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Masai, i figli della savana
La tribù dei masai continua a vivere allevando bestiame nelle pianure africane come i loro avi, ma oggi il loro stile di vita è minacciato dall’esproprio delle loro terre ancestrali.
Lo sguardo fiero di chi viene da lontano, la lancia appoggiata sulla spalla e i caratteristici abiti dai colori accesi. Per i masai il tempo sembra essersi fermato, questo popolo di pastori guerrieri stanziati tra il Kenya e la Tanzania vive ancora come viveva secoli fa, noncurante del passare del tempo, e la sua vita è regolata dai ritmi della terra e dall’inesorabile susseguirsi delle stagioni.
I masai sono da sempre dediti all’allevamento di bestiame che conducono per grandi distanze alla ricerca di pascoli verdi e sorgenti d’acqua, da condividere con gnu, zebre, giraffe e antilopi. Il rapporto con il bestiame ha origini antichissime, secondo una leggenda Dio donò al padre della nazione masai un bastone per radunare le mandrie di animali e regalò ai masai greggi di mucche, facendo scivolare i bovini dai rami degli alberi fin giù sulla Terra.
Vivendo a stretto contatto con il creato questa popolazione ha sviluppato riti e credenze che vedono come protagonisti gli animali e le piante della savana. Gli gnu vengono venerati perché contribuiscono alla rigenerazione del manto erboso e quindi alla salute dei capi di bestiame, mentre i leoni ricoprivano fino a poco tempo fa un ruolo fondamentale nei riti di passaggio. Un giovane infatti per entrare nell’età adulta doveva uccidere un leone armato solamente della propria lancia.
“Un guerriero masai è un’incredibile visione. Questi giovani uomini hanno, nel grado più alto, quella particolare forma di intelligenza che chiamiamo ‘chic’; audaci e selvaggiamente fantastici come sembrano, essi sono ancora risolutamente autentici e fedeli alla loro natura e ad un ideale immanente. Il loro stile è cresciuto interiormente, ed è un’espressione della razza e della loro storia e le loro lance ed i loro abiti sono parte del loro essere, così come lo sono le corna per il cervo”, ha scritto Karen Blixen nel libro La mia Africa.
Nonostante il loro legame con i rituali ancestrali oggi i masai devono fare i conti con il furto delle loro terre da parte degli occidentali. L’esproprio, iniziato in epoca coloniale, ha confinato la tribù nelle zone più aride e sterili del paese e ha costretto questo popolo nomade ad una vita stanziale snaturandone lo stile di vita.
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