Perché il declassamento della protezione del lupo è un errore

Il Comitato permanente della convenzione di Berna, ignorando i pareri del mondo scientifico, ha deciso di accogliere la richiesta da parte dell’Unione europea di declassare lo status di protezione del lupo.

Uomini e lupi hanno percorso insieme buona parte del proprio cammino evolutivo, instaurando nei millenni un rapporto profondo e ambivalente. Il conflitto tra pastori e lupi, iniziato con la rivoluzione neolitica circa settemila anni fa, ha raggiunto il suo culmine nell’Alto Medioevo quando, complici l’aumento demografico, l’espansione dei pascoli e la progressiva distruzione delle foreste, gli spazi vitali delle due specie si intersecarono come non mai. Lo schivo predatore, fino ad allora temuto, ma rispettato, venne tacciato come nemico pubblico, si iniziò a parlare del lupo mangiatore di uomini. L’uomo dichiarò guerra al lupo.

Oggi, dopo essersi affacciato sul baratro dell’estinzione e dopo un breve intervallo di tregua, durante il quale il lupo, forte della sua plasticità ecologica, è stato protagonista di una straordinaria ripresa demografica, è stato scritto un nuovo, triste, capitolo di questo rapporto travagliato.

Il rapporto tra uomo e natura è al Coesistenza festival
I lupi sono uno dei cardini della biodiversità nel nostro paese

L’Europa declassa il lupo

Il Comitato permanente della convenzione di Berna, organo decisionale della convenzione nata nel 1979 per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, ha infatti deciso, durante la 44esima riunione del comitato in corso a Strasburgo, di declassare lo status di protezione del lupo (Canis lupus) da “rigorosamente protetto” (Allegato II) a “protetto” (Allegato III).

L’Allegato II della Convenzione di Berna, strumento fondamentale per la conservazione della fauna del Vecchio continente, cui hanno aderito 49 paesi, elenca le specie di fauna “rigorosamente protette”, ovvero quelle specie particolarmente rare e minacciate da essere meritevoli di una tutela particolare (che prevede, tra le altre cose, il divieto di qualsiasi forma di cattura, custodia e uccisione deliberata e il danno o la distruzione di siti di riproduzione o di riposo).

Tra queste figura(va) il lupo, vittima di una feroce persecuzione nel secolo scorso che ne aveva causato l’estinzione da alcuni paesi europei e che aveva rischiato di far scomparire per sempre il “nostro” lupo, il lupo appenninico (Canis lupus italicus), sottospecie del lupo grigio eurasiatico.

Cosa cambia

Per le specie inserite nell’Allegato II è prevista la possibilità di poter ricorrere agli abbattimenti in deroga, in casi particolari che comprendono la prevenzione dei danni al bestiame e la tutela della sicurezza pubblica. Nonostante, dunque, la Convenzione prevedesse già la possibilità di praticare abbattimenti selettivi, il declassamento del lupo all’Allegato III, nel quale sono elencate le specie di fauna protetta, rende più semplice l’abbattimento dei lupi.

La Direttiva Habitat, che inserisce il lupo tra le specie di interesse comunitario che richiedono una “protezione rigorosa”, prevede inoltre che per la cattura o l’abbattimento di lupi sia necessaria l’autorizzazione del Ministero dell’ambiente, che a sua volta deve ottenere il parere favorevole di Ispra, concesso solo se “non esistono altre soluzioni praticabili e questo non pregiudichi la conservazione delle popolazioni interessate”.

La riduzione della tutela del lupo causata dal declassamento farebbe dunque venire meno una serie di vincoli, favorendo gli abbattimenti, le cui modalità dovrebbero poi essere definite dai singoli stati membri, purché si mantenga un livello soddisfacente di conservazione della specie su scala nazionale.

Una decisione politica, e ascientifica

La decisione di abbassare lo status di protezione del lupo, che si ritiene dettata da interessi politici e non supportata dalla scienza, ha provocato l’unanime sdegno delle associazioni ambientaliste e conservazioniste.

“Il declassamento dello status di protezione del lupo è una decisione politicamente motivata che non si basa sulle evidenze scientifiche”, ha commentato Sabien Leemans, responsabile del Wwf per la biodiversità.

È una sconfitta per la natura e per la scienza. Una scelta che rischia di riportarci indietro di decenni. Abbiamo il dovere morale e scientifico di proteggere questa specie, non solo per il suo valore intrinseco, ma per l’equilibrio degli ecosistemi e per il futuro delle generazioni che verranno

Daniele Ecotti, presidente di Io non ho paura del lupo

“Una sconfitta per tutti coloro che in questi anni si sono battuti per la protezione del lupo”, l’ha definita La Federazione nazionale Pro Natura.

Oltre agli appelli di oltre trecento associazioni, il Comitato permanente della convenzione di Berna ha ignorato il parere scientifico della Large carnivore initiative for Europe, gruppo di lavoro della Iucn, che ha evidenziato come, in base alle informazioni a disposizione, fosse necessario mantenere l’attuale livello di protezione.

La scelta di declassare il lupo sarebbe dettata dal fatto che rendere più semplici gli abbattimenti permetterebbe di ridurre le predazioni sul bestiame. Tale assioma, tuttavia, non è pienamente supportato dai dati scientifici. “Spesso non c’è alcuna variazione del numero di capi d’allevamento predati nelle zone in cui vengono fatti gli abbattimenti, rispetto alle zone nelle quali i lupi non vengono cacciati – riporta in un comunicato ‘Io non ho paura del lupo’. – Altre volte, come nel caso della Francia, i risultati di questi abbattimenti si sono rivelati addirittura controproducenti, aumentando in qualche occasione l’impatto predatorio a danno delle aziende dove erano stati praticati gli abbattimenti. Infatti, quando uno o entrambi i genitori di un gruppo familiare vengono uccisi prima che i cuccioli abbiano imparato a cacciare prede naturali, i giovani sono costretti a rivolgersi a prede più facili, come il bestiame”.

Gli studi concordano sul fatto che il modo migliore per ridurre l’impatto dei lupi sulla zootecnia sia quello di ricorrere ad interventi non letali ed alla diffusione degli strumenti di prevenzione fra gli allevatori.

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La specie del lupo è stata ritenuta, frettolosamente, fuori pericolo  © Pixabay

Come stanno i lupi

La popolazione di lupi è oggi in aumento nell’Unione europea e si stima la presenza di oltre ventimila esemplari. Questa eccezionale ripresa, che ha riportato la specie laddove era stata cacciata decenni fa con la forza, è stata consentita da diversi fattori. Innanzitutto, dalle leggi di protezione, ma anche dal notevole aumento degli ungulati selvatici, prede di elezione del lupo, e dallo spopolamento delle aree montane e pedemontane e dall’aumento della superficie forestale.

I numeri sono quindi incoraggianti, eppure, in alcune aree dell’Ue, il lupo si trova ancora in uno stato di conservazione sfavorevole. In particolare, nel Nord Europa, dove il rigido controllo selettivo ha ridotto drasticamente il numero di individui, causando un notevole impoverimento genetico che potrebbe provocare l’estinzione della popolazione scandinava nel giro di pochi anni.

L’Alleanza europea per la conservazione del lupo (Eawc), che raggruppa numerose associazioni che si battono per la tutela del lupo, tra cui l’italiana ‘Io non ho paura del lupo’, ha sottolineato le conseguenze negative che il declassamento dello stato di protezione del lupo potrebbe comportare sulla conservazione della specie, ritenuta frettolosamente fuori pericolo.

“Vorremmo attirare la vostra attenzione sul fatto che, sebbene il numero di lupi sia aumentato in alcuni stati membri dell’Ue, i lupi europei non costituiscono un’unica popolazione, ma sono frammentati in nove popolazioni distinte – si legge nella lettera che l’Eawc ha inviato ai membri della Convenzione di Berna. – Sei di queste nove popolazioni sono ancora minacciate secondo i criteri della Lista rossa dell’Iucn, mentre solo tre non sono considerate minacciate (categoria “Minor preoccupazione”)”.

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I lupi hanno un ruolo ecologico importante © Thomas Kienzle/AFP/Getty Images

Un ostacolo alla convivenza

Oltre ad avere risvolti pratici, ovvero rendere più facile il ricorso alla misura dell’abbattimento ai danni dei lupi, il declassamento di questo super-predatore, lascia presagire anche conseguenze più sottili, ma non meno pericolose. Potrebbe infatti mutare anche la percezione media delle persone nei confronti di questi animali.

L’utilizzo della violenza, e il ricorso a metodi letali, sarà ritenuto legittimo, catapultandoci in un passato (mai del tutto sepolto, a dire, il vero, a giudicare dagli atti di bracconaggio mai cessati) non così remoto, in cui il lupo era ritenuto un animale nocivo e ucciso con ogni mezzo.

Il difficoltoso processo di accettazione di questo grande carnivoro subirà, inevitabilmente, una brusca frenata e i tentativi di instaurare un rapporto diplomatico con questa specie, così simile a noi, più di quanto siamo disposti ad ammettere, rischiano dunque di naufragare, poiché alla coesistenza, ancora una volta, abbiamo preferito relazionarci con l’altro selvatico con un fucile in mano.

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