Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Made 4 a woman, il brand di borse e cappelli in rafia di Eileen Akbaraly
L’imprenditrice italo-malgascia punta sulla sostenibilità con accessori in rafia realizzati in Madagascar da donne artigiane locali.
Per metà italiana e per l’altra metà indiana, con mamma di Milano e papà indiano ma basato in Madagascar, Eileen Akbaraly è cresciuta nell’isola al largo della costa meridionale africana fino ai 18 anni. Poi ha lavorato in India con una grande casa di moda, ha continuato gli studi prima a Roma poi a Milano, infine si è spostata a Parigi per un master in Corporate social responsibility.
È sempre stata appassionata di moda ma anche molto attenta a tematiche sociali – “Il Madagascar è un Paese bellissimo con un sacco di biodiversità, però è uno dei più poveri al mondo”, ci racconta –, motivo per cui ha deciso di mettere insieme questi due aspetti e dare vita nel 2018 a Made 4 a woman, un innovativo progetto di luxury fashion, basato ad Antananarivo, la capitale del Madagascar, con un’anima sostenibile, ma con uno stile tutto italiano.
La startup
Alla base di tutto c’è la rafia, una fibra ecologica, naturale, riciclabile e biodegradabile, che la startup malgascia utilizza per realizzare borse, cappelli, accessori di home decor: arriva esclusivamente dai parchi naturali e viene tinta con pigmenti azo-free, cioè senza metalli pesanti, e con tinture naturali. I prodotti di alto artigianato vengono lavorati interamente a mano da donne artigiane locali, provenienti dai villaggi rurali, che possono impiegarci dai tre giorni per quelli più semplici, alle tre settimane per quelli più articolati. I tessuti delle fodere all’interno delle borse arrivano dai mercati locali, così come la rafia di scarto viene reimpiegata per la realizzazione di cuscini, pouf e altri accessori per la casa.
L’obiettivo di Made 4 a woman
“Ad Antananarivo lavoro con 16-20 donne fisse tutto l’anno – ci spiega Akbaraly –, durante il periodo di produzione arriviamo anche a 300. A loro dò un salario molto più elevato del cosiddetto minimum wage, siamo al pari del living wage del paese e rispetto ai competitor i nostri stipendi sono superiori del 40 per cento. Il mio obiettivo è davvero quello di migliorare la vita di queste donne. Offro assistenza medica gratuita, corsi di formazione, ma anche corsi di lingue e di saving account. All’atelier c’è un centro per i bambini così le mamme possono portarseli dietro. È un posto dove loro si possono sentire bene anche fuori da casa”.
E per conoscere meglio ciascuna delle artigiane è possibile fare una scansione del qr code sull’etichetta del prodotto che rimanda direttamente alla pagina del sito in cui si trova la storia di chi l’ha realizzato. “L’intenzione è anche quella di mostrare il behind the scene del mondo della moda: in genere gli artigiani sono sempre nell’ombra, invece così voglio farle emergere”.
Un brand sostenibile
Akbaraly ha pensato proprio a tutto: ha richiesto ai fornitori con cui lavora dei certificati che garantiscano l’utilizzo di prodotti azo-free, condizioni lavorative giuste, stipendi adeguati e l’assenza di lavoro minorile. Ogni anno, inoltre, pianta oltre un milione di alberi nei parchi naturali. “È un aspetto molto importante, specialmente in Madagascar – ci spiega Akbaraly –, dove stanno deforestando massicciamente. Ed è importante anche sensibilizzare le persone che in questi parchi ci vivono, proprio perché vivono grazie a essi: metà anno di rafia, l’altra metà di riso”.
Il tutto all’insegna della trasparenza, proprio perché la fondatrice di Made 4 a woman ritiene sia importante poter risalire a chi ha fornito i materiali e a chi ha realizzato i prodotti. In merito, è in cantiere un breve documentario dedicato alla filiera produttiva che mostra le varie fasi della lavorazione della rafia, a partire dalla raccolta della pianta fino alla realizzazione dei prodotti. Da non perdere.
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