Al mare ne trovava talmente tanta da decidere di farne un museo, degli orrori. L’idea di una guida naturalistica. Lo scopo? Riflettere sulle nostre colpe.
Com’è nata l’idea di #UnSaccoGiusto, intervista a Massimiliano Noviello
Una cooperativa che produce sacchetti biodegradabili in un contesto dominato da buste di plastica e shopper illegali. Ecco com’è nata l’idea di #UnSaccoGiusto raccontata dai fondatori Massimiliano Noviello e Gennaro Del Prete.
Il video della campagna #UnSaccoGiusto di Legambiente, presentata il 9 giugno, è nata anche grazie all’impegno di persone come Massimiliano Noviello e Gennaro Del Prete, figli di vittime della criminalità organizzata, che hanno scelto di unire l’impegno scaturito dal dolore per cercare di cambiare le cose continuando a fare cose “normali”. Dopo il loro incontro nel 2009 hanno dato vita alla Cooperativa Sociale Ventuno che ha sede a Castel Volturno e produce sacchetti di plastica biodegradabili e certificati in un mercato dominato da shopper illegali. Ma com’è partita l’idea della campagna? Quali sono i suoi obiettivi? Massimiliano Noviello, co-fondatore della cooperativa insieme a Gennaro Del Prete, ci ha raccontato com’è cominciato il tutto.
Grazie a @FCerlino per il sostegno alla campagna @Legambiente #UnSaccoGiusto pic.twitter.com/dTx3gKT69f
— Rossella Muroni (@RossMuroni) 9 giugno 2016
Come nasce la campagna #UnSaccoGiusto e la collaborazione con Legambiente?
L’idea della campagna nasce da un incontro con il direttore generale Stefano Ciafani e il presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo. A loro abbiamo raccontato della nostra cooperativa nata grazie a un bando per le startup della Camera di commercio di Caserta. Un progetto che racconta della voglia di riscatto che segue al dolore, perché sia io che Gennaro siamo figli di vittime della criminalità organizzata.
Ci può raccontare la vostra storia?
Gennaro è figlio di Federico Del Prete, un sindacalista che nel 2002 aveva seguito circa 80 pratiche di denuncia sporte da venditori ambulanti. Il suo omicidio era stato richiesto da un vigile urbano colluso con la criminalità organizzata alla vigilia della sua deposizione. Mio padre, invece, è Domenico Noviello, un imprenditore di Castel Volturno. Nel 2001 denunciammo insieme una richiesta estorsiva. Dopo sette anni è stato assassinato con 22 colpi d’arma da fuoco. Inizialmente mi avevano detto che era morto in un incidente, salvo poi scoprire il corpo di mio padre, 64 anni, riverso a terra.
Perché è nata Cooperativa Ventuno?
Ho conosciuto Gennaro nel 2009 quando ai nostri padri è stata assegnata la medaglia d’oro al valor civile. Nel momento in cui siamo guardati negli occhi abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa perché non ci sembrava normale ricevere un riconoscimento solo perché avevano compiuto il loro dovere. L’idea della cooperativa che produce sacchetti biodegradabili è nata così, da una voglia di riscatto, da una voglia di normalità. In Campania il 90 per cento dei sacchetti biodegradabili – o presunti tali – è illegale. Addirittura vengono ancora commercializzati quelli di plastica. Il problema è che il territorio è screditato e le persone che lo abitano ne subiscono le conseguenze peggiori. Così cerchiamo di trasformare il dolore in impegno. Un impegno volto a ribaltare questa situazione e creare posti di lavoro, soprattutto alle persone più svantaggiate e allo stesso tempo combattere la criminalità. Non è facile perché la concorrenza è spietata, e non solo perché i nostri sacchetti costano di più.
Come possiamo riconoscere i sacchetti giusti?
I sacchetti giusti sono riconoscibili dalle certificazioni che li contraddistinguono dagli shopper illegali. Lo so che non è semplice perché a volte la contraffazione è finissima. Per questo, grazie al contributo della presidente di Novamont Catia Bastioli e del responsabile comunicazione dell’azienda Andrea Di Stefano, è nata l’idea di un video che spiegasse i problemi.
Chi è responsabile della diffusione dei sacchetti illegali?
Molti scelgono i sacchetti per risparmiare anche perché, mancando i controlli, non ci sono molte alternative. In altre realtà invece l’acquisto è una forma di “servizio”, una forma di estorsione. Per combattere queste situazioni è importante che chi fa il proprio dovere non rimanga solo, ma protetto dalla comunità e dall’associazionismo. Per quanto riguarda i controlli, invece, bisogna colpire prima di tutto chi commercializza e chi produce questi sacchetti illegali perché il piccolo commerciante non è il vero colpevole.
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