Dopo quattro anni sotto la guida di Bolsonaro, il Brasile volta pagina. Lula torna presidente e affida il ministero dell’Ambiente, uno dei più delicati e decisivi, a Marina Silva. “Le politiche sui cambiamenti climatici sono state smantellate a tal punto da trasformare il Brasile in un paria ambientale nel mondo”, ha dichiarato Marina Silva, ambientalista di lungo corso, durante il suo discorso di insediamento. Assicurando che il paese riconquisterà il suo ruolo di leader nella salvaguardia del pianeta.
Maria Osmarina Marina Silva Vaz de Lima, nota come Marina Silva, nasce nel 1958 in una colocação (casa di legno su palafitte) nella piantagione di Bagaçoa, a una settantina di chilometri da Rio Branco, la capitale dello stato brasiliano di Acre. È una degli undici figli di una famiglia di seringueiros, operai che estraggono il lattice per la fabbricazione della gomma naturale. A quindici anni contrae l’epatite, inizialmente scambiata per malaria, e viene portata in città per curarsi. Lì viene iscritta al Mobral, un programma di alfabetizzazione del governo brasiliano. Mantenendosi come donna di servizio, continua gli studi e si laurea in Storia.
Trova lavoro come insegnante e inizia a impegnarsi nei sindacati. Stringe una profonda amicizia con Chico Mendez, leader del movimento dei seringueiros, poi ucciso da due sicari nel 1988. Sempre alla fine degli anni Ottanta Marina Silva inizia la sua carriera politica nelle fila del Partito dos Trabalhadores (Pt), di orientamento progressista. Nel 1994 è eletta senatrice per lo stato di Acre. Nel 1996 viene insignita del Goldman environmental prize, il cosiddetto “Nobel per l’Ambiente”. Nel 1999 fa approvare dal presidente neoliberista uscente Fernando Cardoso il programma Amazonia Solidale che prevede lo stanziamento di 9 milioni di dollari (erogati però solo in minima parte) a favore dei seringueiros.
La carriera politica di Marina Silva
Nel 2003 Lula inizia il suo primo mandato come presidente del Brasile. Sceglie Marina Silva come ministra dell’Ambiente e Dilma Rousseff come ministra delle Miniere e dell’energia. Le due esponenti dell’esecutivo perseguono obiettivi che appaiono difficilmente conciliabili. Silva riesce a far rallentare la deforestazione in Amazzonia, Rousseff punta tutto sull’accesso universale all’energia elettrica e dà slancio alle estrazioni petrolifere e all’industria del bioetanolo. Quando Rousseff diventa ministra della Casa civile (un incarico di coordinamento dell’esecutivo paragonabile al primo ministro in Italia), gli scontri diventano insanabili e Marina Silva nel 2008 si dimette, lasciando anche il Pt per il Partito verde.
During Lula's first time in office, deforestation in the Amazon fell by 80%. Under Bolsonaro, it surged again.
A recent analysis by Carbon Brief shows that Lula's victory could bring deforestation down 89% by the end of the decade.
Marina Silva si candida come presidente alle elezioni brasiliane del 2010, dove incassa il 19,6 per cento delle preferenze, un risultato molto migliore delle aspettative. Al ballottaggio vanno José Serra (del Partito social democratico brasiliano) e Dilma Rousseff (del Pt); è quest’ultima a essere eletta come presidente. Entrambe si ricandidano alle elezioni del 2014; Rousseff per un secondo mandato, Silva come vice presidente di Eduardo Campos, del Partito socialista brasiliano (Psb), che i sondaggi danno intorno al 9 per cento. Il 13 agosto del 2014, però, l’aereo privato su cui viaggia Campos precipita e lui muore nell’incidente. Marina Silva prende il suo posto e convince l’opinione pubblica brasiliana, ma non riesce comunque a passare al ballottaggio. Rousseff viene riconfermata come presidente, ma nel 2016 viene sospesa dal proprio incarico perché accusata di aver manipolato il bilancio dello stato (accuse rivelatesi poi false).
Marina Silva si candida nuovamente alle elezioni del 2018, quelle stravinte da Jair Bolsonaro, ma si ferma all’1 per cento dei voti. Nel 2022 Lula, eletto per il suo terzo mandato non consecutivo come presidente del Brasile, la sceglie come ministra dell’Ambiente, lo stesso ruolo che aveva ricoperto vent’anni prima.
Cosa farà l’amministrazione di Lula per l’ambiente
Dopo i quattro anni dell’amministrazione Bolsonaro, quattro anni in cui la distruzione dell’Amazzonia brasiliana è aumentata dell’80 per cento rispetto al decennio precedente e i diritti dei popoli indigeni sono stati compromessi, le aspettative sono altissime. Prima ancora della sua nomina come ministra, Marina Silva aveva rilasciato al quotidiano la Repubblica alcune anticipazioni sul possibile programma di governo: rimettere in sesto le agenzie per la protezione dell’ambiente, rinforzare la collaborazione internazionale per la tutela dell’Amazzonia, promuovere l’agricoltura sostenibile, liberare le terre occupate illegalmente e assegnarle alle comunità indigene.
Quero assegurar às lideranças e comunidades indígenas que o Ministério do Meio Ambiente está empenhado em trabalhar com eles para defender seus direitos e proteger suas terras. Continuaremos firmes nos esforços para salvaguardar o meio ambiente e os direitos dos povos indígenas. pic.twitter.com/QrCv3lPTUF
“Penso che ciò che mi dà speranza sia che una parte significativa della popolazione brasiliana abbia deciso di votare per una piattaforma governativa che difenda la democrazia, si impegni a proteggere la foresta, gli indigeni e combattere i cambiamenti climatici, riducendo anche le disuguaglianze. Sappiamo che quello che stiamo facendo è qualcosa di molto difficile, ma è proprio la dimensione della sfida che fa crescere il nostro impegno”, ha commentato Marina Silva al New York Times. Annunciando al tempo stesso di aver iniziato un dialogo con realtà come la Bezos foundation e la DiCaprio foundation per finanziare il fondo Amazzonia.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
La “liana delle anime” è un decotto della medicina indigena dell’Amazzonia che può alterare lo stato psichico di chi la assume, e per questo affascina milioni di persone nel mondo.
Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.