Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Mar Morto a secco e tempeste nel deserto. Il Medio Oriente nella morsa della crisi climatica
Temperature torride per 200 giorni all’anno, inondazioni in zone tradizionalmente aride: è il futuro che attende il Medio Oriente, se l’umanità non riuscirà ad arginare i cambiamenti climatici.
Se c’è una zona del Pianeta in cui i cambiamenti climatici si toccano con mano, talvolta con risvolti drammatici, è senza dubbio il Medio Oriente. Anche quest’area in gran parte desertica e semidesertica, che di per sé è caratterizzata da un clima arido e inospitale, negli ultimi anni è stata messa a dura prova a più riprese da una serie di fenomeni meteorologici fuori dalla norma. E per il prossimo futuro non si prevedono miglioramenti, anzi. A fare il punto sulle situazioni più critiche è un approfondimento pubblicato dal World Economic Forum.
Il mar Morto rischia di restare senz’acqua
Il mar Morto (che tecnicamente è un lago salato, alimentato dal fiume Giordano) si è ridotto di circa un terzo negli ultimi due decenni per l’effetto congiunto della scarsità di piogge e dell’aumento delle temperature, che ha accelerato il processo di evaporazione dall’acqua. A ciò si aggiunge l’intervento umano, visto che le acque del bacino vengono prelevate per scopi industriali. Oggi la lunghezza del mar Morto non raggiunge i 50 chilometri, la metà rispetto a cent’anni fa. Di questo passo, la sua estensione si ridurrà di 1,2 metri ogni anno.
Leggi anche: Mai così tanti paesi sono stati colpiti da incendi come nel 2018
Da circa quindici anni i governi di Israele e Giordania lavorano su un progetto colossale che prevede di costruire un imponente impianto di dissalazione che renda potabili le acque del mar Rosso. Dopodiché, attraverso un canale, l’acqua salata rimanente verrebbe pompata nel mar Morto. La struttura verrebbe alimentata da una centrale elettrica, anch’essa da costruire da zero. Ci sono, però, due grossi scogli da superare. Il primo è quello dei costi, che si preannunciano esorbitanti. Il secondo è quello ambientale: il fondato timore è che le acque del mar Rosso possano mettere a repentaglio il delicato ecosistema del mar Morto, alterando la sua salinità e accelerando ulteriormente il processo di evaporazione.
Alessandria d’Egitto minacciata dal mare
Alessandria, sulla costa mediterranea dell’Egitto, ha il problema opposto. Il livello del mare continua a crescere e capita sempre più di frequente che l’acqua inondi le case sul lungomare, provocando gravi cedimenti strutturali. Secondo una stima diffusa dalla Banca mondiale nel 2016, un innalzamento del livello del mare di mezzo metro obbligherebbe all’evacuazione di 2 milioni di persone (sui cinque milioni di abitanti totali), con perdite economiche pari a 35 miliardi di dollari. Quelle legate alla distruzione del patrimonio storico e culturale, invece, sarebbero inestimabili.
Tempeste nel deserto
Negli ultimi anni la penisola araba è stata attraversata a più riprese da violenti cicloni, fenomeni pressoché inediti fino a qualche decennio fa, che non risparmiano nemmeno le zone tradizionalmente più secche e aride del Medio Oriente. È il caso di Gedda, città portuale sul mar Rosso, che nel 2009, 2010 e 2011 è stata travolta da violente tempeste, con pesantissimi danni materiali e centinaia di vittime. Secondo una ricerca della King Abdulaziz University, il motivo è da ricercare anche in uno sviluppo urbano disordinato e nella mancanza di adeguati sistemi di prevenzione e allerta.
Caldo record e siccità
Il record della temperatura più alta di sempre spetta ancora alla Death Valley, in California, con 56,7 gradi centigradi del 10 luglio 1913. Al secondo posto ci sono i 55 gradi di Kebili, in Tunisia, segnalati a luglio del 1931. La classifica ufficiale della World Meteorological Organization prosegue con due temperature registrate entrambe in Medio Oriente in anni più recenti: i 53,9 gradi centigradi del 21 luglio 2016 a Mitribah, in Kuwait, e i 53,7 di Turbat (Pakistan) del 28 maggio 2017. In Qatar, dove si svolgeranno i mondiali di calcio del 2022, sono stati installati climatizzatori anche all’aperto per placare il caldo insopportabile.
Il Max Planck Institute ha messo a punto 26 diversi modelli di simulazione delle temperature dal 2046 al 2100. Tutti hanno raggiunto la medesima conclusione: la zona del Medio Oriente e del Nord Africa va incontro a un futuro fatto di temperature estreme. In alcune regioni le medie estive potrebbero aumentare di quattro gradi centigradi già entro la metà del secolo, anche qualora a livello globale si rimanesse entro il limite di +2 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Se le emissioni di gas serra di origine antropica continueranno con il ritmo attuale, tra il 2081 e il 2100 le temperature medie supereranno di oltre sei gradi quelle registrate alla fine del secolo scorso. Entro la fine del secolo, quindi, la popolazione dovrà fare i conti con duecento giorni di caldo anomalo ogni anno.
Foto in apertura © Efren Rodriguez / Flickr
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
Per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti servono fondi. Alla Cop29 i Paesi sono molto distanti su quanto e chi debba pagare.
Il governo del Regno Unito ha scelto la Cop29 di Baku per annunciare il suo prossimo piano di riduzione delle emissioni di gas serra.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo alla Cop29 a Baku, ha ribadito il proprio approccio in materia di lotta ai cambiamenti climatici.