Se ne è discusso a un evento a Roma, a partire dalla proposta di legge per andare oltre gli allevamenti intensivi. Gli interventi di produttori, medici, veterinari, studiosi e politici.
Nei meleti fino a 13 pesticidi diversi. La ricerca di Greenpeace
La produzione intensiva di mele in Europa comporta l’utilizzo di troppa chimica. Il pesticida più riscontrato nei campioni prelevati è un fungicida. E ci sono anche sette sostanze non approvate dall’Ue.
“Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un’analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza”, questo il nome del rapporto che Greenpeace ha pubblicato con i risultati delle analisi di 85 campioni d’acqua e suolo prelevati per verificare la presenza di residui di pesticidi nei meleti di dodici Paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna, Svizzera e Ungheria.
I test hanno coinvolto 36 campioni di acqua e 49 di suolo, raccolti durante i mesi di marzo e aprile 2015 in diversi frutteti a gestione convenzionale, in modo da fotografare la situazione all’inizio della fioritura degli alberi. Dalle analisi è emerso che sul totale dei campioni sono stati rilevati 53 pesticidi diversi e che il 78 per cento dei campioni di suolo e il 72 per cento di quelli di acqua presentano residui di almeno un pesticida.
La sostanza riscontrata con maggior frequenza è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento dei campioni di suolo e nel 40 per cento dei campioni di acqua). Sette dei pesticidi trovati duranti i test non sono stati approvati nell’Ue, ma possono essere utilizzati solo eccezionalmente con deroghe temporanee. Secondo il rapporto, il 70 per cento dei pesticidi identificati mostra livelli di tossicità molto elevati per gli esseri umani e per l’ambiente. In un singolo campione di suolo italiano sono state rintracciate tredici sostanze chimiche diverse; dieci, in un campione d’acqua. “Un vero e proprio cocktail di pesticidi”, secondo l’associazione ambientalista, che si può evitare grazie alla produzione sostenibile di mele.
“L’Italia è uno dei maggiori produttori di mele a livello europeo. Abbandonare un modello agricolo fortemente dipendente dai prodotti chimici è fondamentale, anche per proteggere i nostri agricoltori e le loro famiglie, che sono i primi a essere direttamente esposti”, dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia. “L’imponente uso di queste sostanze nella produzione intensiva di mele è un altro fallimento dell’agricoltura industriale”.
“Greenpeace chiede ai Paesi dell’Ue di bandire i pesticidi chimici di sintesi dalle coltivazioni europee, e di indirizzare i sussidi a sostegno di pratiche ecologiche, tutelando così la salute degli agricoltori, delle acque e del suolo”, conclude Ferrario. “Esistono già soluzioni ecologiche adottate da migliaia di agricoltori in tutta Europa. Per lo sviluppo di queste buone pratiche, è necessario che anche la grande distribuzione faccia la sua parte incentivando il passaggio a pratiche sostenibili”.
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