Lula ha firmato una misura provvisoria per alzare il salario minimo mensile, con l’obiettivo di adeguarlo annualmente all’inflazione.
Ha anche allargato l’esenzione fiscale sui redditi più bassi: ora chiunque guadagni meno di 482,26 euro al mese non pagherà imposte sul reddito.
Queste misure vogliono sostenere il potere d’acquisto della popolazione in un paese, come il Brasile, caratterizzato da profonde disuguaglianze.
Luiz Inacio Lula da Silva, insediatosi per la terza volta come presidente del Brasile a gennaio 2023, ha colto l’occasione del primo maggio per annunciare due importanti novità: l’innalzamento del salario minimo e una generosa esenzione fiscale sui redditi più bassi. Due misure che sono orientate a migliorare il tenore di vita delle fasce meno abbienti della popolazione ma, al tempo stesso, dovranno essere bilanciate con la necessità di tenere sotto controllo il debito pubblico.
Salario minimo, la promessa di Lula
Il predecessore di Lula, l’ex-militare di estrema destra Jair Bolsonaro, aveva fissato il salario minimo mensile a 1.302 real, cioè 238 euro. Lula ha firmato una misura provvisoria per incrementarlo di 18 real, cioè 3,30 euro in più ogni mese. È effettiva a partire dal primo maggio e sarà approvata formalmente dal Congresso nell’arco di 120 giorni. Questo è soltanto il primo passo, perché Lula ha promesso di presentare una legge per adeguareogni anno il salario minimo all’inflazione. In questo modo, si riuscirebbe a tutelare il potere d’acquisto delle persone anche in periodi di aumento generalizzato dei prezzi.
Le agevolazioni fiscali sui redditi più bassi
Lula ha anche annunciato una misura volta ad alleviare la pressione fiscale sui redditi più bassi. Ad oggi, i lavoratori che guadagnano meno di 1.903,98 real al mese (347,80 euro) non pagano imposte sul reddito. Questa soglia però è rimasta inalterata dal 2015 in poi. A partire dal primo maggio è stata alzata a 2.640 real al mese (482,26 euro), con l’obiettivo di arrivare ai 5mila real (913,36 euro) a fine mandato, cioè nel 2026, come promesso in campagna elettorale.
Si tratterebbe di una rivoluzione per il sistema fiscale brasiliano. Ad oggi, infatti, le persone che guadagnano più di 4.664,68 real al mese (452 euro) sono già sottoposte all’aliquota più alta; nel 2026, secondo i piani di Lula, non pagheranno nulla. Il ministro delle Finanze ha già fatto sapere che l’aumento del salario minimo costerà allo stato circa 913 milioni di euro solo nel 2023, a cui si devono aggiungere i 584 milioni di euro per l’allargamento dell’esenzione fiscale.
Le profonde disuguaglianze socio-economiche in Brasile
La scelta di sostenere le persone meno abbienti è significativa in un paese, come il Brasile, caratterizzato da profonde disuguaglianze di carattere socio-economico. Stando alle stime delle Nazioni Unite, nel 2019 circa l’1 per cento più ricco della popolazione aveva in mano il 28,3 per cento del reddito nazionale. Solo in Qatar la concentrazione del reddito è maggiore. Oxfam sostiene che i sei individui più ricchi abbiano la stessa quantità di ricchezza di circa 100 milioni di persone.
Nel 2021 il tasso di disoccupazione era pari al 14,4 per cento. Per di più, circa il 40 per cento della forza lavoro è inquadrabile nella cosiddetta economia informale. In altre parole, 34,2 milioni di persone lavorano senza aver firmato un contratto, senza essersi registrate come persone giuridiche, senza ricevere una retribuzione in regola. Ci sono persone per cui le condizioni sono sistematicamente peggiori: andando avanti di questo passo, sostiene Oxfam, il divario salariale tra uomini e donne sarà colmato nel 2047 e quello tra persone bianche e nere nel 2089.
Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.
La scarcerazione di Narges Mohammadi è avvenuta per motivi di salute e durerà tre settimane. Cresce la pressione sul regime dell’Iran per renderla definitiva.
Migliaia di persone sono scese in strada contro la decisione del governo di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione europea fino al 2028. Violenta la reazione delle forze dell’ordine. La presidente della Georgia rifiuta di lasciare il mandato finché non verranno indette nuove elezioni.