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Massimo Roj. La nuova sede UnipolSai restituisce a Milano un luogo proiettato al futuro
Massimo Roj è dal 1994 architetto e AD di Progetto CMR, azienda leader italiana nel settore. Il suo amore per l’architettura lo ha portato a vivere importanti esperienze e collaborazioni professionali a livello nazionale e internazionale. L’obiettivo della nuova sede di UnipolSai a Milano, come ci racconta nella sua intervista, è quello di contribuire al rinnovamento della città di Milano, realizzando un edificio ad alte prestazioni che confermi che l’approccio sostenibile è oggi l’unica strada possibile per il futuro delle nostre città.
Il progetto della nuova sede UnipolSai Assicurazioni riporta in vita un vecchio edificio del quartiere Isola di Milano rimasto per anni incompiuto e abbandonato, noto come “Il Rasoio”, considerato per molti anni una frattura nel tessuto urbano della città. L’architetto Massimo Roj è dal 1994 amministratore delegato dello studio Progetto Cmr che ha progettato il complesso De Castillia 23, e spiega come questo sia “un intervento di riqualificazione urbana che ha l’obiettivo di restituire alla città e alla comunità un luogo che rappresenti una Milano proiettata al futuro”.
L’architettura sostenibile della nuova sede UnipolSai
Massimo Roj ci ha raccontato come la caratteristica chiave del progetto è la profonda innovazione tecnica e impiantistica che ha interessato il complesso, rendendolo un vero e proprio esempio di architettura sostenibile a 360 gradi. L’intervento non mira soltanto a rivoluzionare gli aspetti estetici dell’edificio ma anche a incrementarne la funzionalità, le prestazioni energetiche e l’efficienza complessiva.
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Quali sono le peculiarità del nuovo edificio UnipolSai da un punto di vista sostenibile?
Sono tanti gli aspetti che caratterizzano l’edificio in quest’ottica. Primo fra tutti, il recupero di un edificio esistente e abbandonato ormai da 14 anni. Abbiamo cercato di legarlo al contesto realizzando per esempio una piazza pubblica che di giorno può essere utilizzata da tutti. Il complesso sarà costituito in tutto da un edificio di undici piani e uno più basso di quattro disposti in modo da formare un angolo interno di 45 gradi che racchiude il centro Unipol. L’edificio si lega con dei filari d’alberi per permettere alle persone di passeggiare e stare a contatto con la natura, e ridurre allo stesso tempo l’effetto isola di calore.
Altra caratteristica è la facciata, pensata per coniugare valenza estetica e funzionale. Lo scheletro dell’edificio esistente era contraddistinto da balconi molto ampi, così abbiamo cercato di capire come potevano essere utilizzati. L’esposizione nord-sud ci permette di creare una facciata a “doppia pelle” che crea una ventilazione naturale così da ridurre i carichi termici d’inverno e d’estate.
I balconi e tutte le superfici sono state rivestiti da un grès porcellanato trattato con un rivestimento di biossido di titanio, Tx active, materiale in grado di attivare un processo fotocatalitico “mangia smog” che permette di disgregare le molecole di CO2. Il beneficio si traduce in una riduzione di 36 chili di ossido di azoto all’anno, equivalente all’azione di oltre 120mila metri quadri di aree verdi, dato certificato dal Politecnico di Milano. I balconi sono anche stati utilizzati per riflettere la luce naturale, quindi la facciata ha anche il vantaggio di ottimizzare l’irraggiamento diretto e migliorare i livelli di illuminazione naturale, con conseguente riduzione dell’illuminazione artificiale del 70 per cento.
Un altro elemento innovativo è il film di silicio ad alte prestazioni posizionato in copertura che sarà in grado di produrre l’energia richiesta, circa 40mila kWh l’anno, che permetterà la riduzione di emissioni di CO2 di circa 13 tonnellate l’anno. Infine, i 2mila metri quadri di verde concorreranno ad assorbire 12 tonnellate di anidride carbonica e rilasciare 9 tonnellate di ossigeno.
Quali ricerche avete in corso al momento?
Da diverso tempo abbiamo all’interno del nostro studio una piccola struttura di ricerca e sviluppo. Quest’anno abbiamo due ricerche in essere, la prima sui cambiamenti degli spazi interni, ovvero quelli dovuti allo sviluppo tecnologico e alle abitudini delle persone, l’altra ricerca è sull’involucro edilizio, come poter andare a riqualificare il valore degli edifici esistenti tramite il rifacimento delle facciate.
Qual è l’importanza del ruolo del progettista per lo sviluppo di un’architettura sostenibile?
Fondamentale. Noi siamo gli elementi determinanti nello spiegare a tutti gli attori qual è il percorso ottimale. Dobbiamo permettere a tutti di collaborare insieme, utente per primo, poi gli sviluppatori e il costruttore, che deve garantire una certa sostenibilità avendo sempre cura del contesto. Sono convinto che ogni progetto abbia il suo luogo, e ogni luogo abbia il suo progetto. Poi c’è sicuramente un filone di pensiero comune ma dobbiamo fare interventi ogni volta diversi a seconda del contesto. A me piace dire che noi architetti possiamo definirci tali finché andremo in pensione, fino a quel momento dobbiamo imparare, continuare a migliorare e fare ricerca.
Quali altri progetti di riqualificazione urbana avete in corso in Italia e all’estero?
Oggi a Milano abbiamo in corso la realizzazione di undici palazzi. Dal punto di vista internazionale invece abbiamo tre progetti: il primo è la realizzazione di un villaggio smart ecosostenibile nella città di Manjiang, una zona montana nella provincia di Jiangxin in Cina. L’obiettivo è quella di realizzare il primo villaggio di questo tipo nella zona, integrandolo completamente nel contesto naturale, introducendo i principi architettonici tradizionali tipici dei piccoli villaggi di montagna italiani, e combinandoli con le caratteristiche del sito.
Un altro progetto che si discosta invece dal contesto precedente proiettandosi nel mondo delle tecnologie è il masterplan Xiantao big data valley. Prevede un nuovo modo di concepire la zona industriale “Big data”, mescolando la forza dell’high-tech con una gamma completa di servizi, creando una serie di piccoli distretti autosufficienti. L’intento è quello di costruire una comunità avanzata pronta a vincere le sfide della nuova era informatica pur essendo focalizzata sulle persone. Un nuovo distretto totalmente autosufficiente e sostenibile caratterizzato da una funzionalità multicentrica che permetta alle persone di vivere in città immergendosi in spazi verdi, parchi, laghi e giardini.
Alla fine dell’anno prossimo vedremo il masterplan di China-Europe future city, un centro di ricerche multifunzionale a Shenzhen, sempre in Cina. Il progetto diventerà una delle più importanti piattaforme per gli scambi tra Europa e Cina, rappresentando un trampolino di lancio per le tecnologie e le pratiche a basse emissioni di carbonio. Il masterplan punta a trasformare l’esistente comunità di Liulan in una città sostenibile unendo aree industriali, produttive, commerciali e residenziali caratterizzate da un design eco-compatibile.
Ci tengo a citare infine Experia, un progetto per l’ex area Expo, di cui non abbiamo vinto la gara ma che è molto dettagliato e racchiude tutti gli elementi che stiamo sviluppando a livello internazionale. Si tratta di un distretto smart, innovativo, autosufficiente, multifunzionale e ben connesso con le altre aree urbane.
Cosa significa l’architettura sostenibile oggi e cosa deve garantire per il futuro?
La sostenibilità coinvolge tanti aspetti, quello sociale, economico, il rispetto dell’ambiente e infine anche quello tecnico; deve diventare una cosa scontata e non più un obiettivo. Alla base della progettazione il tema comune dev’essere quello della sostenibilità e dell’integrazione dell’edificio all’interno del territorio. Il dialogo con il contesto, l’aspetto artistico e quello tecnologico devono essere gli elementi che vanno ad arricchire i progetti.
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