Per il presidente Mario Draghi la guerra in Ucraina costringe a rivedere le politiche energetiche: si potrebbe tornare, temporaneamente, anche al carbone.
Per fronteggiare le conseguenze energetiche che arriveranno dalla guerra in Ucraina, secondo il presidente del Consiglio Mario Draghi, le energie rinnovabili sono la strada migliore ma “nel lungo periodo“. Nell’immediato bisognerebbe migliorare l’approvvigionamento di gas e potrebbe anche essere necessario “riaprire alcune centrali a carbone“. Le sanzioni economiche contro la Russia sono già pronte, ma avranno un forte impatto anche sull’Europa e sull’Italia, in particolare nel settore energetico. Per questo qualcosa dovrà cambiare nelle politiche di transizione.
Un ritorno al carbone per Mario Draghi?
A destare la maggiore preoccupazione è il passaggio in cui Draghi, nell’informativa alla Camera dei deputati sui fatti ucraini, ha affermato che “potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”.
Mario Draghi pronto a riaprire le centrali a carbone qualora fosse necessario in seguito alla #crisi energetica che l'Italia potrebbe incontrare a causa delle sanzioni verso la #Russia per l'invasione dell'#Ucrainapic.twitter.com/BjhT9BtiZs
A oggi in Italia ci sono sette centrali a carbone: quella di La Spezia, quelle di Fiume Santo e Portoscuso in Sardegna, una a Brindisi, una a Civitavecchia, vicino Roma, una a Fusina (Venezia) e una a Monfalcone. In totale, producono il 4,9 per cento del fabbisogno energetico italiano, e per due di loro (La Spezia e Monfalcone) era già stato avviato il processo di riconversione, fermato proprio a gennaio per l’emergenza energetica in corso. L’impegno dell’Italia era di chiuderle o riconvertirle tutte entro il 2025.
Diversificare i fornitori di gas
È comunque il gas il pensiero principale di Draghi che ha ricordato come oggi “circa il 45 per cento del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27 per cento di dieci anni fa. Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni”.
Ora più che mai è il momento di spingere su alternative a #gas e carbone che, a differenza del passato, sono competitive https://t.co/xXlnq35TmF
Anni prima che si iniziasse a parlare di transizione energetica in Italia “abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi”. Per questo, è la conclusione del premier, “dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future”.
Una delle soluzioni più urgenti per evitare nuove crisi del gas, per Draghi, è un sistema di stoccaggio a livello europeo: “L’Italia è impegnata a spingere l’Unione europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture.
Va considerato anche il gas naturale liquefatto
Ma il governo, ha assicurato Mario Draghi, è al lavoro anche per aumentare le forniture alternative. Tra questo il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. “Il presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo”.
Il gas naturale liquefatto è una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano (90-99 per cento), che si ottiene sottoponendo il gas naturale, estratto da giacimenti sotto la superficie terrestre, a un processo di liquefazione a una temperatura di circa -162 gradi che consente la riduzione del volume del gas di circa 600 volte. Tuttavia, la capacità di utilizzo italiana è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione, solamente tre. Dunque, per il futuro “è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture”.
Il governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il Tap che dall’Azerbaijan arriva sulle coste del Salento attivo dal 202o, che l’anno scorso ha portato in Italia circa 7 miliardi di metri cubi di gas ma ha capacità potenziali di circa il triplo, il Transmed che dall’Algeria e dalla Tunisia arriva in Sicilia, a Mazara del Vallo (30 miliardi di metri cubi a regime), il Green streamche trasporta oggi 8 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla costa libica fino alla costa italiana.
Per Mario Draghi sì alle rinnovabili, ma nel lungo periodo
Dopo aver ringraziato il ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro, Draghi ha finalmente parlato di rinnovabili: “La risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti“.
Il passaggio finale sull’energia è di nuovo per il gas: “Resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto in Italia è più gestibile e può essere meno caro”.
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