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Lush Prize 2015, premiata ricercatrice italiana contro i test sugli animali
Tra i vincitori del premio internazionale per la ricerca sui test alternativi c’è l’italiana Elena Kummer per un progetto di ricerca sugli allergeni.
Nei laboratori di tutto il mondo ogni anno vengono sezionate decine di milioni di animali, soprattutto roditori, ma anche cani, primati, bovini, ovini, pesci, mustelidi, uccelli, maiali, galline e rettili.
Un’altra ricerca, che non impieghi gli animali per la sperimentazione, è possibile. Questo il messaggio del Lush Prize 2015, il premio internazionale per la ricerca sui test alternativi ideato da Lush Cosmetics, azienda che realizza cosmetici freschi utilizzando esclusivamente ingredienti vegetariani, riducendo al minimo il packaging e rifiutando i test sugli animali.
Il premio è nato per incentivare la ricerca che non si avvale della sperimentazione animale, si suddivide in cinque categorie (Scienza, Formazione, Lobby, Sensibilizzazione dell’opinione pubblica e Giovani ricercatori) e assegna 450mila sterline alle migliori iniziative in questo ambito.
Tra i nove vincitori dell’edizione del 2015, provenienti da altrettanti paesi, c’è l’italiana Elena Kummer, ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano. “Sono davvero molto orgogliosa di questo riconoscimento – ha dichiarato la ricercatrice italiana stringendo il premio che simboleggia un coniglio che lotta contro i test sugli animali – che potrà rappresentare un passo avanti nell’abolizione della sperimentazione sugli animali in ambito cosmetico”.
Elena Kummer è stata premiata con un assegno di 10mila sterline per un progetto di ricerca sugli allergeni, il cui scopo è quello di fornire un metodo basato sull’uso di una linea cellulare per la valutazione della tossicità delle sostanze chimiche e “rimpiazzare l’attuale Test del linfonodo locale (Llna), che prevede l’utilizzo del topo, e che è ad oggi utilizzato nell’identificazione e nella caratterizzazione del potenziale allergico delle sostanze immesse sul mercato”, ha spiegato Kummer.
“La nostra ipotesi si basa sullo studio della forza di attivazione della Protein chinasi C (Pkc), una proteina coinvolta nella differenziazione delle cellule dendritiche e quindi nello sviluppo della dermatite allergica da contatto. Il grado di attivazione della Pkc in risposta ad allergeni di differente potenza, potrà fornirci informazioni utili per cercare di sostituire l’uso dell’animale nell’identificazione e nella caratterizzazione del potenziale allergico delle sostanze”.
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