Nel Madagascar flagellato dalla siccità, centinaia di volontari si sono messi di buona lena a piantare alberi. Stabilizzando ben 36mila ettari di dune.
A Faux-Cap, nella costa all’estremo sud del Madagascar, la sabbia ha sommerso tutto: campi un tempo verdi e rigogliosi, case, scuole, addirittura le tombe. Il vento la trasporta dall’entroterra, sempre più arido a causa dei cambiamenti climatici, formando dune che finiscono per inghiottire interi villaggi e costringono gli abitanti a trasferirsi. Anche con l’aiuto del Programma alimentare mondiale, però, la popolazione locale si è rimboccata le maniche. Trovando nella natura una soluzione. Centinaia di volontari si sono messi di buona lena a piantare alberi. Anni di lavoro e fatica hanno portato i loro frutti, perché le lunghe file di piante hanno stabilizzato ben 36mila ettari di dune (360 kmq), intrappolando l’umidità nel terreno e impedendo alla sabbia di muoversi.
Piantare alberi per stabilizzare le dune in Madagascar
Il supporto del Programma alimentare mondiale è stato fondamentale anche per scegliere le piante più adatte allo scopo. Ne sono state selezionate tre: una pianta rampicante detta lalanda serve a trattenere l’umidità del suolo, mentre il sisal (una pianta succulenta) e il filao (casuarina comune), una volta cresciuti, raggiungono una dimensione tale da arginare il vento. Il sisal, in particolare, può essere usato anche per realizzare corde e tappeti, o tetti per i capanni. Diventando così anche una risorsa utile per lo sviluppo dell’economia locale.
“Ripristinare gli ecosistemi, come scudi naturali contro i rischi climatici, è uno dei modi migliori per proteggere sia le persone sia il Pianeta. Aiuta a ridurre la vulnerabilità della popolazione agli impatti della crisi climatica proteggendo al contempo la biodiversità”, scrive il Programma alimentare mondiale. Non è un caso se l’Onu ha scelto il ripristino degli ecosistemi come tema per il decennio che va dal 2021 al 2030, sottolineando come la deforestazione e il degrado del suolo abbiano un impatto sulle condizioni di vita di almeno 3,2 miliardi di persone, oltre a contribuire alla sesta estinzione di massa e compromettere servizi ecosistemici il cui valore supera il 10 per cento del pil globale.
La crisi climatica affama il Madagascar
Il Programma alimentare mondiale sta lavorando fianco a fianco con il governo del Madagascar anche per fornire assistenza alimentare a circa un milione di persone fino al mese di aprile. Fin dal 2017 le stagioni delle piogge sono state molto più scarse della norma, determinando quella che è stata definita dagli esperti come la prima carestia dovuta ai cambiamenti climatici. Tutto questo in un paese che è considerato, al tempo stesso, tra i dieci più vulnerabili agli eventi meteorologici estremi. In virtù della sua posizione geografica, è il più esposto ai cicloni di tutto il Continente africano. Nella regione del Grand Sud, 334mila persone sono in uno stato di insicurezza alimentare considerato “di emergenza”.
1,14 milioni di persone in Madagascar si trovano in stato di insicurezza alimentare a causa della peggiore carestia degli ultimi decenni. Non c’entrano conflitti e malattie, ma i cambiamenti climatici.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.