Situazione critica in particolare al Nord, mentre aumenta il cuneo salino nel delta del Po. Previste sospensioni delle irrigazioni e possibili razionamenti nel Lazio.
Catastrofica, estrema, senza precedenti. Sono questi i commenti che arrivano dagli addetti ai lavori per descrivere una situazione sempre più complessa, che sta interessando il bacino padano nelle ultime settimane. La siccità che sta colpendo il Nord Italia è stata infatti definita dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo) “la peggior crisi da 70 anni ad oggi”. Non solo, se nei mesi invernali il Sud pareva essere al sicuro date le precipitazioni registrate, ora anche il Lazio, la Puglia e la Calabria si aggiungono sul breve periodo al grado di siccità definito “di grado severo-estremo”, insieme a Toscana ed Emilia Romagna sul lungo periodo.
Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Osservatorio siccità del Cnr Ibe, negli ultimi 6 e 12 mesi le regioni più colpite dalla siccità di grado severo-estremo restano quelle del Nord Italia, mentre la popolazione esposta al rischio siccità severa-estrema risulta variare fra il 2,3 per cento sul breve periodo (ultimi 3 mesi) e il 30,6 per cento sul medio periodo (sei mesi). Andando ad analizzare l’indice Spi (Standardized precipitation index) – indice scelto a livello internazionale che quantifica un deficit o surplus di pioggia rispetto ai valori medi – si nota inoltre come il deficit nei tre mesi primaverili marzo-maggio, sia abbastanza diffuso nelle regioni settentrionali, su Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria.
La situazione peggiore risulta essere quella sul medio e lungo periodo, con buona parte del Nord e diverse aree del centro-sud che risultano essere in siccità da moderata a estrema. La primavera, che si sperava potesse ridurre il deficit accumulato, ha invece confermato la previsione negativa risultando anch’essa povera di piogge, con valori che la pongono al terzo posto dietro solo al 2003 e al 2017. “La siccità è subdola, parte in maniera lenta e quando poi si arriva agli impatti significa che il processo è iniziato ben prima”, ha spiegato a Le Scienze la dottoressa Ramona Magno, del Cnr Ibe, tra gli autori del rapporto.
Lo scorso 10 giugno, a Parma, si è riunita l’Autorità del fiume Po, insieme all’Osservatorio sulle crisi idriche con Regioni e protezione civile del distretto, Mite ed Ispra, per certificare il progressivo deficit di risorsa disponibile, portando all’attenzione una situazione di estrema emergenza. “Mentre la neve sulle Alpi è totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia e i laghi, a partire dal Lago Maggiore, sono ai minimi storici del periodo (eccetto il Garda), la temperatura registrata è più alta fino a 2°C sopra la media”, si legge nella nota dell’Osservatorio. La situazione resta particolarmente critica anche in Veneto dove in maggio si è registrato un calo del 46 per cento nelle precipitazioni rispetto alla media del periodo 1994-2021. Secondo l’Arpa Veneto “considerando la serie storica dal 1994 questo è il quarto maggio più scarso dopo il 1997, il 2003 e il 2009. Dall’inizio dell’anno idrologico, primo ottobre, sono caduti in Veneto mediamente 440 mm di precipitazioni, -40 per cento rispetto alla media del periodo 1994-2021. È il valore più basso registrato da ottobre a maggio nel periodo di riferimento considerato”.
Il problema si sta già facendo sentire non solo per il settore agroalimentare, ma anche per quanto riguarda gli usi civili. Utilitalia conferma che un centinaio di comuni in Piemonte e 25 in Lombardia, nella bergamasca, ha chiesto ai sindaci eventuali sospensioni notturne per consentire di riempire i serbatoi e di emanare ordinanze mirate ad un utilizzo estremamente parsimonioso dell’acqua. Già a marzo alcuni amministrazioni comunali piemontesi sono dovute ricorrere alle autobotti per rifornire di acqua potabile la cittadinanza.
Cuneo salino in risalita, sospese le irrigazioni
A preoccupare però è anche la risalita del cuneo salino, ovvero la risalita di acqua di mare nel fiume a oltre 10 km dalla Costa Adriatica, che a lungo andare può intaccare le falde di acqua dolce. Particolarmente preoccupata è l’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue ) che spiega come la situazione corrente ha già costretto a sospendere l’irrigazione in alcune zone di Porto Tolle ed Ariano, nel polesine rodigino, dove sono state attivate pompe mobili d’emergenza per garantire la sopravvivenza delle colture. “È un fenomeno invisibile, ma che sta sconvolgendo l’equilibrio ambientale del delta polesano. Se la situazione persisterà, entro la settimana prossima saranno contaminate le prime falde destinate all’uso potabile”, ha detto Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione.
Su Repubblica Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr, scrive che “stiamo accusando in questo momento un semestre invernale-primaverile estremamente siccitoso, con poche precipitazioni piovose e nevose, e con un aumento della quota neve che fa diminuire lo stoccaggio di risorse idriche fruibili nei mesi più caldi”, confermandone la tendenza, “si potrebbe pensare che sia un anno sfortunato, ma in realtà gli anni di questo tipo si stanno susseguendo con una frequenza molto aumentata negli ultimi 10-15 anni”. Il climatologo spiega inoltre che le azioni di adattamento, come la realizzazione di invasi a monte per “conservare” parte dell’acqua per i periodi più critici potrebbe portare ad un’esasperazione dell’attuale situazione, togliendo di fatto ulteriore acqua al fiume.
— Hydrology IRPI-CNR (@Hydrology_IRPI) June 14, 2022
Anche il resto del paese alle prese con la siccità
Ma a scorrere i dati anche il resto d’Italia è in grave crisi idrica. In Emilia Romagna le portate dei fiumi continuano a calare con il Reno che scende sotto i minimi storici e l’unico corso d’acqua, che si possa definire “in salute” è il Panaro. Senza precipitazioni la situazione sarà simile all’estate inoltrata. Sempre Anbi definisce “catastrofica” la situazione idrica ai Castelli Romani, dove i laghi sono ai minimi storici con un deficit idrico quantificabile in 50 milioni di metri cubi: il bacino di Nemi ha un livello medio inferiore di oltre un metro a quello registrato nello stesso periodo dell’anno scorso.
“In queste zone le conseguenze dei cambiamenti climatici si sommano ad un’eccessiva pressione antropica, maturata negli anni ed i cui prelievi idrici hanno abbassato la falda a livelli tali da rendere ormai impossibile la ricarica degli specchi lacustri, le cui acque altresì sono richiamate nel sottosuolo”, ha detto Massimo Gargano, direttore generale dell’associazione. Ad inizio giugno si sottolineava come una delle zone maggiormente interessate dalla scarsità d’acqua fosse quella dei Colli Albani dove, per evitare interruzioni di fornitura idrica, il gestore Acea Ato2 si è rivolto alla Regione per chiedere un incremento del prelievo dalla sorgente del Pertuso, una delle fonti del fiume Aniene, già in condizione critica. Sempre Vincenzi commentava che “il repentino precipitare della situazione in Centro Italia obbliga ad interventi d’emergenza”. In altre parole razionamento della risorsa idrica.
Nel frattempo le immagini satellitari ci mostrano la valle padana ingiallita, con un rigagnolo al posto del “grande” fiume. “Il Po in questi giorni ci sta dando una chiara lezione”, conclude Pasini su Repubblica. “Con le poche risorse idriche che scenderanno in futuro dalle Alpi e le siccità sempre più frequenti anche l’adattamento ha dei limiti. Bisogna mitigare, e farlo subito”.