Dopo l’Europa, è il continente africano quello che si sta schierando con maggiore convinzione contro la pena di morte. La Corte suprema del Malawi – paese che si estende intorno al lago Malawi, tra Mozambico, Tanzania e Zambia – ha stabilito a fine aprile che la pena di morte è incostituzionale.
Com’è arrivata la decisione del Malawi
Il Malawi segue la scia del Ciad e diventa il ventiduesimo paese subsahariano ad abolire la pena di morte, dichiarandola fuori legge in quanto nega il diritto alla vita. La Corte suprema ha ordinato anche l’annullamento della condanna alla pena capitale per almeno 37 detenuti, ai quali sarà garantita una riformulazione della sentenza. Da oggi, la massima punizione in Malawi sarà l’ergastolo.
Il fronte dei malawiani che hanno espresso soddisfazione per la sentenza è compatto, mentre chi si opponeva a questo provvedimento temeva che potesse venire meno il “miglior” deterrente alla criminalità. Le esecuzioni di stato non avvengono nel paese da quasi trent’anni e inoltre venivano comminate ai meno abbienti, che non potevano pagarsi l’assistenza legale per difendersi.
Dal Malawi all’Egitto, la pena di morte in Africa
Stando al report di Amnesty international, organizzazione che si batte per la difesa dei diritti umani, le ultime esecuzioni sono state eseguite in Malawi nel 1992. Un anno non casuale, infatti è solo nel 1994 che il Malawi ha eletto il suo primo presidente scelto democraticamente da quando fu dichiarata l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1964: è stato proprio il presidente Bakili Muluzi a decidere, all’inizio degli anni Novanta, di non applicare più la pena capitale, e di commutare le sentenze di 120 condannati a morte in ergastoli.
#BuoneNotizie#Malawi La Corte suprema del Malawi ha dichiarato incostituzionale la pena di morte e ordinando nuovi processi per i condannati in attesa di esecuzione. Nonostante siano regolarmente emesse nuove condanne a morte, in Malawi non si verificano esecuzioni dal 1992
Oggi più di trenta paesi africani prevedono ancora la pena di morte nelle loro Costituzioni anche se, secondo Amnesty, negli ultimi anni meno della metà ha eseguito le condanne a morte. Notizie opposte giungono invece dall’Egitto dove, solo il 26 aprile 2021, sono stati giustiziati nove detenuti, tra cui un uomo di 82 anni condannato per la morte di 13 agenti di polizia in un attacco a Kerdasa nell’agosto 2013 – dopo un processo che Amnesty ha giudicato “gravemente iniquo”, in cui “è stato negato l’accesso agli avvocati”.
Numerose ong hanno sottolineato la situazione drammatica della popolazione palestinese a Gaza, chiedendo a Israele di rispettare il diritto umanitario.
Vida Diba, mente di Radical voice, ci parla della genesi della mostra che, grazie all’arte, racconta cosa significhi davvero la libertà. Ed esserne prive.
L’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva (Unfpa) e il gruppo Prada hanno lanciato un programma di formazione per le donne africane.
Il Comune di Milano lo faceva già ma smise, attendendo una legge nazionale che ancora non c’è. Non si può più rimandare: si riparte per garantire diritti.