Alla domanda “Può una mela tenere lontano l’oncologo?” i ricercatori dell’Istituto Mario Negri con la collaborazione del Cro di Aviano, dell’Istituto Tumori di Genova, del Pascale di Napoli, del Regina Elena di Roma e dell’Agenzia per la Ricerca sul cancro di Lione hanno risposto di sì.
La ricerca, presentata sugli Annals of Oncology, riporta i risultati di una serie di studi condotti in Italia dal 1991 al 2002 sulle abitudini alimentari di oltre ottomila pazienti affetti da diversi tipi di tumore paragonate a quelle di un gruppo di oltre seimila persone affette da patologie diverse dal tumore: i dati sui pazienti che non consumavano mele sono stati confrontati con quelli dei pazienti che ne consumavano una e più al giorno. Dall’analisi è emerso che il rischio di tumore nei consumatori di questo frutto si riduce del 21 per cento nel caso del cancro del cavo orale, del 25 per cento per il cancro esofageo, del 20 per cento per il cancro del colon retto, del 18 per cento per il cancro della mammella, del 15 per cento per quello ovarico e del 9 per cento per quello della prostata.
Secondo gli esperti, il merito di tale capacità preventiva starebbe nel contenuto di polifenoli, in particolare procianidine, antiossidanti naturali che contrastano i radicali liberi, l’invecchiamento e proteggono dalle malattie cardiovascolari e dai tumori. Sulla base del tenore di polifenoli, gli esperti hanno stilato una classificadelle mele anti-tumore: in pole position si trova laRenetta, seguita da Stark Deliciuos, GrannySmith, Morgendeft, Goldel Delicious, Royal Gala e Fuji.
I risultati di uno studio dell’Università di Tor Vergata che ha messo a confronto la dieta mediterranea convenzionale e quella biologica sui benefici per l’organismo.
La campagna Futuro Bio invita a riconoscere il biologico come una scelta naturale e condivisibile, frutto di un legame autentico con la terra, una connessione fisiologica dimostrata anche dalle neuroscienze.
Un disegno di legge punta a modificare la costituzione colombiana per vietare le colture ogm nel Paese ed è sostenuto da agricoltori e indigeni che vogliono proteggere la biodiversità.
Una revisione scientifica di numerosi studi suggerisce che il diquat, erbicida consentito negli Stati Uniti, attacchi i batteri dell’intestino con danni a fegato, reni e polmoni.
Il governo ha fatto slittare la sugar tax a gennaio 2026. Assobibe chiede la cancellazione della tassa, mentre per l’Istituto Mario Negri è necessaria e deve aumentare per essere efficace.
Le indagini della Procura di Bari sollevano nuovi dubbi sulle strategie di lotta alla Xylella, mostrando gli interessi economici coltivati all’ombra della fitopatia. Ma c’è dell’altro.
Sono oltre 24mila gli allevamenti intensivi di polli e suini in Europa, molti sorti nell’ultimo decennio. Un’inchiesta ne fa la mappatura e ne denuncia le principali problematiche.
Secondo uno studio, il passaggio da una dieta tradizionale africana a una tipica del mondo occidentale globalizzato, aumenta l’infiammazione e diminuisce la risposta ai patogeni. Il passaggio inverso comporta invece benefici.
Secondo quanto osservato da ricercatori statunitensi, la dieta mediterranea ha del potenziale per contrastare i disturbi della sindrome dell’intestino irritabile.