Grazie alle nuove tecnologie, Atelier Riforma ha creato un marketplace B2B per far incontrare domanda e offerta di abiti usati. La moda circolare è tech.
I visionari Marcel Wanders e Ross Lovegrove dialogano sul rapporto tra plastica e design
Due designer di fama mondiale, Marcel Wanders e Ross Lovegrove, a confronto sul rapporto tra plastica e design. A stimolare il dibattito è stata una mostra alla scorsa Milano Design Week in cui 29 designer sono stati invitati a ripensare il loro approccio a questo materiale (ormai) demonizzato.
Durante l’ultima Milano Design Week di aprile scorso, la gallerista Rossana Orlandi ha proposto la mostra RO Plastic-Master’s Pieces per stimolare la comunità del design a interrogarsi sul tema molto dibattuto delle plastiche oggi, promuovendo un uso più responsabile di questi materiali.
Il designer olandese Marcel Wanders ha voluto rispondere con una scelta a favore del riutilizzo (e contro il riciclo) della plastica, esponendo, dopo averla riutilizzata più di 200 volte in circa tre mesi, una delle eleganti bottigliette in plastica usa e getta per l’acqua minerale che Ross Lovegrove gli aveva regalato ai tempi in cui l’aveva progettata, nel 2001, per Ty Nant.
Abbiamo chiesto a Wanders, considerato il “maestro dell’estetica”, promotore di un approccio umanistico al modo di pensare al design, e a Lovegrove, pioniere nell’utilizzo della tecnologia ispirata alla natura, di raccontarci la loro visione sul rapporto tra plastica e design.
Wanders e Lovegrove su design, plastica e comportamenti umani
Marcel Wanders, perché hai scelto di esporre una bottiglia di plastica usa e getta all’interno della mostra RO Plastic-Master’s Pieces?
MW: La mostra suggerisce che possiamo usare la plastica liberamente, senza conseguenze, se poi viene riciclata. Ma non vorrei dover riciclare, vorrei semplicemente buttare via meno cose. Non credo esista il consumo senza colpe. Non ero d’accordo con l’affermazione di Rossana: la plastica senza colpe non esiste. Fondamentalmente, il riciclo legittima il consumo.
Tu sei uno dei designer più provocatori dei nostri tempi, hai creato molti oggetti iconici, ma anche prodotti intelligenti e sostenibili in grado di ispirare le persone: cosa pensi del concetto di “plastic guilt” (il senso di colpa legato all’utilizzo della plastica)?
MW: Il modernismo, che ancora oggi domina la filosofia del design, considera il passato irrilevante nella creazione del futuro, ma questo cosa comporta per gli oggetti che creiamo oggi? Li rende irrilevanti nel mondo di domani. Un mondo senza passato non ha futuro. La cultura modernista ha creato un flusso continuo di nuovi oggetti che in breve tempo diventano superflui e vengono buttati. Il design di qualità, viceversa, è un’opportunità per assumersi la responsabilità di combattere gli sprechi, e ci sono molte cose che noi designer facciamo e possiamo fare meglio, in questa direzione. Come ad esempio esaminare con più cura i materiali che adoperiamo. E creare conoscenze e metodi in modo che gli oggetti del futuro siano fatti con materiali più intelligenti e consumino meno energia.
Le discariche dimostrano che gran parte dei prodotti che creiamo viene gettata via quando è ancora funzionante. Insomma, gli oggetti non si buttano via perché sono rotti, si buttano via perché si è rotto qualcosa nel nostro modo di vedere le cose. Sta ai designer promuovere una relazione migliore con il mondo che ci circonda e i nostri comportamenti.
Il design dovrebbe anche accompagnarci nell’avere più rispetto per gli oggetti…
MW: Il design e i designer hanno la responsabilità di condizionare in modo positivo e olistico la relazione tra le persone e l’ambiente che l’umanità ha creato per sé. Per raggiungere questo obiettivo, possono utilizzare i propri prodotti, ma anche quello che dicono e scrivono, o qualsiasi altro mezzo abbiano a disposizione. Un primo passo, fantastico per l’ecologia, è creare oggetti amati dalle persone. Noi designer siamo responsabili delle conseguenze tecniche e materiali del nostro lavoro ma, soprattutto, abbiamo la responsabilità di manipolare la relazione psicologica tra il nostro pubblico, gli oggetti e l’ambiente. In un’epoca in cui le risorse materiali sono sempre più sotto stress, sta a noi elaborare concetti che affrontino la questione di come ci rapportiamo a queste risorse.
Leggi anche: Plastiche, rifiuto o risorsa? Il design scende in campo a favore di un (ri)utilizzo intelligente
Potremmo dire che non ci sono materiali “giusti” o “sbagliati”, quello che è da correggere sono i comportamenti. Dobbiamo sviluppare una nuova coscienza nei confronti della plastica invece di prendere per scontato che diventerà motivo di inquinamento negli oceani.
Ross Lovegrove, tu sei considerato uno dei designer più innovativi e imprevedibili della nostra epoca. Le plastiche cosa sono per te: sono il diavolo da evitare o sono solamente incomprese?
RL: Le plastiche hanno contribuito in modo fondamentale alla civiltà moderna, dalle lenti a contatto ai finestrini degli aerei, al confezionamento per il trasporto del sangue, e così via. Dunque, tornare indietro rispetto a un utilizzo intelligente sarebbe disastroso per il modo in cui viviamo.
Va cambiata invece la produzione miope e smodata di prodotti che valgono poco, soprattutto in Cina e in Asia in generale: dai giocattoli tossici agli imballaggi per i cosmetici, ai beni di largo consumo come spazzolini, accendini, infradito, barattoli per lo yogurt, sacchetti di plastica, eccetera. Dobbiamo tornare a usare materiali alternativi e biologicamente conformi al loro utilizzo e alla loro durata, in modo che entrino a far parte di un ecosistema sostenibile. C’è stata un’età del bronzo, un’età del ferro e ora siamo entrati nell’età della plastica: materiali e tecnologie che hanno tenuto il passo con l’evoluzione umana e la crescita demografica.
Il riciclo è da condannare perché “legittima il consumo” come afferma Wanders, o è da esplorare come opportunità per innovare?
RL: Sono completamente d’accordo con Marcel, e nel dibattito ha sollevato la questione in modo intelligente. Il riciclo dovrebbe essere una parte integrante del consumo di materiali monouso, il cui costo dovrebbe essere addossato sia dal produttore e che dal consumatore.
Dovremmo fondare un ente come le Nazioni Unite che vigili sul prelievo delle risorse e un’Onu dell’ecologia industriale per monitorare la speculazione. Il problema va affrontato alla fonte, non con i volontari che ripuliscono le spiagge e i corsi d’acqua; questi gesti dimostrano grande empatia ma, di nuovo, contribuiscono a legittimare il problema.
Il design è in grado di prolungare la vita degli oggetti monouso?
RL: Il design può allungare o accorciare la vita dei prodotti a seconda del loro ecosistema. Ma il problema alla base è l’enorme volume di acquisti online, reso possibile dalla facilità di consumo che offrono servizi come Amazon, Deliveroo ecc. Sta diventando una malattia, la cui forza rema contro una forma di progresso intelligente. In Cina si può ordinare persino il caffè online!
Wanders, quali cambiamenti avverranno nel prossimo futuro?
MW: Il riciclo è una soluzione ma è anche una minaccia. Non c’è nulla di riciclabile in un bell’armadio d’antiquariato. La sua funzionalità, la qualità dell’artigianato, i valori che esprime e la sua bellezza senza tempo: queste qualità fanno sì che non sia riciclabile, ma lo fanno vivere ora e per sempre. Siamo in grado di creare oggi gli oggetti d’antiquariato del futuro? Non lo so, ma io ci provo. Dobbiamo costruire, educare e ispirare il nostro pubblico.
Pensi che saranno il rigore e la funzionalità o la bellezza a salvarci?
MW: “Se la poesia parla dell’amore,
e l’arte parla dell’amore,
e il teatro parla dell’amore,
e l’opera parla dell’amore…
perché pensiamo che il design parli…
della funzionalità?” (una delle sue frasi preferite, ndr)
E se l’amore fosse una nazione, la bellezza ne sarebbe l’ambasciatrice.
Lovegrove, se dovessi progettare la bottiglia per Ty Nant oggi, cosa cambieresti?
RL: Se dovessi progettare un’altra bottiglietta di plastica Pet farei in modo che al su interno non possa rimanere intrappolata nemmeno una goccia d’acqua, dato che quasi nessuno parla di quanta acqua rimane in ostaggio nelle nostre discariche. Oppure la rifarei più spessa e con un filtro integrato, quindi naturalmente riutilizzabile.
Wanders, se dovessi progettare una bottiglia d’acqua, cosa faresti?
MW: Come sempre, mi chiederei se ce ne sia una reale necessità. In questo caso, quello che serve è l’acqua pulita e la certezza di averne accesso. Nei paesi industrializzati, invece che creare una bottiglia mostrerei al pubblico l’incredibile quantità di rubinetti dove possono riempire le loro bottiglie riutilizzabili. In altre regioni del Pianeta costruirei più rubinetti o mi impegnerei a rendere l’acqua potabile. La gente non ha bisogno di bottiglie monouso, ha bisogno di acqua.
Pensi che continueremo a utilizzare bottiglie di plastica in futuro?
MW: Non utilizzeremo quelle usa e getta perché sono inefficienti. Opteremo invece per gli oggetti riutilizzabili perché sono efficienti.
Lovegrove, molti dei tuoi progetti sono un dialogo perfetto tra natura e tecnologia, come la bicicletta Bamboo che hai progettato per Biomega. Altri hanno avuto come protagoniste le materie plastiche, come la sedia Supernatural ad esempio. Pensi che questo tipo di progetti rappresenti ancora la soluzione migliore per il futuro?
RL: Bamboo bike, la bicicletta che ho progettato per Biomega, era un gesto simbolico rivolto a far cambiare il nostro approccio alla mobilità, e non ha mai avuto un impatto commerciale. Il suo scopo era di infrangere la percezione del design come disciplina high-tech e urbana, portando un messaggio molto sostenibile attraverso l’introduzione di un materiale di origini più modeste e tropicali, come il bambù. Supernatural chair, la sedia in plastica che ho progettato per Moroso, ha dimezzato l’impiego di materiali rispetto al suo concorrente più diretto grazie all’utilizzo della tecnica di stampaggio a iniezione assistita da gas e alle sue linee essenziali. I vuoti all’interno della seduta non sono stati pensati come elementi decorativi, bensì per ridurre l’utilizzo di materiale, principio che applico sempre nei miei progetti.
Alla fine, l’obiettivo è trasmettere in modo discreto e non prescrittivo il messaggio che bisogna limitare gli eccessi, atteggiamento che dovrebbe essere alla base dei processi creativi. Mi piace un design “fat free and fit”, snello e leggero, ovviamente soprattutto relativo alle estetiche e alle tipologie emergenti. Ma questi principi, se applicati alle grandi industrie – automobilistiche, aerospaziali, dell’elettronica di consumo, dei dispositivi portatili ecc. – diventano di estrema importanza. Meno, invece, se confinati ai prodotti domestici e all’arredamento.
Il tuo miglior progetto in plastica?
RL: Attualmente sono impegnato a sperimentare la vera rivoluzione del Ventunesimo secolo, le tecnologie additive, la stampa 3D, per creare una reale sintesi della materia tra massa, funzione, tempo ed energia. Credo che questo settore sia l’antidoto naturale ed economico al consumismo di massa. L’obiettivo è di rimpiazzare la banalità del principio dell’usa e getta con un nuovo sistema di valori che possa sostenere la biodiversità e un uso intelligente delle risorse in tutti i settori, dalla biotecnologia, all’aeronautica, alle automobili, fino ad arrivare alla filiera alimentare. Al momento, il mio progetto più rappresentativo è quello insieme a Nagami, una startup spagnola che utilizza la stampa robotica 3D per la quale sono il principale consulente di design. Nagami si occupa di mobili, illuminazione, oggetti e interni usando software e robotica all’avanguardia.
Wanders, tu sei solito affermare di “dare forma all’industria del design” scoprendo nuovi materiali ma anche allargando i confini del modo di produrre e utilizzare gli oggetti. Progetti come la mascherina O2SafeAir, la prima interamente in materiali naturali, o Wattcher, il contatore che hai progettato per monitorare il consumo energetico domestico, rappresentano bene il tuo atteggiamento verso l’innovazione e il tema della sensibilizzazione. Ma qual è il tuo progetto che, meglio di ogni altro, esprime il desiderio di incentivare nuovi comportamenti?
MW: Nel servizio di bordo che abbiamo progettato per KLM abbiamo inserito una sola ciotola in ceramica al posto di più ciotole in plastica usa e getta, che ha ridotto l’impatto con la riduzione del peso complessivo delle stoviglie. Una soluzione più economica e più bella che mantiene il cibo più fresco e consente di risparmiare CO2 riducendo al minimo il peso su ogni volo. Quest’ultimo è un fattore che contribuisce in maniera significativa alle promesse di KLM in ambito di sostenibilità. Inoltre, dopo un’inchiesta segreta svolta da noi su un aereo siamo riusciti a dimostrare a KLM che a bordo l’acqua bolle a 89 gradi centigradi. E grazie a questa informazione li abbiamo convinti a sostituire il loro servizio da caffè usa e getta con uno biodegradabile, più bello e più leggero, adatto a quelle temperature. I comportamenti sono frutto delle convinzioni, e come ci insegna Friedrich Nietzsche, le convinzioni sono nemiche della verità più pericolose delle menzogne.
Qual è il vostro materiale preferito, se ne avete uno?
MW: La materia grigia, il nostro cervello. È l’unico materiale che conta.
RL: La nostra pelle, la pelle vivente di noi esseri umani.
Qual è il vostro messaggio sul futuro della materia da condividere con i lettori?
MW: Sono orgoglioso di far parte di una comunità di creativi che stanno pensando e ripensando le conseguenze della loro professione. Il mio obiettivo, come quello di molti altri, è combattere la cultura dell’usa e getta. Siamo consapevoli delle nostre azioni e condividiamo la responsabilità di migliorare il nostro rapporto con l’ambiente che abbiamo creato. Solo così potremo stabilire un rapporto positivo e a lungo termine con il Pianeta.
RL: “La vita intelligente su di un pianeta diventa tale quando, per la prima volta, elabora una ragione della propria esistenza”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Kimuli fashionability è la startup ugandese che produce abiti e accessori a partire dai rifiuti plastici, che rappresentano un enorme problema per il paese.
Upcycling e recycling: conoscere i termini e i processi legati alla moda sostenibile è il primo passo per fare acquisti consapevoli.
Si possono creare gioielli a partire dai fondi delle lattine? Silvia Lanfranco, ideatrice di Peekaboo!, ci è riuscita. E il risultato è sorprendente.
Grazie all’incontro fra due designer di culture diverse è nato un progetto di upcycling e art design che crea preziosi pezzi unici a partire da tessuti inutilizzati.
Scopriamo i progetti etici e sostenibili di quattro designer che tramite un’operazione di upcycling recuperano capi di abbigliamento con ago, filo e… futuro.
I fili di plastica riciclata che escono dalla penna 3D diventano un’opera d’arte indossabile che sensibilizza sul tema della violenza contro le donne.
Il 29 ottobre 2018 la tempesta Vaia abbattè 9 milioni di metri cubi di legname. Oggi a Rovereto parte di quel legno darà vita a un edificio sostenibile per il social housing.
Gli abiti invenduti della primavera-estate 2020 diventano una capsule collection di nove capi creati dal designer green Gilberto Calzolari per Oltre.