Quale futuro per dad, la didattica a distanza, dopo oltre un anno di pandemia? Con Marco Vassallo, psicologo scolastico e relazionale, capiamo l’impatto su studenti e genitori.
Mascherine a scuola. È possibile fare scelte sostenibili, basta volerlo
11 milioni di mascherine monouso al giorno equivalgono a 44 tonnellate di rifiuti da smaltire. L’appello di Legambiente a governo e scuole. Noi abbiamo raccolto la posizione del ministero dell’Istruzione e dell’Ambiente.
Solo qualche mese fa parlare o immaginare un uso massiccio di dispositivi di protezione individuale – prime fra tutte, le mascherine chirurgiche – sembrava impossibile. Da film di fantascienza. Era febbraio quando è iniziata la corsa alla mascherine nelle nostre farmacie. All’inizio ce n’erano pochissime e a prezzi esorbitanti, al pari di guanti in lattice e disinfettante per la mani. Adesso invece, dopo sette mesi di questa nuova normalità, è difficile immaginarci senza.
Le mascherine sono diventate parte della nostra quotidianità. Sono obbligatorie nei locali pubblici, come bar e ristoranti e ci vengono date in dotazione – anche ai nostri figli – nei luoghi di lavoro e a scuola. Il problema è che si parla sempre di mascherine chirurgiche, spesso chiuse in confezioni di plastica, monouso. E quindi, usa e getta.
A scuola di sostenibilità
Ogni giorno, il governo fornisce gratuitamente 11 milioni di mascherine chirurgiche nelle scuole. Siamo l’unico Paese europeo a farlo, sottolinea a LifeGate il ministero dell’Istruzione. Un punto a favore per il diritto all’istruzione e alla salute. Uno in meno per la tutela ambientale. Già, perché 11 milioni di mascherine monouso equivalgono infatti a circa 44 tonnellate di rifiuti da smaltire quotidianamente attraverso la raccolta indifferenziata. Ma come siamo arrivati a questa scelta?
Nel pieno dell’emergenza e della tensione per un ritorno a scuola in sicurezza, il Comitato tecnico scientifico (Cts) – creato da un’ordinanza del capo dipartimento della protezione civile del 3 febbraio e poi istituito per decreto del commissario per l’emergenza Angelo Borrelli – nel documento sul rientro a scuola ha raccomandato a studenti, professori e personale amministrativo, tecnico e ausiliario (il cosiddetto personale Ata) l’utilizzo della mascherina chirurgica nei locali scolastici. Raccomandazione che, come possiamo leggere nel documento “Misure di prevenzione e raccomandazioni per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado per la ripresa dell’anno scolastico 2020-2021”, non è obbligatoria.
In altre parole: chiunque può decidere di indossare a scuola le cosiddette mascherine di comunità, prevalentemente in stoffa, lavabili e riutilizzabili quindi, in alcuni casi anche equiparate a quelle chirurgiche. Il fatto è che ogni giorno la scuola si ritrova gratuitamente a disposizione un altro tipo di mascherina, quella monouso, che viene quindi distribuita e indossata spesso senza avere nemmeno la consapevolezza che sia possibile fare altre scelte, più sostenibili e con il medesimo livello di protezione.
Uno sforzo congiunto – quello tra il ministero dell’Istruzione, il ministero della Salute e il Cts – per garantire il rispetto di due diritti fondamentali dell’uomo: il diritto all’istruzione e alla salute, per l’appunto. La priorità, allora, era il rientro a scuola nei tempi giusti e con la massima sicurezza, spiega ancora il ministero dell’Istruzione. E anche oggi che l’emergenza permane, la priorità rimane la stessa, seppur in una fase avanzata (rispetto a marzo) di monitoraggio della situazione. Ed è proprio in questa seconda fase che arriva l’appello di molti ambientalisti: sostituire la fornitura di 11 milioni di mascherine monouso al giorno con altrettante mascherine riutilizzabili certificate.
Le alternative in campo
“È una decisione senza senso fornire la scuola di un numero così ingente di mascherine chirurgiche – spiega Vanessa Pallucchi, vicepresidente e responsabile Scuola e formazione di Legambiente – perché, pur mantenendo le stesse norme igieniche, c’è la possibilità di usare quelle lavabili. È una scelta che il governo avrebbe dovuto fare a monte: l’errore è all’origine, quando hanno acquistato le mascherine usa e getta”.
Il problema riguarda anche il corretto smaltimento di quest’ultime: nel migliore dei casi, finiscono in dei contenitori specifici. Ma la maggior parte delle volte, invece, le mascherine chirurgiche vengono buttate dove capita. Per l’associazione a tutela dell’ambiente, si tratta di un fattore educativo, che si lega molto alla cultura della prevenzione: “La mascherina è fondamentale – chiarisce la vicepresidente – ma per noi è molto più utile fare un percorso con i ragazzi utilizzando mascherine riutilizzabili, insegnando loro il corretto lavaggio. Non era necessario usare quelle usa e getta, che impattano sui rifiuti”. Per questo, prosegue, “ai ragazzi raccomandiamo uno stile di vita sostenibile, più sano, che sfrutti l’economia circolare. Mi dispiace dire che noi grandi non andiamo in questa direzione”.
Da qui, il doppio appello di Legambiente: uno al governo e l’altro ai dirigenti scolastici. “Adesso che la scuola è ripartita in sicurezza e che c’è maggior serenità, speriamo che vengano utilizzate sempre di più le mascherine di comunità, perché la scuola può scegliere se vuole”, conclude Vanessa Pallucchi. “Stiamo sollecitando gli istituti a portare avanti un ragionamento critico insieme, a favore di un uso più sostenibile dei dispositivi di protezione individuale. Che riguarda anche la dismissione dei vecchi banchi, che non sono rotti, ma semplicemente sono stati sostituiti con quelli per il distanziamento. Dove andranno a finire, potranno essere rimessi in circolo?”. Domande che ancora aspettano risposte.
Gli effetti delle mascherine usa e getta sull’ambiente
Verso un futuro più sostenibile, quindi, partendo proprio dalle mascherine riutilizzabili. Anche se per il momento, ancora, non sono stata certificate per le scuole. “Non è nostra competenza certificare le mascherine – commenta a LifeGate il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – ovviamente consigliamo di preferirle rispetto a quelle chirurgiche usa e getta. È ovvio che la scuola, dovendo fornirle agli studenti, abbia individuato gli strumenti più consoni. Ricordiamo a tutti che è necessario non disperderle nell’ambiente. Stiamo lavorando con il ministero dell’Istruzione a tenere monitorato l’andamento. Adesso era importante partire, e farlo con i supporti giusti”.
Anche le mascherine di comunità potrebbero presto diventare un supporto giusto: “Le mascherine riutilizzabili – prosegue il ministro Costa– devono essere realizzate in materiali multistrato né tossici, né allergizzanti, né infiammabili, devono ovviamente essere certificate e non devono ostacolare la respirazione. Dopo ogni uso, vanno lavate a 60 gradi con un detersivo o secondo le istruzioni del produttore. Ricordiamo che, dopo aver maneggiato una mascherina usata, bisogna sempre lavare e igienizzare le mani. Se si rispettano questi requisiti, la salute degli studenti è pienamente tutelata e l’ambiente è salvaguardato”.
Ambiente che per il momento, però, soffre: “Ricordiamo che le mascherine usa e getta vanno sempre gettate nella raccolta indifferenziata, ma dai numeri forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) non c’è un’emergenza nazionale per lo smaltimento di queste forniture”, conclude il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “Sono più preoccupato per le mascherine disperse nell’ambiente e che finiscono nel mare. Proprio in questi giorni hanno trovato in Sardegna, nell’area protetta di Capo Caccia, una mascherina in mare che era diventata a sua volta ricettacolo di altri rifiuti. Non possiamo assolutamente consentirlo”.
Qualcosa si può fare. Qualcosa che non comporti grandi sforzi e che è stato già messo in atto da molte aziende italiane che hanno iniziato a produrre mascherine riutilizzabili certificate. Indossarle significa essere in grado di lavarle correttamente, una scelta che fa bene alla piccola economia, ma soprattutto all’ambiente. Una scelta sostenibile che dipende esclusivamente da noi.
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