Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Marocco, verso la Cop 22 di Marrakech in un clima incandescente
Le proteste per la morte di un pescatore agitano le piazze del Marocco che si appresta ad ospitare la Cop 22, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite.
Rischia di aprirsi in un clima incandescente, in Marocco, la 22esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop 22, in programma a Marrakech dal 7 al 18 novembre. Da giorni, migliaia di cittadini protestano in diverse città del paese in seguito alla morte violenta e dalle dinamiche poco chiare, di un pescivendolo nella città settentrionale di Hoceima.
#BreakingNews#Tsunami Protests erupt in #hoceima#Morocco#Maroc after fishmonger was crushed to death. #nowpic.twitter.com/Q6HxrIPV5v
— Abdel (@bakrim2000) 30 ottobre 2016
Siamo tutti Mouchine Fikri!
Siamo tutti Mouchine Fikri è lo slogan scandito dai manifestanti che a Rabat, Marrakech, Tetouan e Casablanca si sono riversati per le strade: uno sciame di proteste inedite per il paese, che nemmeno la decisione delle autorità di aprire un’inchiesta sull’accaduto è riuscita finora a frenare.
Secondo i giornali locali, il giovane è stato ucciso durante la confisca da parte della polizia, di diversi chili di pesce spada, pescati nonostante il divieto in questo periodo dell’anno. Come mostra un video, filmato da testimoni e diffuso sul web, per impedire il sequestro Fikri si è scagliato su un camion della nettezza urbana, dove gli agenti avevano gettato il frutto di una giornata di duro lavoro, finendo triturato nell’autocompattatore. Un gesto disperato, contro quello che il pescatore considerava un abuso di potere, che ha sollevato lo sdegno e la collera dei marocchini.
https://t.co/ijGjQCMnka Morocco’s Al-Hoceima protests reflect ‘a heavy legacy’
— Mike Treen (@miketreen) 4 novembre 2016
Una bomba sociale pronta ad esplodere
“In Marocco la bomba sociale è pronta ad esplodere” titola il quotidiano El Watan (La patria), che ricorda come la zona “ribelle” del Rif, in cui si trova Hoceima, regione povera e ad alto tasso di disoccupazione, sia già stata in passato epicentro di rivolte contro lo stato. Nel tentativo di disinnescare la miccia lo stesso monarca Mohammed VI ha ordinato ai ministri di Interni e Giustizia di aprire un’indagine e di far visita alla famiglia della vittima, presentando le condoglianze del sovrano. Dal canto suo, il Procuratore Generale ha incriminato 11 persone, tra cui due agenti e vari funzionari della pesca marina, per “falso in scrittura pubblica e omicidio involontario”.
Iniziative che non sembrano bastare a placare gli animi, mentre la crisi minaccia ripercussioni anche sulla politica in un momento di vuoto di potere in cui il Marocco si trova senza un governo, dopo le elezioni dello scorso ottobre. Il principale partito islamico del paese, Al Adl Wal Ihssane (Giustizia e Carità) si è unito alle manifestazioni spontanee invocando alla lotta rivoluzionaria contro “il potere dispotico”, mentre il partito Giustizia e Sviluppo (Pjd) ha invitato i suoi sostenitori a boicottare la protesta.
Mobilitazioni in vista della Cop22
È in questo scenario incandescente che la Coalizione Marocchina per il clima prepara le mobilitazioni in vista dell’appuntamento della Cop 22. Una grande marcia è stata indetta per il 13 novembre a Marrakesh. Gli organizzatori chiedono che al Summit si intavolino anche dibattiti su argomenti sociali, come equità e rispetto dei diritti umani “senza i quali la lotta ai cambiamenti climatici non potrà che dare un esito negativo”.
This is what Al-Hoceima #Morocco, looked like last night #طحن_مو pic.twitter.com/oT7XiL4RPQ — Nadir Bouhmouch نادر (@Boutswir) 1 novembre 2016
Il Marocco alla prova delle rivolte
Secondo gli osservatori, le autorità sembrano spaventate da ciò che potrebbe succedere se le manifestazioni non si interromperanno, alimentando il malcontento dei marocchini e la frustrazione contro le ingiustizie sociali. La morte di Fikri suona come un campanello d’allarme e ricorda pericolosamente quella del tunisino Mohamed Bouazizi, ambulante datosi fuoco nel 2011 a Sidi Bouzid, in Tunisia, per protestare contro il sequestro della propria merce. Quel gesto segnò l’inizio di rivolte spesso sanguinose e di una rabbia, contro la corruzione, le disuguaglianze e le aspirazioni democratiche disattese, che ancora cova sotto la cenere in gran parte del mondo arabo.
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