Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Matteo Thun. La sostenibilità deve essere un prerequisito dell’architettura
Matteo Thun è un pioniere dell’architettura sostenibile, una filosofia che guida le scelte di materiali e soluzioni energetiche di ogni suo progetto, dalle tazzine da caffè agli edifici all’avanguardia.
Matteo Thun è uno degli architetti italiani più famosi nel mondo, sulla scena dagli anni Ottanta quando insieme a Ettore Sottass è stato co-fondatore del gruppo Memphis, il fenomeno culturale che con forme, colori e materiali innovativi ha rivoluzionato il panorama del design internazionale. Creatività e innovazione tecnologica sono i punti cardine dei suoi progetti di design e architettura. Nelle sedi del suo studio Matteo Thun & Partners a Milano e Shanghai lavora con Antonio Rodriguez e un team interdisciplinare di settanta architetti e interior, product e graphic designer con un approccio sostenibile che lui definisce a 360 gradi.
È stato il primo architetto in Italia a realizzare architettura sostenibile quando ancora nessuno ne parlava. La sostenibilità quindi fa parte del suo dna, del suo background culturale e della tua formazione?
Sì, credo che non dovrebbe essere necessario parlare di architettura sostenibile: dovremmo costruire così, un’architettura sine qua non, cioè la sostenibilità dovrebbe essere una condizione indispensabile, un prerequisito di tutti i progetti di architettura.
Quali sono i presupposti di base e i punti chiave da considerare per progettare architetture sostenibili?
Il principio dei tre zeri è il punto di partenza di ogni nostro lavoro, cerchiamo di realizzare tutti i progetti seguendo questa filosofia che significa: zero chilometri, quindi vicinanza dei materiali da costruzione e delle competenze locali; zero CO2, gestione dell’energia e minori emissioni di CO2; zero rifiuti, gestione del ciclo di vita dell’edificio, come costruirlo e come rimuoverlo. La tecnologia è sempre al servizio dei nostri criteri di progettazione.
Quali sono i materiali che sente più affini e che le permettono di esprimere al meglio la sua poetica?
Crediamo nella bellezza delle superfici, nelle trame naturali tattili e nei materiali organici che sfruttano la bellezza della natura. Utilizziamo il legno e le pietre naturali da anni. Il legno è il materiale costruttivo del futuro: è vivo e crea patina. È un materiale flessibile – e in caso di incendio risulta più stabile del cemento armato. Inoltre, l’edificio è completamente riciclabile. Amo materiali e colori naturali, molta luce naturale.
Ogni suo progetto è una storia nuova: da dove trae ispirazione per rinnovarsi continuamente esplorando nuovi territori espressivi?
Nei nostri progetti il punto di partenza è sempre il genius loci, lo studio del contesto è fondamentale per comprendere a fondo la realtà nella quale i progetti saranno inseriti. Solo attraverso l’attenta lettura del luogo è possibile realizzare edifici che mantengano un loro valore estetico, funzionale e aggregante a lungo termine e che di conseguenza risultano sostenibili, inteso come longevi. In questo senso è sempre importante interessarsi al contesto sul quale si va a intervenire, che si vada a costruire in città o in campagna, al mare o in montagna.
Come definireste il modo di progettare del suo studio Matteo Thun & Partners?
Non intendiamo essere riconoscibili per una speciale cifra stilistica o architettonica ma per un buon design sostenibile. Miriamo a creare progetti e prodotti durevoli. Per noi il design non è solo qualcosa di visivo, non solo una questione di tendenza e di interpretare lo spirito del tempo. La nostra strategia è diversa: si chiama “timeless”, senza tempo. Per noi un buon progetto significa semplicità, sostenibilità e stile longevo. Nessun effetto “wow”, ma innovazione tecnologica e capacità di durare nel tempo.
Tra i tanti progetti di architettura che ha realizzato quale ama di più e perché?
Per essere onesti, il prossimo. Ma se devo citare un nome direi il Vigilius Mountain resort, che è stato inaugurato nel 2003. È un equilibrio tra innovazione e tradizione senza tempo.
E tra i prodotti di design?
Uno dei miei oggetti preferiti è sicuramente la tazzina Illy Espresso del 1992. È la tazzina da caffè più copiata al mondo. In questo oggetto c’è tutta la mia ricerca: sottrazione versus aggiunta, funzionalità contro spensieratezza.
Chi sono stati i suoi mentori e maestri?
Penso che lo slogan dell’architetto Ernesto Nathan Rogers “dal cucchiaio alla città” racconti il tipico approccio di un architetto italiano che disegna un cucchiaio la mattina e una casa nel pomeriggio. Forse questa è anche la forza del nostro studio, che progetta dal micro al macro, dal masterplan allo styling.
Oggi lei è per i giovani uno dei maestri di riferimento: quali sono i valori che ritiene più importanti da trasmettere alla nuova generazione di progettisti per fare del buon design e della buona architettura?
Studia e cerca un maestro, poi impara facendo.
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