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Stato d’emergenza alle Maldive: il governo chiude il Parlamento
Il presidente delle Maldive Abdulla Yameen ha decretato lo stato d’emergenza, sospeso il Parlamento e fatto arrestare due giudici della Corte suprema.
All’alba di martedì 6 febbraio le forze di polizia delle Maldive hanno fatto irruzione nel palazzo che ospita la Corte suprema, arrestandone il presidente Abdulla Saeed assieme ad un altro magistrato. Ufficialmente, i due sono accusati di corruzione dal governo. In realtà, non appare un caso il fatto che le manette siano scattate a pochi giorni dall’emanazione di una sentenza che ordinava la liberazione di nove prigionieri politici attualmente detenuti o in esilio e il reintegro di dodici parlamentari. Secondo la Corte, le condanne e le sanzioni ai loro danni sarebbero state “di natura contestabile e motivata politicamente”.
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Il presidente delle Maldive: “Costretto a decretare l’emergenza”
La pronuncia del più alto grado della giustizia locale ha rapidamente scatenato un terremoto politico nell’arcipelago. Il presidente Abdulla Yameen ha denunciato una cospirazione contro di lui, dichiarato lo stato d’emergenza e sospeso le attività del Parlamento (nel quale l’opposizione al suo governo sarebbe divenuta maggioritaria proprio grazie al reintegro dei dodici deputati). “Sono stato costretto a decretare l’emergenza nazionale poiché non c’era alcun altro mezzo possibile per aprire un’inchiesta su quei giudici. Dovevamo sospenderne l’autorità e l’immunità”, ha affermato parlando alla televisione locale il leader maldiviano, evocando anche il rischio di un colpo di stato.
Il governo si è inoltre rifiutato di eseguire la sentenza della Corte suprema. Una situazione, dunque, ai limiti della legalità, che ha spinto l’ex presidente in esilio Mohamed Nasheed a lanciare un appello alla comunità internazionale affinché intervenga: “Il presidente Yameen ha illegittimamente dichiarato la legge marziale e si è impadronito dello stato. È necessario destituirlo. Il popolo delle Maldive lancia un appello ai governi di tutto il mondo, in particolare a quelli di India e Stati Uniti”.
Mohamed Nasheed, ex presidente in esilio, chiede a India e Stati Uniti di intervenire
Nasheed figura tra coloro che sono stati “riabilitati” dalla Corte suprema. L’ex presidente – che tra l’altro è stato in prima linea nel movimento di lotta ai cambiamenti climatici – è stato condannato nel 2015 a tredici anni di reclusione con l’accusa di aver condotto attività terroristiche. Un anno dopo ha lasciato l’arcipelago per ragioni mediche, rifugiandosi nel Regno Unito e ottenendo l’asilo politico dalle autorità britanniche.
Stando alla sentenza dei giudici, ora, teoricamente potrebbe rientrare nel proprio paese. E perfino ricandidarsi alla presidenza alle elezioni che si terranno nel corso del 2018. Con l’instaurazione dello stato d’emergenza, però, Yameen potrà godere di poteri particolarmente ampi: basti pensare che le forze di sicurezza avranno il diritto di arrestare e incarcerare qualsiasi sospetto. È così che è stato prelevato presso la propria abitazione un altro ex presidente, Maumoon Abdul Gayoom, che ha governato le Maldive per tre decenni e che al momento dell’arresto ha dichiarato di non aver fatto nulla di illecito.
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