Cos’è la libertà. La risposta è negli scatti di Magnum photos che hanno fatto la storia
On the 50th anniversary of 1968, the internationally renowned photo agency Magnum Photos has decided to explore the definition of freedom through its photographers’ classic and contemporary works
L’agenzia fotografica Magnum photos esplora il significato di libertà attraverso le foto più iconiche dei suoi fotografi. Impersonata da studenti, bambini, neri o prigionieri, il senso di libertà pervade ogni singolo scatto.
On the 50th anniversary of 1968, the internationally renowned photo agency Magnum Photos has decided to explore the definition of freedom through its photographers’ classic and contemporary works
L’uomo – come ogni altro essere vivente – è, per natura, libero. Ma i fattori storici e sociali, così come quelli ambientali, cambiano il modo con cui ci relazioniamo alla libertà. Molti la percepiscono come una parola data per scontata, altri come un profondo concetto ideologico a cui aspirare tutta la vita. Alcuni hanno lottato per ottenerla, altri vi hanno trovato una nuova vita. C’è chi ancora si batte per averla, e chi ha perso la vita cercandola. La libertà è sempre stata il filo conduttore dello sviluppo dell’umanità, e la sua mancanza – con la sua conseguente ricerca – ha scatenato alcuni degli eventi più significativi del mondo che conosciamo.
La libertà vista attraverso le fotografie Magnum
Nella storia moderna il 1968, con l’intensificarsi dei conflitti sociali in tutto il mondo, ha rappresentato un punto di svolta per molte delle libertà di cui godiamo, a cuor leggero, oggi – dalla libertà di pensiero ed espressione a quella di orientamento politico, religioso e sessuale. A 50 anni da quell’anno, l’agenzia fotografica Magnum photos ha deciso di esplorare il significato di libertà attraverso i lavori classici e contemporanei dei suoi fotografi. Impersonata da studenti, donne, persone nere, bambini o prigionieri, il senso di libertà ha da sempre riempito il lavoro dei fotografi Magnum, che si percepisce sia nel loro approccio personale che nei soggetti che ritraggono.
Fin dalla fondazione dell’agenzia nel 1947 a Parigi, i fotografi della Magnum photos hanno assistito e documentato eventi storici, trasmettendo un messaggio che potesse servire da ispirazione e riflessione per le persone. I quattro fondatori e pionieri che hanno lanciato la prima agenzia cooperativa erano Henri Cartier-Bresson, fotogiornalista soprannominato “l’occhio del secolo”; Robert Capa, fotogiornalista che con il suo lavoro ha seguito cinque guerre: la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la Seconda guerra mondiale in Europa, la guerra araba-israeliana nel 1948 e la prima guerra indocinese; David “Chim” Seymour, conosciuto per il suo progetto in cui ha documentato il dramma dei bambini dopo la Seconda guerra mondiale insieme all’Unicef; e George Rodger, conosciuto per i suoi lavori in Africa e per aver documentato le uccisioni di massa al campo di concentramento di Bergen-Belsen alla fine della Seconda guerra mondiale.
Sebbene il tema della ricerca della libertà ci fa spesso pensare ai movimenti sociali che percepiamo lontani e finiti, questo tema è in realtà più attuale che mai, con ancora milioni di persone nel mondo a non potere goderne. “Più recentemente, le immagini dalla crisi dei migranti hanno contribuito a farci comprendere i cambiamenti causati dai conflitti, dai cambiamenti climatici e dai disordini sociali e politici”, scrive l’agenzia fotografica. “La libertà di movimento delle persone è ancora lontana dall’essere realtà, e l’impatto dell’uomo sull’ambiente continuerà a ledere la libertà di molti”. In questo senso, i privilegi della maggioranza non dovrebbero portare a comportamenti noncuranti che hanno conseguenze inevitabili sui più vulnerabili e che intralciano la loro, a volte già ardua, strada verso la libertà.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
La “liana delle anime” è un decotto della medicina indigena dell’Amazzonia che può alterare lo stato psichico di chi la assume, e per questo affascina milioni di persone nel mondo.
Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.