autorità hanno provato a placare, senza troppo successo: da un lato si accusava Bolsonaro di essere un pedofilo e un cannibale, dall’altro lato si descriveva Lula come comunista e satanista.
Addirittura il giorno del ballottaggio è stato segnato da parecchi episodi controversi. Dalle testimonianze nei social media infatti è emerso che, in diversi stati federati, gli agenti di polizia hanno fermato gli autobus che portavano i cittadini alle urne, per interrogare i passeggeri. Cosa che era stata esplicitamente vietata perché, di fatto, si tratta di un ostacolo al voto.
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