Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
I “magnifici sette”, alcune delle specie più iconiche in Italia
I “magnifici sette” sono fra le specie di fauna e flora che compongono un panorama di biodiversità unico nel nostro paese. Scopriamoli.
Sono sette. Sono davvero magnifici e compongono il meglio della fauna e della flora selvatica italiana: stambecco, aquila reale, orso marsicano, lupo, camoscio appenninico, gatto selvatico e, per ultima, la scarpetta di Venere, la più grande e vistosa orchidea presente sul suolo nazionale. Non ho avuto la fortuna di vedere nessuno di loro dal vivo ma, con l’aiuto di Legambiente e del suo report “Natura selvatica a rischio in Italia”, ho pensato di conoscere un po’ meglio – insieme a voi – queste specie meravigliose che compongono la biodiversità italiana.
I magnifici sette e la paura di perderli
Il panorama naturale italiano è vasto e composito. Ma, purtroppo, minacciato. Gli animali selvatici che fanno parte del territorio del nostro paese in questi anni sono stati protetti e tutelati grazie al prezioso lavoro dei parchi, presidi sicuri di conservazione attiva di tante specie a rischio oggi sempre più minacciate dalla perdita e frammentazione degli habitat, dalla crisi climatica, dal bracconaggio, dall’uso di bocconi avvelenati, dall’ibridazione, dall’introduzione di specie invasive, dall’attività antropica… solo per citare alcune problematiche. Nel report di Legambiente si precisa che, per ogni specie, l’associazione ambientalista ha realizzato una carta d’identità, con informazioni specifiche sulla natura, sulle minacce, sugli scenari futuri e le azioni da compiere per salvaguardarne l’identità e la conservazione.
Un esempio? È essenziale incrementare entro il 2030 le aree protette e le zone di tutela integrale, prevedendo una strategia e specifiche azioni di adattamento e di mitigazione ai cambiamenti climatici per la biodiversità a rischio. E i magnifici sette scelti dall’associazione ben raccontano, insieme all’esperienza virtuosa dei due parchi più antichi d’Italia che hanno saputo prevedere azioni e attività importanti per evitarne l’estinzione o per ridurre i rischi, quanto siano fondamentali il recupero, la gestione e la tutela della biodiversità.
Sei specie da preservare con attenzione
Diamo un’occhiata più da vicino alle sei specie di fauna selvatica che compongono il panorama della natura in Italia.
Stambecco (Capra ibex ibex)
È presente in tutto l’arco alpino, ma solo la popolazione presente nel Parco nazionale del Gran Paradiso è l’unica a non essere mai scomparsa negli anni. Tutte le altre popolazioni attuali, infatti, sono frutto di reintroduzioni o di nuove introduzioni. Occorre, però, ricordare che lo stambecco alpino ha rischiato l’estinzione alla fine del XIX secolo con l’avvento delle armi da fuoco e per motivi venatori (meno di cento individui sopravvivevano sul massiccio del Gran Paradiso alla fine del 1800), salvandosi solo nelle valli che oggi compongono il parco nazionale. In questo territorio la sua presenza non ha mai avuto interruzioni grazie all’istituzione, nel 1856, della riserva reale di caccia del Gran Paradiso, successivamente compresa nell’area protetta. Oggi nel parco lo stambecco è uniformemente presente con circa 2.900 esemplari, su un totale stimato su tutto l’arco alpino (quindi non solo in Italia che comunque detiene una parte cospicua della somma finale) di circa 55mila individui.
Tra le minacce per questa specie la principale è quella legata al carattere genetico. La riduzione della capacità del sistema immunitario di rispondere all’attacco di patogeni, per esempio, può essere messa in relazione a una riduzione della variabilità genetica. In quest’ottica si può inquadrare l’insorgenza, negli ultimi anni, di epidemie in alcune colonie. Per quel che riguarda gli scenari futuri sarà importante approfondire non solo gli aspetti legati a tale variabilità, ma anche indagare le implicazioni che i cambiamenti climatici in atto avranno sulla dinamica delle popolazioni e su come queste si adatteranno ai nuovi scenari, alla luce delle prime osservazioni preliminari che già si stanno effettuando su tale aspetto.
Aquila reale (Aquila chrysaetos)
In Italia è presente sull’arco alpino e sulla dorsale appenninica peninsulare, ma anche sui rilievi di Sardegna e Sicilia, ed è protetta ai sensi della legge 157/92. Nel parco del Gran Paradiso l’aquila reale è ben distribuita e nidifica in tutte le valli all’interno dei confini dell’area protetta, dove viene regolarmente censita da alcuni anni. Oggi si contano oltre venti coppie nidificanti, e il numero ha permesso di raggiungere la densità massima per il territorio. Sono circa tre, invece, le coppie presenti nel parco.
Un grande pericolo per questa specie è rappresentato dai veleni usati illegalmente contro i predatori domestici e selvatici. Anche l’abbandono della montagna e il conseguente rimboschimento naturale di ambienti a struttura aperta come pascoli, prati e incolti potrebbe limitare la ripresa numerica. Sarà importante verificare, nel corso dei prossimi anni, la stabilità delle aree dove la densità è arrivata al suo massimo in determinati territori, come in alcuni comprensori dell’arco alpino, e verificare invece il margine di crescita di molte popolazioni appenniniche. “I monitoraggi attuati dalle aree protette daranno risposte in tal senso”, nota il report di Legambiente.
Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus)
Questa sottospecie di orso si trova esclusivamente in Appennino e rappresenta un endemismo dell’Italia centrale. Il maggior numero di orsi marsicani si possono vedere nei parchi d’Abruzzo e Molise e nei territori limitrofi. Ad oggi se ne contano circa 50-55 individui con una popolazione stazionaria, ma in leggera espansione geografica. Numeri però inferiori rispetto alla distribuzione dell’orso sulle Alpi che conta circa un centinaio di soggetti. Le cause di mortalità dell’orso marsicano sono essenzialmente il bracconaggio, gli investimenti stradali e ferroviari, l’avvelenamento e le infezioni trasmesse dal bestiame.
Lupo (Canis lupus italicus)
Dopo essere arrivato alla soglia dell’estinzione nella seconda metà del secolo scorso – principalmente a causa della persecuzione umana diretta e indiretta –, il lupo ha iniziato ad ampliare progressivamente il proprio areale distributivo a partire dagli anni Settanta, espandendosi su tutta la catena appenninica, ripopolando nuove aree e arrivando fino alle Alpi. Le minacce per questa specie sono soprattutto il bracconaggio, i conflitti con gli allevatori e i cacciatori, l’incrocio con i cani vaganti, le malattie e gli incidenti stradali, la perdita e la frammentazione dell’habitat insieme ai fattori demografici, di forma e di frammentazione dell’areale.
Legambiente nota, comunque, che la presenza dei lupi causa ancora alcuni disagi e ostilità tra le comunità locali, e il conflitto con il settore zootecnico risulta una problematica attuale che necessita di essere ulteriormente gestita tramite metodiche standardizzate e condivise e già sperimentate in molte aree protette, come dimostra il successo del progetto Wolfnet che ha codificato la gestione integrata del lupo nel contesto appenninico.
Camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata)
Questi esemplari vanno distinti dal camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) presente nel parco del Gran Paradiso, specie distinta da quella che si trova negli Appennini che a sua volta è più imparentata con i soggetti che abitano sui Pirenei. Il camoscio appenninico è, in particolare, una sottospecie endemica dell’Italia centrale. A rischio estinzione nel Novecento, il camoscio appenninico è riuscito a passare dalle poche decine di individui presenti agli inizi di quegli anni nell’allora Parco nazionale d’Abruzzo, ai circa 3.700 soggetti oggi distribuiti nel territorio di cinque aree protette: i Parchi nazionali di Maiella; Gran Sasso e monti della Laga; Abruzzo, Lazio e Molise; monti Sibillini e il Parco regionale Sirente Velino.
L’importanza delle azioni di conservazione intraprese in questi anni, grazie anche al progetto Life Cornata, è dimostrata dalla ricolonizzazione e dalla rapida crescita, dalla stabilità nei settori storici dell’areale e dalla disponibilità di habitat idonei anche nell’area contigua. Tra le minacce c’è invece da segnalare la scarsa consistenza di alcuni gruppi, in particolare per le nuove colonie; la bassa variabilità genetica cui però i recenti interventi dei progetti di tutela stanno dando un grande contributo e, infine, le interazioni sanitarie a rischio con gli animali domestici.
Gatto selvatico (Felis silvestris silvestris)
In Italia è diffuso a livello peninsulare, e in Sicilia e in Sardegna è presente con una diversa sottospecie. Protetto dalla legge 157/92 e inserito tra le specie di interesse comunitario che richiedono protezione rigorosa, è il felino selvatico maggiormente diffuso nella penisola nonostante sia raro ed estremamente elusivo. In condizioni ottimali come tipo di habitat e abbondanza di prede, la densità tipica è di tre individui ogni dieci chilometri quadrati.
Tra le minacce per questa specie c’è in primo luogo l’ibridazione con il gatto domestico; la distruzione, il degrado e la frammentazione degli habitat; l’esposizione a sostanze chimiche agricole tossiche e l’uso di bocconi avvelenati; gli incidenti stradali; la trasmissione di malattie da parte dei felini addomesticati e la persecuzione diretta per il commercio della loro pelliccia, minaccia diminuita nel nostro paese, ma ancora presente negli stati esteri. Per la sopravvivenza di questa sottospecie diventa fondamentale il tema della corretta gestione dei gatti domestici e della responsabilizzazione dei proprietari tramite una maggiore consapevolezza delle conseguenze di un’errata tenuta dei propri animali.
La scarpetta di Venere, la bella orchidea dei nostri parchi
Una citazione a parte merita quella che è considerata la più bella e intrigante orchidea del nostro panorama naturale: la scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus). Si tratta di un’autentica meraviglia della natura ed è la più grande e vistosa esponente di queste piante presente in Italia. È maggiormente diffusa nell’arco alpino e si trova anche nella Maiella in un’unica località, con una popolazione costituita da poche decine di esemplari. La scarpetta di Venere è purtroppo una specie fortemente minacciata e il suo stato di conservazione è ancora più critico a livello locale. Gli interventi di protezione non sono semplici in quanto la moltiplicazione in vivo di questa pianta è estremamente difficile.
Tra le azioni di tutela programmate troviamo il progetto Life Floranet che ha visto tra i partner il Parco nazionale della Maiella (capofila), il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco naturale regionale Sirente Velino, insieme a Legambiente e all’Università di Camerino. Tra le minacce per questa bella orchidea c’è sicuramente la pressione turistica e l’evoluzione dinamica della vegetazione che determina un aumento della componente arbustiva e arborea con conseguente chiusura delle radure. Nel corso degli anni sarà importante verificare l’efficacia degli interventi di sostegno a favore delle popolazioni appenniniche – quelle maggiormente in sofferenza – e monitorare accuratamente i rischi di estinzione locale cui può andare incontro la bellissima orchidea.
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