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In ricordo di Mena Mangal, la giornalista e attivista uccisa a Kabul
Sposa bambina, giornalista e attivista dei diritti umani, Mena Mangal uccisa a 30 anni dopo una vita spesa al servizio delle donne afgane.
Quella di Mena Mangal, uccisa a colpi di arma da fuoco in un agguato nella zona sud di Kabul, è una morte annunciata. Mena, che si batteva per il diritto al divorzio e contro i matrimoni precoci, era una giornalista e attivista per i diritti delle donne in un paese – l’Afghanistan – martoriato. Dalle guerre, dai talebani e dagli attentati.
Mena Mangal in difesa delle donne
Ex presentatrice televisiva e consigliere culturale per la Wolesi Jirga, la Camera bassa del Parlamento, Mena Mangal è stata una sposa bambina e nel 2017 è riuscita finalmente a divorziare dopo un lungo processo. Volto di primo piano dell’emittente privata Ariana, aveva poi lavorato per il canale Tolo News, in lingua pashtun, fino ad arrivare alla tv nazionale Shamshad. Aveva appena compiuto 30 anni.
Le minacce sui social
Il suo attivismo a favore delle ragazze e delle bambine le era valso insulti e minacce sui social network. Le hanno sparato la mattina dell’11 maggio sulla porta di casa. Un commando armato, composto da non si sa quante persone ha fatto fuoco e si è dileguato. Nessuno finora ha rivendicato la sua uccisione e gli inquirenti non escludono alcuna pista. Mentre la capitale afgana continua ad essere teatro di attentati dei talebani o dell’Isis, la polizia non è in grado di stabilire se l’omicidio sia di matrice terroristica o di natura privata.
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Resta il fatto che sia morta. Uccisa in pieno giorno nonostante avesse più volte espresso timori per la sua incolumità. L’ultima volta lo aveva scritto lo scorso 3 maggio in un post su Facebook in cui denunciava di aver ricevuto minacce per la sua vita, ma subito dopo aggiungeva di amare il suo paese e di voler andare avanti nelle sue battaglie.
Libertà a rischio
“Questa donna aveva già denunciato che la sua vita era in pericolo; perché non è successo niente? Abbiamo bisogno di risposte”, afferma Wazhma Frogh, avvocato afgano per i diritti umani e attivista per i diritti delle donne. “Perché è così facile per gli uomini in questa società continuare a uccidere donne con cui non sono d’accordo?”.
SO? Why it should be this easy to kill a woman no matter what is the reason behind. She had already stated publicly that she’s threatened and nothing was done to prevent it. https://t.co/jW2TgL8eFm
— Madam Frogh (@FroghWazhma) 11 maggio 2019
Gli attacchi alle donne in prima linea nella vita pubblica sono parte integrante della storia degli ultimi vent’anni in Afghanistan. Ma la sensazione è che l’omicidio di Mena Mangal arrivi in un momento in cui gli attivisti per i diritti delle donne afghane sono particolarmente vulnerabili. Questi ultimi – denuncia il quotidiano britannico Guardian – sono stati quasi completamente esclusi dal negoziato di pace avviato dagli Stati Uniti con i Talebani. Il timore è che pur di mettere la fine all’immane dispiegamento di militari americani nel paese, i diritti delle donne – spesso enunciati tra i motivi dell’intervento occidentale nel paese nel 2001 – siano considerati un prezzo accettabile da pagare.
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