Giovedì 6 agosto, le autorità delle Mauritius hanno annunciato che una petroliera, incagliatasi il 25 luglio a poca distanza dalle coste sud-orientali della nazione insulare, ha disperso centinaia di tonnellate di idrocarburi in mare. Nella acque cristalline dell’arcipelago situato nell’oceano Indiano si sta dunque producendo una catastrofe ecologica.
“È la prima volta che affrontiamo una catastrofe simile”
Secondo quanto riferito dal ministero dell’Ambiente, si sono aperte numerose fessure nello scafo della MV Wakashio, di proprietà di un armatore giapponese e battente bandiera panamense. Per questo, è stato chiesto alle persone di non avvicinarsi al mare e alle spiagge.
La petroliera viaggiava senza carico, ma trasportava comunque 200 tonnellate di diesel e 3800 tonnellate di altri idrocarburi. “È la prima volta che ci troviamo di fronte ad una catastrofe di questo tipo e non siamo sufficientemente equipaggiati per affrontarla”, ha ammesso il ministro dell’Ambiente Kavy Ramano.
Il primo ministro delle Mauritius: “La nave potrebbe spezzarsi in due”
Nella serata di domenica 9 agosto, il primo ministro Pravind Jugnauth ha incontrato la stampa e affermato che la fuoriuscita di idrocarburi è stata bloccata. Più di 500 tonnellate sono state estratte e trasferite in due cisterne ancora intatte. Alcune centinaia di tonnellate sono tuttavia finite ormai in mare. E a bordo ne rimangono 2.500.
Il capo del governo delle Mauritius ha inoltre ammesso che sono state individuate numerose fessure e ha affermato che il rischio che la nave si spezzi in due è concreto. La situazione rimane dunque ancora estremamente delicata.
Accorse sul posto migliaia di volontari
Migliaia di persone sono accorse sulle rive come volontari per cercare di aiutare a limitare i danni ambientali. È stata posta una barriera galleggiante nel tentativo di circoscrivere la fuga di idrocarburi. Altri, muniti di maschere e guanti di gomma, stanno cercando di ripulire il mare con dei secchi.
Il vento e le correnti particolarmente forti continuano tuttavia a spingere la macchia di petrolio verso la costa. “Penso che sia già troppo tardi. E se la nave dovesse spezzarsi in due, la situazione diventerà incontrollabile”, ha affermato all’agenzia Afp Vassen Kauppaymuthoo, oceanografo e ingegnere ambientale.
Per la popolazione locale – 1,3 milioni di abitanti, i cui redditi dipendono in gran parte dall’oceano – si tratterebbe di una catastrofe. Esattamente come per la biodiversità conservata nella zona, in particolare nella barriera corallina.
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