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1,14 milioni di persone in Madagascar si trovano in stato di insicurezza alimentare a causa della peggiore carestia degli ultimi decenni. Non c’entrano conflitti e malattie, ma i cambiamenti climatici.
Il Madagascar sta vivendo la peggiore carestia degli ultimi decenni. Da ormai cinque anni le precipitazioni, soprattutto nel sud dell’isola, sono rare e questo ha messo in ginocchio l’agricoltura locale. Ampie parti di territorio stanno subendo un processo di desertificazione a causa della siccità. Sono 1,14 milioni le persone che si trovano in condizione di insicurezza alimentare, un numero che potrebbe raddoppiare già prima della fine del 2021. Il World food programme (Wfp) non ha dubbi, la causa di questa situazione va esclusivamente ricercata nei cambiamenti climatici.
Il Madagascar, isola del continente africano situata nell’oceano Indiano, è un paese in ginocchio e le colpe non sono le sue. La parte meridionale dell’isola sta vivendo un periodo di siccità che va avanti da ormai cinque anni e che sta causando la peggiore carestia dal 1981. Cinque delle ultime sei stagioni delle piogge hanno fatto registrare livelli di precipitazioni molto inferiori alla media, ci sono aree dove di fatto non piove da tre anni. In parallelo, il territorio è interessato sempre più frequentemente da tempeste di sabbia che stanno creando un terreno arido, secco, inadatto alle coltivazioni. Il risultato è che la popolazione locale non riesce più a mangiare, dal momento che il clima non glielo permette.
Sono 1,14 milioni le persone in stato di insicurezza alimentare, in 400mila vivono invece una vera e propria situazione di carestia. L’agenzia Afp ha contato almeno 340 decessi per fame sull’isola negli ultimi mesi. Se i campi dei villaggi non sono più in grado di offrire prodotti a causa delle condizioni climatiche, le persone arrivano a offrire tutto quello che hanno nei mercati locali pur di avere accesso a un pezzo di carne. Addirittura, molti hanno iniziato a nutrirsi di radici e altri prodotti selvaggi della foresta, arrivando persino a mangiare le locuste, paradossalmente una delle cause supplementari della devastazione agricola in corso, con le invasioni degli ultimi anni.
Una situazione che sembra destinata a peggiorare, dal momento che le previsioni per l’imminente stagione della coltura non promettono nulla di buono. Come ha sottolineato il World food programme (Wfp), in autunno il numero di persone senza cibo potrebbe raddoppiare.
Quello che sta succedendo in Madagascar ha una sola causa, i cambiamenti climatici. Secondo il Wfp, infatti, la crisi nell’isola africana è la prima che ha poco o nulla a che vedere con conflitti e malattie, la sua causa va trovata esclusivamente nel riscaldamento globale. E il paradosso è che chi ne sta subendo gli effetti non è responsabile del problema: la popolazione del sud dell’isola raramente usa automobili, l’elettricità scarseggia e in generale quindi lo stile di vita non è invasivo da un punto di vista ambientale. Eppure oggi sono proprio queste persone a subire gli effetti di decisioni ed errori che vengono da lontano.
Le organizzazioni internazionali ora stanno provando a raccogliere 78,6 milioni di dollari, la cifra ritenuta necessaria per offrire cibo per i mesi a venire a chi in Madagascar è rimasto senza. Ma le risorse di cui si avrebbe bisogno sono molte di più. C’è da cambiare completamente sistema, realizzando colture più in linea con il nuovo clima arido che caratterizza un’isola sulla carta tropicale e affidandosi negli allevamenti a razze capaci di sopravvivere e rendere al meglio in questo contesto. Ma più in generale, la crisi del Madagascar è solo “la punta dell’iceberg”, per citare Lola Castro, direttrice del Wfp dell’Africa meridionale.
Se alcune aree come quella etiope del Tigray sono già strette nella morsa di carestie dovute al conflitto armato in corso, presto le crisi alimentari di origine climatica potrebbero estendersi come un virus a molti paesi del continente, come l’Angola, il Mozambico o, più avanti, l’area del Sahel. Quella in corso nel sud del Madagascar è la peggiore carestia degli ultimi decenni, ma è solo una preview di quello vedremo altrove negli anni a venire.
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